PALERMO – Forza Italia e la trattativa. Forza Italia e i rapporti con la mafia. Il tema, caldissimo dopo la sentenza di Palermo che ha visto tra i condannati anche Marcello Dell’Utri, fondatore del partito in Sicilia, ha acceso il dibattito politico nazionale. Soprattutto per il “carico” calato dal pm Nino Di Matteo con le se dichiarazioni dopo la sentenza. Parole pesanti a cui il partito di Berlusconi ha risposto con una nota con tanto di annuncio di querela. Repliche a cui si aggiungono le voci dei big forzisti siciliani che respingono le accuse di dialogo con la mafia, rivendicando, come fa Renato Schifani, i provvedimenti assunti dai governi di Berlusconi contro Cosa nostra. Quegli stessi provvedimenti all’epoca apprezzati pubblicamente da Pietro Grasso, prima della sua discesa in politica a sinistra.
“La sentenza dice che Dell’Utri ha fatto da cinghia di trasmissione tra le richieste di cosa nostra e l’allora governo Berlusconi che si era da poco insediato. La corte ritiene provato questo”. Queste le parole di Di Matteo, dopo la lettura del verdetto che ha condannato, tra gli altri, Marcello Dell’Utri per minaccia a Corpo politico dello Stato. “Il verdetto – ha aggiunto – dice che il rapporto non si ferma al Berlusconi imprenditore ma arriva al Berlusconi politico”. Il riferimento del magistrato è alla prima condanna di Dell’Utri, quella definitiva a sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa nostra ma soltanto per i fatti commessi fino al 1992. Fino a quando, cioè, Silvio Berlusconi non era ancora un politico. Lo sarebbe diventato solo alla fine del 1993. Ma la condanna dell’ex senatore siciliano al processo sulla Trattativa è per i fatti commessi nel 1994. Cioè quando Berlusconi era già presidente del consiglio.
Parole, quelle di Di Matteo, a cui ha subito risposto il partito con una nota. “Forza Italia respinge con sdegno ogni tentativo di accostare, contro la logica e l’evidenza, il nome di Berlusconi alla vicenda della trattativa stato-mafia. Il fatto che uno dei Pubblici Ministeri coinvolti nel processo – non a caso assiduo partecipante alle iniziative del Movimento Cinque Stelle – si permetta, nonostante questo, di commentare la sentenza adombrando responsabilità del Presidente Berlusconi è di una gravità senza precedenti e sarà oggetto dei necessari passi in ogni sede”. Il comunicato ricorda altresì richiama il “contrasto fortissimo alla criminalità mafiosa, sia sul piano dell’incremento delle pene, e dell’individuazione di nuovi strumenti giuridici per una più efficace azione antimafia, sia anche per quanto riguarda l’azione delle forze dell’ordine sotto i nostri governi noi confronti dei responsabili di reati di mafia”.
Su questa stessa linea le parole dell’ex presidente del Senato Renato Schifani che definisce “strumentale” la dichiarazione di Di Matteo e ricorda che “tra l’altro Berlusconi non è mai stato indagato o imputato in questo processo”. Schifani ha parlato in un’intervista concessa a Il Giornale, ricordando le leggi sul 41 bis reso definitivo e quelle sul sequestro del patrimonio dei mafiosi, applicabile anche agli eredi, tutti provvedimenti nati sotto i governi di Berlusconi. “Il pm Di Matteo, assiduo frequentatore di convegni 5 Stelle, si è lasciato andare a dichiarazioni più politiche che giudiziarie”, dice Schifani. Che a proposito del 41 bis definitivo ricorda che all’epoca, da capogruppo dei senatori azzurri, si confrontò sul tema con il Cavaliere trovando il suo pieno sostegno, così come accadde quando furono in discussione le norme più aspre sui sequestri ai patrimoni dei mafiosi.
Analogo il commento a Livesicilia di Francesco Scoma, big forzista della primissima ora: “La storia del contrasto alla criminalità organizzata da parte di Forza Italia è nella storia dei provvedimenti assunti dai suoi governi. Non mi pare necessario aggiungere altro”. “Per me vale quello che ha detto Maroni – commenta un altro forzista della prima ora come Francesco Cascio – che era il ministro dell’Interno con Berlusconi e che ha detto che in quegli anni si è fatto tantissimo, come non mai, contro la mafia. Da cittadino mi preoccupa sentire un pm che partecipa a iniziative di partito parlare così, esternando giudizi politici: quando farà il ministro dei 5 Stelle potrà fare quello che vorrà, ma da magistrato dovrebbe ricordarsi che le sentenze devono prima diventare definitive e possono cambiare da un grado all’altro, proprio come è successo a me”.
Lo stesso Berlusconi ha commentato le parole del pm palermitano: “Se il sunto accusatorio di cui è così soddisfatto il dottor Di Matteo fosse valido, Silvio Berlusconi sarebbe la persona offesa in qualità di presidente del Consiglio in quel periodo”, dice il leader di Forza Italia. Se così fu però, Berlusconi non denunciò mai minacce, ha detto Di Matteo in tv da Lucia Annunziata. Sul tema, è intervenuto anche l’avvocato di Dell’Utri, Giuseppe Di Peri: “Spiace che il dottor Di Matteo rappresenti all’opinione pubblica una realtà riduttiva rispetto a quella effettiva. Con la sentenza che ha condannato Dell’Utri per il periodo precedente al 1992 ne è stata pronunciata anche una di assoluzione piena per i fatti successivi a quell’anno che riguardavano tutta la stagione politica e i rapporti tra Dell’Utri, la mafia, Berlusconi e Forza Italia. E si tratta di ipotetici rapporti che sono stati assolutamente esclusi.” Ma per capirne di più, sarà necessario attendere le motivazioni della sentenza della settimana scorsa.