"E' giunta l'ora | del risveglio" - Live Sicilia

“E’ giunta l’ora | del risveglio”

Si può sperare in questo momento di crisi? Si può pensare alla Pasqua come a un'occasione di vero cambiamento? Rispondono un sacerdote e un professore di filosofia, nel segno della difficoltà e della speranza.

Le interviste
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Una città “stanca e demotivata” che “vive più la Passione che la Resurrezione” che ha necessità di “un risveglio morale” e di una vera prospettiva di cambiamento. Un ritratto amaro di Palermo e della Sicilia ma che ha il suo interno un messaggio di speranza che chiede di voltar pagina, quello tracciato da padre Carmelo Torcivia rettore della chiesa di Santa Maria della Catena, animatore della comunità Kairos dal 1994 e da Giuseppe Savagnone, docente di storia e filosofia per quarantuno anni nei licei e responsabile della Pastorale Cultura della Diocesi di Palermo dal 1990. Con loro Live Sicilia ha dialogato per analizzare il momento di forte disagio sociale ed economico che attraversa il capoluogo, tentando di intravedere quali ed eventuali spiragli di rinnovamento e il ruolo che la Chiesa locale dovrebbe giocare in questo processo anche guardando a quei segni che arrivano come richiamo dall’elezione del nuovo pontefice.

Padre Torcivia. Da osservatore e da sacerdote che momento oggi attraversa la città di Palermo?
“Io vedo una città stanca e demotivata che ha bisogno di linfa vitale e di tornare a sperare. Questo stato deriva da una mentalità fatalistica che è atavica e anche da questo momento di crisi economica che sta mietendo molte vittime. Il problema non è solo legato al lavoro, anche se assolutamente fondamentale e non si possono fare certamente spiritualismi, ma è legato ad una mentalità di speranza e ottimistica e di voglia di fare e creare cose nuove e non di restare in una mentalità assistenzialistica. Dobbiamo guardare con occhi sereni al futuro ma questo comporta un di più in termini di pensiero, fantasia e di darsi fiducia gli uni con gli altri. La responsabilità maggiore è anche certamente della classe politica, vediamo che manca una vision politica, che chiaramente non può essere di piccolo cabotaggio e non può essere espressa dai “si dovrebbe”. Bisogna uscire dalle mentalità dei condizionali che non toglie l’idealità ma la lascia così lontana da non poterla rendere presente, creando così delle impotenze e dei cinismi, bisogna parlare in termini di indicativo presente”.

La Chiesa palermitana come attore sociale anche alla luce dell’elezione del nuovo pontefice e dai segni che da lui percepiamo quale ruolo dovrebbe giocare?
“La Chiesa di questa città non è Chiesa di élite ma di popolo che interessa tutti gli strati sociali e che riesce ad entrare in contatto e a dialogare con tutti, però noi non siamo un agente politico, il nostro vero tesoro è il Vangelo di Gesù Cristo. Da qui si deve partire per fare un discorso che riguarda in prima analisi la fedeltà alle Sacre Scritture, seria e vera e non finta, impegnandosi a trasmetterle facendo da ponte, poi bisogna recuperare il senso di una Chiesa povera che non sia vista come una potenza di questo mondo ed in terzo luogo una Chiesa a servizio di tutti, anche dei non credenti, senza alimentare alcuna mentalità settaria. Se si realizzano queste tre cose il nostro ruolo viene esercitato. La nostra chiesa locale nel panorama nazionale è una delle poche realtà che comunque sta più vicina ai poveri, non è una Chiesa borghese però questi tre punti di cui ho parlato prima rimangono forti e su cui è necessario lavorare, occorre un continuo rapporto con il territorio per evitare discorsi da sacrestia. Soltanto aprendosi in queste modalità la Chiesa può liberarsi da queste pastoie”.

