Il Tribunale di Palermo (Prima sezione civile – giudice Enrico Catanzaro), ha condannato l’organizzazione sindacale Uiltucs Sicilia, per la diffusione attraverso l’Ansa e altre testate giornalistiche di false notizie che hanno leso l’immagine, la reputazione e l’identità personale del sindacato Cobas-Codir e del sindacalista Michele D’Amico.
Il giudice ha inflitto alla Uiltucs la condanna di pubblicare sui quotidiani “La Repubblica” e “Giornale di Sicilia” il dispositivo della sentenza, nonché il risarcimento danni per avere leso l’immagine politica e sindacale del Cobas/Codir e di Michele D’Amico, oltre al pagamento delle spese legali del giudizio.
La segreteria generale Cobas/Codir e il sindacalista Michele D’Amico, assistiti dall’avvocato Salvatore Ferrara del Foro di Palermo, avevano citato in giudizio Pietro La Torre, nella qualità di segretario regionale della Uiltucs, per le falsità contenute in alcuni comunicati diffusi dalla Uiltucs stessa che rappresentavano falsamente la realtà, addebitando al sindacato Cobas/Codir e segnatamente al sindacalista Michele D’Amico la responsabilità del mancato consolidamento delle ore di lavoro dei dipendenti ex Spatafora nell’ambito della vertenza con la Società a partecipazione regionale “Beni Culturali spa”, mentre invece era ed è conclamato l’impegno del Cobas/Codir per l’attuazione dell’accordo in favore dei lavoratori.
Il giudice nell’ordinanza evidenzia come “la notizia diffusa dalla Uiltucs non risulta veritiera determinando una falsa raffigurazione della realtà, comportando un’alterazione dell’immagine del Cobas/Codir e del D’Amico, offuscando la loro reputazione e ponendosi evidentemente al di fuori di un legittimo esercizio del diritto di critica”.
Quindi il Tribunale censura anche “gli effetti lesivi delle espressioni usate dal La Torre che mirava, in ogni caso, a colpire la reputazione dei ricorrenti screditandone la persona” e ciò, in particolare, nella vicenda che vedeva intervenire il segretario regionale della Uiltucs, il 15 ottobre 2010, sull’aggressione subita in quei giorni dal D’Amico: laddove il responsabile della Uiltucs affermava “che si era trattato solo di legittime richieste di chiarimento”. Il giudice, quindi, riconosce la volontà di Pietro la Torre di “minare la credibilità del D’Amico sottintendendo che l’episodio non fosse in realtà mai accaduto ovvero che l’aggressione fosse una fisiologica e legittima azione dei lavoratori”.
“La sentenza – si legge in una nota della segreteria generale del Cobas/Codir – segna un importante passo giurisprudenziale nella direzione della correttezza della dialettica politica e sindacale e contro ogni facile proselitismo basato sulla falsità”.