PALERMO – “Non mi sento rappresentato da una Anm che ha reso più debole e meno credibile agli occhi dei cittadini la magistratura italiana”. Lo ha detto Nino Di Matteo, sostituto della Procura nazionale Antimafia, intervenendo nel corso della presentazione del libro di Saverio Lodato, “Cinquant’anni di mafia”, oggi al Teatro Golden di Palermo.
“C’è un manipolo sempre più ristretto, ma tenace e agguerrito, di persone che, con ruoli diversi, resiste in un Paese che sta perdendo la sua memoria e che sta perdendo lo spirito dei principi della nostra Costituzione”, ha aggiunto Di Matteo.
L’esclusione di Scarpinato dall’antimafia
“Persone che non ci stanno ad archiviare la stagione delle stragi – ha sottolineato -. C’è chi sta pagando in termini di isolamento dei prezzi molto alti per il suo coraggio e abnegazione, come nel caso di Roberto Scarpinato, ad esempio, magistrato indipendente e coraggioso”.
“Non ho più dubbi nel ritenere che l’estromissione di Scarpinato dalla commissione Antimafia risponde a neutralizzare chi non si rassegna ad accettare che la stagione delle stragi viene archiviata come frutto esclusivo di un delirio di onnipotenza di Riina e di qualche imprenditore in odore di mafia – ha sostenuto Di Matteo -. Il sistema ha paura di Roberto Scarpinato, dei politici, dei magistrati e dei giornalisti capaci e non ancora allineati al sistema stesso”. “
L’attacco alla commissione nazionale antimafia
“Il metodo che sta seguendo la commissione nazionale Antimafia è un vero e proprio scempio – ha proseguito il sostituto procuratore Antimafia – quello più efficace, infatti, comporterebbe la necessità di collegare le 7 stragi, che sono avvenute in Italia, dal maggio del 92 al gennaio del 94. Invece si fa l’esatto contrario, nonostante la richiesta di Scarpinato”.
“Si segue una sola pista, la strage di via D’Amelio – ha concluso Di Matteo -. La politica sta perdendo l’ennesima occasione per contribuire a fare chiarezza su una stagione oscura della nostra repubblica”.
Salvatore Borsellino sulla linea della Colosimo
Dal canto suo Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, magistrato ucciso nell’attentato di via D’Amelio a Palermo, intervenendo in video collegamento ha sostenuto di ritenere “inadatta” la presidente Colosimo.
“Lei ha focalizzato l’interesse della commissione solo sulla strage di via D’Amelio isolandola dalle altre, mentre noi riteniamo che sia collegata con le altre – ha proseguito Borsellino – prima di tutto con la strage di Capaci e poi anche con le stragi che sono venute dopo, come la strage di via dei Georgofili, quella di Firenze e Milano. A mio avviso sono la conseguenza diretta di quella trattativa”.
Scarpinato: “Comanda la borghesia mafiosa”
L’ex magistrato Roberto Scarpinato ha sostenuto che la storia della mafia faccia “parte della storia del potere e della storia della criminalità delle classi dirigenti nazionali. La mafia è una componente organica della società italiana, fa parte della costituzione materiale del paese”.
“Il sistema di potere mafioso è una componente del sistema di potere nazionale e gioca da sempre un ruolo determinante negli equilibri politici nazionali – ha poi affermato -. Ci sono settori delle classi dirigenti che si sono serviti del metodo mafioso, quando i Riina di oggi o di ieri diventano troppo ingombranti e alzano troppo la testa, vengono liquidati e fatti fuori dal gioco. Lo scettro del comando è rimasto nelle mani della borghesia mafiosa”.

