Dell'Utri: "Io prigioniero di guerra |Dovevo farmi arrestare prima" - Live Sicilia

Dell’Utri: “Io prigioniero di guerra |Dovevo farmi arrestare prima”

Il fondatore di Forza Italia condannato per mafia racconta i suoi giorni a Rebibbia.

Intervista al Corriere
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PALERMO – Marcello Dell’Utri racconta della sua “esistenza quasi monastica” e del rimpianto di non essersi fatto arrestare prima. Il co-fondatore di Forza Italia, recluso a Rebibbia, parla in un’intervista a Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera. E a proposito della condizione dei carcerati, rievoca un proverbio palermitano che tradotto significa: «Il sazio non crede a chi è digiuno»; bisogna fare un’esperienza diretta per comprendere le sofferenze altrui, e ciò che accade dietro le sbarre non sfugge a questa regola: «Ai politici i problemi delle galere non interessano, e io stesso in Parlamento non me ne sono occupato. Sono dovuto arrivare qui per capire». Qui è il carcere romano di Rebibbia, dove l’ex senatore sconta una pena di sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Già 2 anni e otto mesi li ha trascorsi in cella. Dove forse, dice oggi Dell’Utri, era meglio finire prima: «Lo status di parlamentare mi ha evitato la carcerazione preventiva e ha allungato i processi, ma avrei fatto meglio a farmi arrestare prima e scontare subito la condanna, quando avevo cinquant’anni; oggi sarei libero, un uomo saggio con un bagaglio di esperienza in più. Invece mi trovo qui dentro a 75 anni, vedo avvicinarsi il finale di partita e sinceramente mi dispiace passarlo qui anziché con la mia famiglia, i miei nipoti e i miei più cari amici».

Quanto ai suoi rapporti con mafiosi che gli sono costati la condanna, Dell’Utri tiene il punto: «Ho conosciuto solo Vittorio Mangano e Gaetano Cinà , senza sapere che fossero mafiosi, se poi è vero che erano mafiosi; e partecipai alla festa di matrimonio di quel Jimmy Fauci, altra persona di cui non conoscevo le attività criminali, in cui arrivai che erano già alla torta». E quando il giornalista cita incontri con altri mafiosi di ben altro calibro, l’ex politico e bibliofilo risponde: «Mai avvenuti. I giudici hanno detto il contrario, lo so, ma senza prove. La verità è che noi viviamo nel Paese dei pubblici ministeri, sono loro che comandano»

Dell’Utri racconta la sua vita in carcere, le letture, la (poca) tv, lo studio, le partite a scacchi con un detenuto georgiano e gli esami dati all’università. Dice di sentirsi il prigioniero di una guerra, “contro Silvio Berlusconi, e contro di me per interposta persona. Io per adesso studio la storia, ma forse arriverà un giorno in cui la scriverò anch’io. Ho già qualche idea”.


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