Una Chiesa quella di Palermo che si prepara alla beatificazione di Padre Pino Puglisi, rispetto a quegli anni sul fronte della legalità cosa è cambiato?
“Il messaggio di Padre Puglisi è ancora oggi vivo nella sua semplicità e schiettezza e di questo c’è ancora bisogno, visto che molto i nostri sono discorsi sono molto spesso barocchi mentre lui era una persona chiara e netta. Sul fronte della legalità molto è cambiato, si son fatti passi in avanti, la società civile ha appreso la lezione, non c’è più bisogno dell’azione di supplenza della chiesa svolta a quei tempi ma è necessaria sempre un’azione forte perchè bisogna stare attenti a che linguaggi e mentalità di tipo mafioso, che magari possono continuare a sussistere nelle nostre comunità e nelle nostre parrocchie, siano assolutamente estirpati”.

Cambiando totalmente argomento che cosa ne pensa di quanto avvenuto al Capo, dove una folla si raccoglie ormai da giorni a pregare la sera davanti alla Chiesa di Santa Maria delle Mercede, “inseguendo” e “vedendo” questo fantasma di suora?
“Quello che mi ha colpito e che c’è gente assolutamente semplice che va a pregare, questa è la cosa più bella. Questa risposta è popolare ma non superstiziosa vuol dire che la nostra gente è ancora sana”.

Professore Savagnone, quale la sua percezione di questa città in questo momento di Pasqua, che dovrebbe essere di Resurrezione. Ma è realmente così?
“Io credo che Palermo in questo momento viva più la Passione che la Resurrezione, è una città in ginocchio. A livello locale ha cercato una speranza di cambiamento in Leoluca Orlando ma fino ad ora non ci sono segni di una svolta effettiva. Quello che percepisco, guardando anche a come sono andate successivamente le elezioni regionali e poi nazionali, è che i palermitani sembrano sbandati, quello che è più preoccupante è la crisi di convinzioni e di idee di qualunque tipo. Qui non c’è solo un declino economico ma di fiducia e prospettiva, sembra che i cittadini si siano rassegnati a finire nel nulla. La reazione dovrebbe essere economica, morale e civile magari ripensando a questa società con proposte concrete, questo manca. Anche a livello regionale, il presidente della Regione Crocetta mi sembra navighi nel vuoto, come un acrobata, un giocoliere che sta sul filo attirando l’attenzione del pubblico. Anche il successo del Movimento Cinque Stelle è frutto della stanchezza ma di una stanchezza sterile, si vota per scoraggiamento. In Grillo non c’è risveglio culturale ed estetico, i suoi elettori contestano quelli che prima loro stessi hanno votato. Non c’è un cambiamento basato sulle idee”.

La Chiesa palemitana in questa necessaria prospettiva di cambiamento come si dovrebbe porre?
“La Chiesa a livello di vertici ha dimostrato con l’elezione di Papa Francesco di essere immensamente più capace di rinnovarsi. Questo rinnovamento necessariamente influenzerà la nostra realtà territoriale come altre. Qui a Palermo c’è la necessità di una Chiesa più viva, che sia un potente laboratorio di idee da cui si traccino delle chiare prospettive, tutto questo fino ad ora non c’è stato. Il risveglio dovrebbe partire dalle parrocchie e dalle comunità. I cattolici a Palermo sono tanti, li vediamo numerosi affollare le funzioni religiose in questo tempo di Pasqua, ma chi di loro è capace uscendo da lì di portare avanti una reale prospettiva di mutamento, partendo dalla propria professione e dal ruolo che si ricopre? Occorre che si superi la separazione tra devozione e vita e fare del Vangelo la fonte di ispirazione di un reale cambiamento”.

I giovani sono anello più colpito dalla crisi economica. Come li vede inseriti nella ricerca di una prospettiva?
“Io credo che i giovani, e dicendo questo non li giudico ma li capisco, sono chiamati adesso ad essere di nuovo giovani, invece purtroppo vedo che hanno abdicato al ruolo di cambiamento. Non li vedo come costruttori di futuro ma cercano di infilarsi negli interstizi del presente”.

 

 


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