CATANIA – “Chiediemo che si proceda nei confronti di Vittorio Feltri direttore di Libero poiché con le dichiarazioni rilasciate nel corso della trasmissione televisiva andata in onda su rete 4 in data 21 aprile, ha offeso cosciente e volutamente più volte la dignità di ogni soggetto residente nel Meridione, istigando all’odio e ad atti discriminatori”. Questo quanto si legge in una querela depositata nei giorni scorsi dall’avvocato Goffredo D’Antona.
Il penalista ha avuto il mandato di procedere da parte di alcuni catanesi e siciliani: Patrizia Maltese, Andrea Egidio Privitera, Marco Di Mauro. Rita D’Amico, Saverio Antimo Bruno, Vignanello Nicolò, Biagio Tinghino, Cirelli Giuseppe e Dario Pruiti Ciarello. La frase incriminata è quella che il giornalista ha proferito il 21 aprile scorso durante la trasmissione di Rete 4 “Fuori dal coro”: “Io non credo ai complessi di inferiorità, io credo che i meridionali in molti casi siano inferiori”. Una frase che ha scatenato un intenso dibattito sulla piazza social e che per il penalista dovrebbe tradursi in un procedimento penale. “Le affermazioni di tal fatta per gravità e autore non devono e non possono essere liquidate come folklore di una persona avanti con gli anni. Quelle profferite dal Feltri sono offese gratuite – si legge nella denuncia-querela – Ed infatti l’aspetto realmente preoccupante è l’impatto di simile messaggio dal contenuto offensivo e anche discriminatorio sulla società. Non si può non evidenziare e considerare l’elevato numero dei destinatari di una simile offesa”.
“In questi momenti tutti, ma in specie chi riveste un ruolo comunque pubblico, hanno il dovere di ricordare – argomenta l’avvocato D’Antona – i concetti della solidarietà dell’impegno e non certo di creare un clima che vuole l’esistenza di “parassiti “o di soggetti inferiori. Affermare la superiorità di natura territoriale è indice di quanto possa essere privo di contenuto ogni forma di dibattito sostenuto da un simile soggetto, e soprattutto perseguibile penalmente perché offensivo della Nostra dignità e frattanto istiga a commettere atti discriminatori. La nozione di discriminazione – specifica il penalista – è stata oggetto di numerosi interventi giurisprudenziali e comprende motivi geografici di razza, etnia, origine, nazionali, religione, lingua, ragioni di genere o comunque qualsiasi altro motivo fondato su un pregiudizio che si nutre dell’offesa arrecata alla dignità umana”.
D’Antona va dritto al nocciolo normativo: “La legge Mancino sanziona ogni tipo di manifestazione di odio lesivo della dignità della persona, anche per il solo fatto che si sia diffusa quel tipo di esternazione, che nel sentire comune evochi uno stereotipo di infelice esistenza, indipendentemente dall’istigazione a commettere atti discriminatori. Si pone come pietra miliare nella tutela della persona contro ogni forma di odio. E risolve qualsiasi fugace ipotesi della legittimazione della nostra denuncia. Quanto è accaduto – conclude D’Antona – non può in alcun modo passare inosservato ed essere esente da qualsiasi forma di conseguenza sul piano giuridico.”
(La. Dis)