Palermo desolata e cali da lockdown: come lavora chi non chiude alle 18

Desolazione, cali da lockdown: la giornata di chi non chiude alle 18

Parrucchieri, alimentari, tabacchi, abbigliamento: nessuno si vede avvantaggiato, anzi... Le voci dai negozi

PALERMO – La stretta del Dpcm agli orari di apertura ha risparmiato alcuni settori economici, ma a conti fatti anche la loro la giornata lavorativa sembra fermarsi alle ore 18. Facendo un giro fra le attività commerciali del centro di Palermo si respira aria di lockdown, senza troppe distinzioni. Fra parruccherie, alimentari, tabaccherie e negozi di abbigliamento, nessuno trova un reale vantaggio nel restare aperti oltre gli orari di bar e ristoranti. Il pensiero di base è lo stesso, ma a ‘dividerli’ sono le motivazioni: qualcuno incolpa le scelte dell’amministrazione comunale in tema di mobilità, qualcun altro mette al primo posto indiscusso la propria sicurezza, ma c’è anche chi è consapevole che una Palermo senza vitalità potrà solo portarlo alla chiusura definitiva.

“Orari ridotti, prima la salute”

Bartolomeo Prezzemolo, titolare di una salumeria in via Giovan Battista Guccia aperta da novant’anni, non esclude un adeguamento agli orari di ristoranti e bar: “Apparteniamo al settore alimentari e finora stiamo chiudendo alle ore 20, ma iniziamo ad avere l’impressione che a quell’ora ci sia molto poco. Nel pomeriggio la clientela comincia a scarseggiare, e se la gente si muove sempre meno c’è poco da fare. In ogni caso, penso che se avvisassimo della riduzione di orario i clienti si adeguerebbero”. Dietro al ragionamento di Prezzemolo c’è soprattutto la salute: “Siamo tutti al lavoro in prima linea, rischiando la nostra sicurezza. Il lato economico è importante, ma quanto è importante se alla fine di tutto questo non si arriva vivi? Insomma – riassume – è meglio avere pazienza e stare attenti. Questa attività è sopravvissuta alla guerra, ce la farà anche stavolta”.

“Chiuderemo lo stesso”

Tutto cambia se si tratta di una parruccheria come Art & Sun in via Villaermosa, il cui titolare Francesco Mineo già ravvisa “un calo di affari dell’80 per cento dal nuovo Dpcm”. Nella zona, a suo dire, “il clima di desolazione si vive già di mattina appena si arriva al lavoro. Si vede che le strade non sono vissute – commenta – e che non c’è un giro di persone fra le varie attività commerciali. Ormai non facciamo più né pieghe né barbe, molti disdicono gli appuntamenti, le mamme hanno paura di portare i bambini a tagliare i capelli, dei clienti anziani non c’è più l’ombra da mesi. Lavoriamo solo con chi ha esigenza di rifarsi il colore – aggiunge – oppure con chi viene a chiederci tagli molto corti perché sa che potrebbe non tornare a breve”. Mineo è alle strette e ormai conta i giorni prima della chiusura: “Siamo fra le attività che possono restare aperte, sì, ma di questo passo chiuderemo lo stesso. Ci hanno tolto Pasqua, i turisti e i matrimoni: tutte occasioni di cui vive chi fa il mio mestiere. Se ci tolgono pure il Natale, credo che non apro più”.

Ztl e strisce blu sotto accusa

Una critica alle misure comunali ancora in vigore arriva da Mauro Leone, in città un nome storico nel campo dell’abbigliamento: “Siamo in netta perdita come tutti i settori – fa subito presente – e l’agonia che viviamo non è solo dopo le 18 ma anche prima. La gente è impaurita da quello che legge e sente, e ha paura anche di uscire da casa. Praticamente un pre-lockdown. In questo clima l’amministrazione comunale non aiuta, continuando imperterrita a mantenere le strisce blu e la Zona a traffico limitato di giorno (il sindaco Leoluca Orlando ha sospeso quella notturna con un provvedimento in vigore da oggi). Così la popolazione si danneggia due volte: a livello di sicurezza perché si accalca sui mezzi pubblici, ed economicamente perché se prende l’auto paga sempre qualcosa. C’è una pandemia – conclude – e ritengo sia necessario limitare fortemente il trasporto pubblico, attivando e liberando invece tutte le vie della città. Solo così ci saranno speranze per le poche attività del centro che restano aperte”.

“Cali da lockdown”

Claudio Abbate, titolare di una tabaccheria in via Roma, descrive in una parola cosa si trova nei paraggi dopo le 18: “Niente”. Numeri alla mano la sua attività sta affrontando “cali da lockdown più assoluto, quando chiudono le attività interessate dal Dpcm è come se chiudessimo anche noi. La gente torna subito a casa, e se proprio compra si mantiene molto bassa con le spese. Nemmeno c’è la voglia di giocare i numeri del Lotto. Praticamente posso solo sperare nel cliente di passaggio che compra le sigarette sulla via del ritorno”. Al contrario del ‘vicino’ Leone, però, Abbate non incolpa i piani del Comune sulla Ztl: “Che si sospenda in parte o tutta, non credo sia quello il problema. Il vero problema sono le persone che non hanno più soldi, tempo e sfoghi. Invece credo possa avere senso la chiusura generale alle 23 di cui si parla in questi giorni, così chi è fuori per cena può diventare un potenziale cliente di altre attività”. La situazione sta già inducendo il commerciante a scelte forzate: “Ieri alle 19 ho chiuso anch’io – ammette –. Ci sono giorni in cui converrebbe non aprire proprio”.

Le richieste di Federmoda

I crolli di fatturato dei commercianti palermitani combaciano coi dati di Federmoda. Con un appello dei suoi rappresentanti da tutta la Sicilia, l’associazione di Confcommercio chiede al governatore Nello Musumeci di farsi carico “di un ristoro economico per le aziende che, pur non avendo subito l’imposizione della chiusura totale, stanno subendo un tracollo dei fatturati valutabile intorno all’80 per cento”. I presidenti provinciali parlano di uno “scenario spettrale, una sorta di coprifuoco che ha provocato di fatto un ‘lockdown degli acquisti’ a causa del clima di paura e sfiducia che serpeggia tra i cittadini”. Quindi chiedono a Musumeci che il contributo a fondo perduto sia “commisurato alla differenza dei ricavi tra i mesi di ottobre e novembre 2019 e quelli di quest’anno”. Al presidente della Regione Federmoda richiede anche l’erogazione di un altro contributo a fondo perduto, “del valore del canone di locazione degli esercizi commerciali per il mese di ottobre, novembre e dicembre”.
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