I deputati e lo scontro per l'aumento di stipendio: la provocazione di Miccichè

I deputati e lo scontro per l’aumento di stipendio: la provocazione di Miccichè

I gruppi iniziano a fare retromarcia: ecco le reazioni

PALERMO – Quasi 11mila euro in più di stipendio ogni anno, con un costo complessivo di 750mila euro. Un fiume di soldi che serve per adeguare gli emolumenti dei deputati regionali alla variazione dell’indice Istat. La nota integrativa del bilancio spiega ogni particolare dello stanziamento e i gruppi iniziano a fare passi indietro. Gianfranco Miccichè lancia la provocazione con un emendamento che prevede la modifica del comma 1 del famigerato articolo 2: effettuare un aumento di soli 2 euro al posto di 10.700 l’anno.


Gli altri gruppi

Il Movimento Cinquestelle in queste ore si sta smarcando e ha comunicato che i deputati del gruppo non intascheranno le somme aggiuntive ma le indirizzeranno altrove. “Gli aumenti Istat degli stipendi dei deputati saranno pure automatici, ma in un momento come questo, in cui famiglie e imprese soffrono terribilmente, rischiano di essere immorali. È per questo che ci rinunceremo e devolveremo le somme relative a progetti per la pubblica utilità, come del resto abbiamo sempre fatto con parte dei nostri stipendi”, afferma il capogruppo del M5S all’Ars, Antonio De Luca. “Intanto stiamo verificando con gli uffici come abrogare o annullare gli effetti della norma che costituisce uno schiaffo in faccia ai cittadini – aggiunge – Compito della politica è fare delle norme per la collettività ma dare pure dei segnali precisi. Gli altri partiti facciano quello che credono, noi pensiamo e operiamo come Movimento 5 stelle”.


Interviene Cateno De Luca


Il fondatore di Sud chiama Nord propone un percorso di rottura: “Se il parlamento ritiene di bloccare gli aumenti Istat proceda a votare nella finanziaria in discussione in queste ore l’emendamento predisposto dai gruppi parlamentari Sud chiama Nord e Sicilia Vera che il Governo regionale può presentare immediatamente in aula. L’emendamento in questione è molto semplice e così recita: “Il comma 2 dell’art. 2 della legge regionale 4 gennaio 2014 è abrogato”. De Luca lancia una frecciata ai colleghi del M5S: “Per evitare l’aumento ISTAT delle indennità dei parlamentari non è necessario inventarsi progetti di utilità collettiva o farlocche e fantasiose forme di beneficenza, difficilmente verificabili, o peggio ancora presentare ordini del giorno in ossequio di direttive provenienti dall’alto da ambienti politici che tutto potrebbero fare tranne che dare lezione di morale. Si voti il nostro emendamento così da mettere fine a questo festival dell’ipocrisia e della doppia morale”.


Cosa dice la nota integrativa

L’impennata dell’inflazione rischia di far crescere la spesa dell’Ars per le indennità dei parlamentari, che potrebbe passare dai 10,45 milioni del 2022 a 11,2 milioni per il 2023. “Occorre precisare che le voci fondamentali, costituite dall’indennità parlamentare e dalla diaria, sono state modificate a decorrere dal 1° gennaio 2014 per tenere conto del limite complessivo di 11.100,00 mensili previsto dalla legge regionale 4 gennaio 2014, n. 1 – si legge nella nota integrativa al bilancio interno dell’Ars, approvato in aula -. La stessa legge prevede che la misura del trattamento sia soggetta ad adeguamento secondo la variazione dell’indice Istat del costo della vita; l’aumento deciso dell’inflazione nell’anno trascorso ha pertanto portato a una rimodulazione in aumento della spesa”. Per le casse dell’Ars si tratta di una maggiore spesa per 750mila euro, poco più di 10.700 euro per ognuno dei settanta parlamentari con un incremento dunque di circa 890 euro lordi al mese. Ma ancora, non è detta l’ultima parola.


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