Diario di una viltà - Live Sicilia

Diario di una viltà

Dopo le parole di Manfredi Borsellino la maggioranza sembra arrendersi e prendere le distanze da Crocetta. Eppure quando sua sorella dimettendosi aveva detto le stesse cose, nessuno aveva battuto ciglio. Diario dei giorni della grande ipocrisia.

PALERMO – E venne il giorno in cui la maggioranza decise – forse – che di Rosario Crocetta ne aveva abbastanza. Tre anni di fallimenti ci vollero ma non furono sufficienti. Perché accanto ai fallimenti sarebbe servito il coraggio di prenderne atto e trarne le conclusioni. È andata diversamente. E solo adesso la maggioranza trova – forse – quel “coraggio”. Fuori tempo massimo, con una manciata di prese di posizione disordinate e sparpagliate e con una condotta tutt’altro che lineare.

Ricapitolando. Perché, alla fine dei conti, Pd e soci stanno scaricando Crocetta? Qual è il “fatto” politico dirimente? A onor del vero, scremando contorno, fuffa e sceneggiate varie, la polpa rimane l’arresto di Matteo Tutino. Che risale al 29 giugno, 21 giorni fa. Provvedimenti assunti da Pd, Udc e satelliti vari in quella circostanza? Zero. L’arresto del primario amico di Crocetta, che regnante Saro aveva scalato le posizioni di comando nella sanità palermitana con impressionante rapidità, non fece sollevare un sopracciglio agli alleati. Un silenzio che questo giornale sottolineò.

Chi prese provvedimenti in quella circostanza fu Lucia Borsellino. Che formalizzò le dimissioni tre giorni dopo, era il 2 luglio, con una pesantissima lettera in cui sollevava un problema “etico” nel governo. Un’enormità. Che scatenò in effetti una reazione pari a zero nel Pd e nella maggioranza. Un paio di comunicati di maniera per esprimere un vago dispiacere e poco altro. Quella questione “etica” rimase un problema di Lucia. Per Pd e maggioranza non cambiava praticamente nulla. Questo giornale ne scrisse, con incredulità.

A quel punto Crocetta, proprio l’amico di Tutino Crocetta, prese l’interim della Sanità. Proprio lui. Anche qui la maggioranza non assunse provvedimenti significativi. Questo giornale contò i giorni di quell’inopportuno interim con una campagna. Che si concluse quando il Pd, quel Pd che oggi vuol farla finita, decise di piazzare al posto di Lucia Borsellino il proprio capogruppo Baldo Gucciardi. Rinsaldando il legame con il governo e con Crocetta, altro che rottura. E questo accadeva sei giorni fa, poco dopo la pantomima della direzione generale dei democratici in cui qualche voce pro voto anticipato si era levata per poi – con l’eccezione di Fabrizio Ferrandelli – prontamente ammutolirsi.

E arriviamo così al 16 luglio, quando qualche segnale di vita arriva dal Pd siciliano dopo la pubblicazione dell’intercettazione di Tutino da parte de L’Espresso. Mettendo da parte la prudenza che il caso suggerirebbe trattandosi di una indiscrezione, diversi notabili del partito alla spicciolata scaricano il governatore a mezzo stampa. Per una frase pronunciata da un altro, in una conversazione di cui la procura negherà per due volte l’esistenza.

Già, la doppia smentita di Lo Voi. Alla quale il Pd siciliano e i suoi alleati decisero di attenersi. Ed era il 17 luglio. I democratici siciliani quel giorno spiegarono di credere più alla procura che a un settimanale, e per bocca del loro segretario regionale fecero sapere che non c’erano motivi per chiudere anzi tempo la legislatura.

E arriviamo al 19 luglio. Anzi, al 18, vigilia dell’anniversario della strage di via D’Amelio. Con l’orazione pubblica di Manfredi Borsellino che narra del “calvario” in assessorato della sorella, che purtroppo dopo tre anni e un’inchiesta della procura ha messo a fuoco suo malgrado di che pasta fosse l’allegra compagnia con cui si era avventurata in una campagna elettorale e in una stagione di governo.

Ed ecco che le parole di Manfredi Borsellino compiono il miracolo. Dalle dimissioni della sorella, due settimane prima, quando il Pd si era voltato dall’altra parte, cambia tutto. Eppure il suocco del discorso è lo stesso. Già quel giorno Lucia aveva detto ai giornalisti di non voler partecipare alle commemorazioni del 19 luglio. E non era successo nulla. Democratici e alleati, invece, dopo le parole di Manfredi e la foto dell’abbraccio tra il figlio di Paolo Borsellino e Sergio Mattarella, improvvisamente vivono un risveglio di coscienze, una ventata di coraggio li scuote. Quando c’è ormai solo da maramaldeggiare sulle spoglie di un presidente isolato, che in memorabili interviste assume pose surreali da fine impero mentre grida al golpe.

Ecco, solo a quel punto per il Pd le cose cambiano. E Deborah Serracchiani, dicasi Deborah Serracchiani, spiega all’opinione pubblica nazionale: “Intercettazione o non intercettazione, dopo le parole di Manfredi Borsellino la situazione in Sicilia è insostenibile”. Ah, ora è tutto chiaro. La situazione era sostenibile fin quando c’erano solo malgoverno, scandali, porte girevoli per assessori, riforme annunciate e perse per strada, conti pubblici nel caos. Era sostenibile, la cronaca sopra riportata lo testimonia, quando un pezzo pregiato del cerchio magico del governatore finiva agli arresti per un’inchiesta sulla sanità e lo stesso governatore metteva subito le mani sull’assessorato. Era sostenibile quando una persona come Lucia Borsellino, praticamente il garante della moralità della giunta, si dimetteva mettendo nero su bianco il problema “etico” di questo governo. Niente di tutto questo era sufficiente a smuovere il Pd. Servivano, ci ha spiegato Deborah Serracchiani in persona, “le parole di Manfredi Borsellino”. Hai capito. E allora, oggi 20 luglio, solo un rammarico ci consuma: caro Manfredi, se così poco serviva a ricolmare di finto coraggio la viltà della politica, non avresti potuto parlare un annetto fa?

 

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