Donne uccise a Riposto, ministro Nordio dispone accertamenti - Live Sicilia

Donne uccise a Riposto, ministro Nordio dispone accertamenti

Continuano le indagini per capire il collegamento di Melina Marino e Santa Castorina con Turi La Motta, l'uomo che ieri le ha uccise.
DUPLICE FEMMINICIDIO
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RIPOSTO – Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiesto all’Ispettorato generale di avviare urgenti accertamenti preliminari sui fatti di Riposto, in provincia di Catania: il duplice femminicidio compiuto Salvatore La Motta, detto Turi, un detenuto ergastolano in permesso premio, che poi si è tolto la vita davanti alla locale caserma dei carabinieri. Le vittime sono Carmelina Marino, di 48 anni, conosciuta da tutti come Melina: è stata freddata nella sua auto sul lungomare Pagano; e Santa Castorina, 50enne, assassinata sul marciapiede di via Roma. Per i delitti ieri sera è stato fermato anche il 55enne Luciano Valvo, alla guida della Volkwagen Golf a bordo della quale La Motta è arrivato sul lungomare: per gli investigatori, Valvo sarebbe un complice.

“Erano due care ragazze, le conoscevo“, dichiara l’avvocato Antonino Cristofero Alessi, per anni il difensore di Salvatore Turi La Motta. “Non mi ricordo di contatti tra le due o con La Motta. Lui non era sposato e non so se frequentasse qualcuna in particolare. Avevo capito che c’era una piccola storia, ma atteneva alla sua sfera privata e non al nostro rapporto professionale. Niente lasciava presagire minimamente quello che è successo”, prosegue il legale. Il collegamento tra le due donne e l’uomo è al centro delle indagini dei carabinieri della compagnia di Giarre e del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania, coordinate dalla procura distrettuale etnea.

La chiamata dell’avvocato

Secondo la ricostruzione, sono stati i militari dell’Arma a chiedere all’avvocato Antonino Cristofero Alessi di mettersi in contatto con il suo assistito. “L’ho chiamato usando il vivavocericostruisce il penalista – e gli ho detto di costituirsi ai carabinieri, di dirmi dove si trovava che potevano andare a prenderlo, sapendo che poteva contare sulla mia presenza per l’immediata assistenza legale”. La Motta avrebbe quindi risposto: “Sto venendo, vengo io“. L’uomo ci avrebbe messo cinque minuti per arrivare, con un’arma in mano. “Mi ha chiamato Antonio, con il mio primo nome, i carabinieri gli hanno intimato di posare la pistola e poi ho sentito lo sparo…”. Per l’avvocato, era inimmaginabile “che potesse accadere tutto questo. Non c’è stato nessun segnale pregresso, nessuno”.

Il passato e i permessi

La Motta stava scontando un ergastolo per l’omicidio di Leonardo Campo, assassinato il 4 gennaio 1992 da un commando di fuoco davanti a un bar. Tra gli assassini c’era pure La Motta. Campo era uno dei capi storici della criminalità organizzata di Giarre. Turi La Motta è fratello del 65enne Benedetto La Motta, meglio conosciuto col soprannome “Benito” o “Baffo”, arrestato dai carabinieri nel luglio di tre anni fa nell’ambito di un’inchiesta su un omicidio, e indicato come il referente a Riposto della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano.

L’omicida che ieri ha colpito Melina Marino e Santa Castorina era detenuto in semilibertà e usufruiva dei permessi concessi dalla legge per la buona condotta: di giorno lavorava in una rivendita casearia del Catanese, la sera tornava a dormire nel carcere di Augusta. Ieri scadeva l’ultimo dei sette giorni di una licenza premio che aveva ottenuto. Nei due anni emergenza pandemica dovuta al Covid-19, dormiva in casa della sua famiglia. A commentare il delitto, il sindaco ripostese Enzo Caragliano che ha parlato di un “gesto folle”.


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