Don Ciotti | e quel tintinnio d'antimafia - Live Sicilia

Don Ciotti | e quel tintinnio d’antimafia

Don Luigi Ciotti

Una dichiarazione che allude, senza spiegare, tra il dire e il non dire. E che viene da un prete coraggioso che, più di altri, ha parlato il linguaggio della verità. Perché? Cosa c'è all'orizzonte?

La guerra delle antimafie
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“Mi pare di cogliere, e poi non sono in grado di dire assolutamente altro, che fra pochi giorni avremo altre belle sorprese, che sono in arrivo, che ci fanno soffrire. Perché riguardano personaggi che hanno sempre riempito la bocca di legalità, di antimafia”.

Caro Don Ciotti, davvero l’hai detto? Davvero tu – coraggioso prete veneto, campione dell’impegno che si cucina in strada e fondatore di ‘Libera – hai parlato così, utilizzando il canone siciliano del ‘dire per non dire’, cioè dell’alludere a qualcosa, con parole che non svelano, che indicano un orizzonte di nebbie, in attesa del colpo di scena?

Ci hai sempre abituato al linguaggio profetico della verità, al dire che scompagina le cautele del non dire, alla semplicità di un sacerdote che non ha mai avuto paura di sporcarsi le scarpe nel fango, per amore di giustizia. Da anni, cammini con gli ultimi, con i clochard ospiti di Biagio Conte a Palermo, con gli afflitti, con i disperati, ovunque ci sia bisogno di un verbo che rappresenti un esempio coerente, un gesto, qualcosa di concreto. E invece questa tua frase, pronunciata – si legge in un lancio d’agenzia – durante un incontro, risuona talmente carica di vibrazioni che non ti appartengono che, per forza, non deve appartenerti, anche se, per avventura, l’avessi pronunciata.

Perché appare proprio un monito calzato di siciliano, vestito dell’arte del ‘non dire per dire’. Quasi un tintinnio di antimafia, un ipotetico e soffuso ‘state attenti…’, precipitato nel bel mezzo di un dibattito, un conversare con la nuora, affinché suocera intenda. I maligni potrebbero pensare che c’entri in qualche modo – direttamente o indirettamente, magari solo per metafora o suggestione – ‘Libera’, che regge le fila di un solido sistema della buona novella antimafiosa e dei beni confiscati. Potrebbero pensare che il retrogusto tra dire e non dire e il porto delle nebbie che si intravvede all’orizzonte abbiano a che fare col fuoco sacro, declinato in fiammella, con la difesa di un regno che si sente minacciato dalla concorrenza. Sgradevole pensarlo, certo. Ma se non lo pensassero, che maligni sarebbero?

Quali ‘belle sorprese’, Don Luigi? Altri arresti? Altre indagini? Chi sono i personaggi ‘che hanno sempre riempito la bocca di legalità e antimafia’ che potrebbero essere sporcati – ragioniamo per assurdo – da un nuovo terremoto giudiziario? E che significa: ‘Non sono in grado di dire assolutamente altro’? Certe cose o si sanno, o non si sanno. O si dicono, o non si dicono. E se si sanno, ciò accade non in virtù di una rabdomantica precognizione, ma in funzione di precise conoscenze. E – per assurdo, davvero, ragioniamo – questa affermazione farebbe la sua figura un mondo di cui tu non fai parte. Un universo di antimafie in guerra tra loro che masticano l’altrui martirio per vomitare soldi e che, ogni tanto, lasciano cadere, distrattamente, un tintinnio per mettere in guardia il vicino di casta, un tempo amico – proprio al tempo in cui l’antimafia era un affare serio – oggi perdutamente nemico.

Deve esserci un errore, caro Don Luigi, faro di molti giovani, anche di quelli che sono diventati vecchi come la loro speranza. Sei un prete di trincea, un uomo dal timbro squillante. La voce che tintinna nel deserto non puoi essere tu.


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