E poi non rimase nessuno. A parte Crocetta.
E poi non rimase nessuno, come in quel film tratto da un libro giallo che narra la trama a scomparsa dei suoi protagonisti. Entrano e spariscono, decimati da un carnefice nascosto nell’ombra. Ma quello era un thriller, da gustare con i popcorn e la Coca Cola. Questo è il film dell’orrore della Sicilia che tramonta insieme all’arroganza del suo potere.
Lucia Borsellino ha annunciato le sue dimissioni – in coda a uno stillicidio di abbandoni governativi – e stavolta sembra difficile figurarsi retromarce; ogni altro scenario risulterebbe surreale. Cadendo la foglia di fico dell’assessore alla Salute – un atto di coraggio e di dignità da noi più volte invocato – Rosario Crocetta vedrà crollare definitivamente la sua roccaforte di suggestioni, edificata sui miasmi di una palude.
E’ una palude questa Sanità siciliana che non ha certo bisogno dell’ultimo scandalo per riconoscersi come tale. Alla mortificazione quotidiana tra corsie disastrate e servizi da terzo mondo, si aggiunge un quadro sconfortante di cui il ‘Modulo Tutino’ – per azzardare una sintesi giornalistica dell’accaduto – rappresenta la pennellata recente.
Non pensiamo alle ricadute codice alla mano che dovranno essere accertate, né stiamo accusando il governatore di alcunché, o emettendo sentenze anticipate di colpevolezza. Ma è sufficiente leggere l’ordinanza e le intercettazioni dell’inchiesta per avere la percezione di un meccanismo, – la cui rilevanza penale è tutta da decifrare – che mostra la corda di una politica logora: la vecchissima politica delle contiguità.
E’ una palude la Sicilia intera, nella sua metafora di terra spezzata in due, nella crudezza dei trasporti saltati per interposto viadotto, nella sofferenza della sua gente che non ha risposte ed è costretta, allibita, a sopportare i numeri d’alta scuola dell’inquilino di Palazzo d’Orleans. Crocetta sta perdendo i pezzi della sua giunta. Crocetta praticamente non ha più una maggioranza. Crocetta è il primo firmatario di una mozione di sfiducia verso se stesso. E non batte ciglio, non prende consapevolezza della catastrofe che lo circonda. Anzi, rilancia il cabaret dell’invettiva.
Insulta il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, utilizzando una forma allusiva e inconcepibile (“usa lo stesso linguaggio dei Lima e dei Ciancimino”). Lancia anatemi contro nemici che vede spuntare dappertutto; è ossessionato dalla presenza di avversari che immagina mossi dall’odio nei suoi confronti. Né comprende, questo presidente smarrito in cerca di un approdo, che è egli stesso il suo più acerrimo nemico.
E’ una palude questa politica che non riesce a fare a meno di Rosario Crocetta, che gli getta addosso anatemi e intanto lo tiene politicamente in vita, desiderosa di una scialuppa di salvataggio di stipendi nell’Isola che affonda: una teoria di personaggi in cerca d’autore che si credono statisti, ma sono solo i replicanti di ripugnanti consuetudini, di prassi ormai note del pane e del companatico, spesso a tradimento.
E poi non rimase nessuno: azzeccatissimo titolo per un film giallo che tende all’orrore. Eppure lui, Saro, rimarrà, a dispetto di tutto e di tutti, nonostante il grido di dolore dei siciliani sia ormai assordante. Vogliamo scommettere?

