E io dico: bravo Catania - Live Sicilia

E io dico: bravo Catania

Controtendenza
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In questa domenica di febbraio, lo spezzatino del campionato di Serie A era proprio ino-ino-ino. Tra anticipi, posticipi e rinvii per neve, si sono giocate solo tre partite. Con la pancia ancora piena del pranzo domenicale di quando non c’è lo stadio, mi sono seduto sul divano del soggiorno con il telecomando in mano. “E cosa guardo adesso ?”, mi sono chiesto. Per fortuna, la mia scelta è caduta su Catania-Genoa: una partita splendidamente vinta dai “cugini” per 4-0. Sarà stato per le maglie bianche da trasferta che somigliavano a quelle indossate dal Palermo la sera prima, ma forse al Cibali pensavano di giocare contro la nostra squadra. A parte la grinta “da derby” mostrata dai giocatori rossoazzurri, per tutta la partita i cori dei tifosi sono stati dedicati a noi: i “carissimi” nemici rosanero. Io non sopporto più questa stupida usanza di tifare “contro” una squadra che non è in campo e che, per di più, appartiene alla tua stessa terra. Neppure quando siamo alla Favorita e “chi non salta è catanese”. Detto questo, e ragionando come si conviene ad uno sportivo, spero mi sia concesso, da tifoso del Palermo, elogiare il Catania.

Io provo sincera ammirazione per come il Catania è gestito. Esaminiamo la partita di ieri. Il Catania schierava alcuni scarti delle grandi squadre (Motta, Almiron e Le Grottaglie) ed un gruppo di sudamericani pescati dalla sapiente mano di Lo Monaco che sceglie sempre, più che promesse su cui scommettere, giocatori nel pieno della maturità tecnica e atletica. Non si spiegano altrimenti gli acquisti di Gomez, Bergessio, Spolli, Izco, Barrientos e, negli anni scorsi, di Silvestre, Martinez, Vargas e Maxi Lopez. E il tutto, naturalmente, con un occhio al bilancio. Perché si deve riconoscere che da diversi anni il Catania schiera squadre più che dignitose spendendo in un anno quanto il Palermo ha speso per l’acquisto di Joao Pedro.

E qui tocco il tasto che mi duole di più. Che è quello della gestione tecnica della società. Mentre a Palermo la poltrona di direttore sportivo l’anno scorso è rimasta vacante e quest’anno è stata già occupata da quattro chiappe (più altre due in fieri), a Catania essa è ormai conformata su quelle di Lo Monaco. Questa stabilità e la moderazione con cui la proprietà interviene sulla conduzione tecnica (come è giusto che sia) sono le basi del successo del Catania. Una squadra il cui presidente, antipatico per quanto possa a volte essere, segue la partita a bordo campo indossando una tuta con i colori sociali come fosse un raccattapalle qualunque.

Onore dunque alla competenza, all’intelligenza, all’abilità e alla passione di chi gestisce il Catania. Con l’auspicio che prima o poi si ponga fine a questa insulsa faida in salsa picchio-pacchio e che si possa tifare, al Cibali come alla Favorita, solo per la propria squadra. E magari sorridere al successo dell’altra su squadre i cui tifosi non amano né la Sicilia, né tanto meno noi siciliani.


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