"Di Matteo? Denunce tv inopportune |Sconcertato da duello con Bonafede" - Live Sicilia

“Di Matteo? Denunce tv inopportune |Sconcertato da duello con Bonafede”

Le parole dell'ex pm della dda di Palermo Massimo Russo

Giustizia
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PALERMO – “Sono sconcertato per quello che e’ accaduto in diretta tv davanti ad attoniti cittadini”. A dirlo e’ il magistrato Massimo Russo, sostituto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, che in un colloquio con la Dire commenta cosi’ lo scontro televisivo tra il magistrato Nino Di Matteo, oggi consigliere del Csm, e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sulle vicende relative alla nomina del capo del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria nel 2018. “Mi e’ sembrata una sorta di lite in famiglia maturata in una consonante area culturale – aggiunge Russo, che in passato ha fatto parte della Direzione distrettuale antimafia di Palermo occupandosi di inchieste riguardanti la Cosa nostra trapanese -. Sono volati stracci e piatti che pero’ hanno finito per colpire in maniera pesante le istituzioni”. Secondo Russo ora “la gente e’ disorientata e da cittadino – ribadisce – noto che in questo momento si assiste a una sorta di lite in famiglia. Non e’ bello e non e’ costruttivo – conclude -, ne potevamo fare a meno”.

E ancora: “Se il collega Di Matteo ha inteso manifestare il proprio risentimento umanamente comprensibile per non essere stato nominato alla prestigiosa carica del Dap, dopo essere stato cercato dal ministro Bonafede, siamo davanti a un fatto di natura esclusivamente personale e che non meritava una ribalta pubblica. Se invece, come lui implicitamente paventa, l’improvvisa e incoerente decisione del ministro e’ stata in qualsiasi modo condizionata da eventi esterni legati all’insofferenza di detenuti mafiosi che erano preoccupati dell’arrivo di Di Matteo alla poltrona del Dap, e’ inopportuno che lui ne abbia parlato da Giletti se gia’ aveva fatto tempestiva denuncia, come mi auguro, nelle sedi competenti. Se pero’ questa denuncia non e’ stata fatta a suo tempo – prosegue Russo, che dal 1994 al 2008 ha fatto parte della Direzione distrettuale antimafia di Palermo – trovo censurabile che un magistrato, peraltro componente del Csm, se ne ricordi dopo due anni intervenendo occasionalmente in una trasmissione televisiva e innescando un cortocircuito istituzionale che non fa bene al nostro Paese, impegnato in un momento delicato”.

Poi un passaggio sulla nuova nomina al vertice del Dap con Dino Petralia: “Scelta di primissimo livello. Petralia e’ persona capace, seria, rigorosa ed equilibrata – prosegue -. Sono sicuro che fara’ bene in una realta’ particolarmente delicata, anche e specialmente sotto il profilo umano, quale e’ quella carceraria”.

Russo poi spiega il suo punto di vista sulle scarcerazioni: “Ci sono legittime preoccupazioni per le scarcerazioni di pericolosi criminali ma e’ anche vero che bisogna rispettare il lavoro dei giudici che operano alle condizioni date e che devono osservare la legge e la Costituzione. La direttiva del Dap chiedeva di fare una ricognizione di tutti i detenuti malati che per effetto della pandemia potevano essere esposti al rischio Covid – spiega Russo, che per cinque anni e mezzo e’ stato magistrato di sorveglianza a Napoli -. Un atto assolutamente legittimo ma carente sotto il profilo organizzativo. Il Dap avrebbe dovuto scrivere che tutti i detenuti maggiormente esposti al rischio col Covid in ragione di diverse malattie, qualora avessero presentato istanza di differimento della pena, avrebbero dovuto essere trasferiti in una determinata struttura carceraria di tipo sanitario”. Per il magistrato, quindi, “e’ stato un errore grave” perche’ il provvedimento del Dap e’ manchevole” di una parte, non avendo fornito ai giudici di sorveglianza “una alternativa utile a escludere che la malattia diventasse grave proprio perche’ ingestibile all’interno del carcere”. L’ex pm della Dda di Palermo pero’ ricorda che “soltanto una parte” delle scarcerazioni riguarda detenuti che stanno scontando una pena definitiva, mentre l’altra e’ stata decisa “in sede cautelare”, quindi su persone non ancora condannate. E ancora: “La norma prevede il differimento della esecuzione della pena per gravi infermita’ fisiche e dice che il giudice deve valutare se il detenuto si trovi in una condizione di grave malattia che puo’ gia’ essere incompatibile con il suo stato detentivo. La Cassazione dice che una grave malattia in astratto non e’ incompatibile con la detenzione ma lo diventa perche’ in carcere non si riescono a fornire le giuste cure. Quando la migliore cura in cella non e’ possibile il giudice deve tenere conto della gravita’ della malattia ma anche della pericolosita’ – ancora Russo -. Deve bilanciare il fondamentale diritto della tutela della salute ma anche quello della pericolosita’”.

(DIRE)

 


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