Ecco chi comanda a Catania La nuova mappa della mafia

Ecco chi comanda a Catania | La nuova mappa della mafia

La fotografia scattata dalla Dia nella, ormai tradizionale, relazione semestrale.
CRIMINE ORGANIZZATO
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CATANIA – Quella catanese è una mafia diversa da quella palermitana. È più fluida e flessibile. E meno legata ai confini di un determinato quartiere o cittadina. Solo la famiglia di Caltagirone, che vede il capo Ciccio La Rocca a casa dall’emergenza Covid, segue ‘la tradizionale’ linea strutturale di Cosa nostra. L’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia, che fotografa il secondo semestre 2019, cerca di analizzare questi aspetti peculiari della criminalità organizzata catanese. 

La mafia fluida 

“In provincia di Catania e nello stesso capoluogo, la presenza di storiche e strutturate “famiglie” mafiose -scrive la Dia – non impedisce la parallela esistenza di aggregati criminali di livello inferiore, ma non per questo di minore aggressività e pericolosità. Si aggiungono poi sodalizi ancor meno organizzati, perlopiù votati a reati di tipo predatorio, caratterizzati da una certa fluidità delle alleanze e dalle cui fila le consorterie maggiormente consolidate traggono manovalanza”. In uno scenario così mutevole, i gruppi criminali coesistono o si contrappongono. Tutte secondo le “convenienze contingenti”. E con una certa facilità si passa anche da un clan all’altro. Il blitz Tricolore, scattato proprio nella seconda parte del 2019, ha documentato come molti storici esponenti dei Cursoti – Milanesi, oggi sono tra le file dei Cappello-Bonaccorsi per il controllo dello spaccio nel rione San Berillo nuovo. 

La terra catanese è ormai quasi arida, così “Cosa nostra catanese tende ad espandere la propria sfera di influenza oltre i confini della provincia, spesso attraverso l’invio di propri i luogotenenti”. A Messina ed Enna ci sono vere e proprie cellule criminali. Nella zona peloritana c’è addirittura il legame di ‘sangue’ a rendere ancora più incisivo il potere. Ma l’ambizione è di andare oltre la Sicilia. “Da tempo è ampiamente documentato che gli interessi criminali dei sodalizi etnei – analizza la Dia – vengono proiettati su tutto il territorio nazionale, per arrivare a nuove opportunità di guadagno”. La mafia catanese ha dimostrato nel tempo di saper “stringere accordi con quei settori dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione che si dimostrano sensibili ai vantaggi economici derivanti dalla collaborazione con le consorterie”. E questo crea attorno alle famiglie mafiose, quello che possiamo definire, “un distorto consenso sociale”.

Il clan Santapaola- Ercolano

Il luogo di vertice nella mappa criminale di Catania lo detiene, storicamente e militarmente, la famiglia di Cosa nostra Santapaola- Ercolano. Per la Dia il suo “peso” sarebbe diminuito da quando i capi storici sono in gattabuia. NItto Santapaola, e il figlio Vincenzo, restano detenuti in regime di carcere duro. Mentre Aldo Ercolano, l’assassino del giornalista Pippo Fava, è da diversi anni senza l’applicazione del 41bis. La Dia, proprio inerente la famiglia di sangue, ricorda l’arresto di Francesco Filloramo, il cognato del boss Nitto. Resta confermata “l’operatività criminale e la soffocante pressione sul territorio”, da parte del clan. Tutto nonostante arresti, sequestri confische. Per il consolidamento del potere il clan Santapaola-Ercolano, forse rinnegando il codice di Cosa nostra, utilizza lo spaccio di droga. Arma più efficace della rituale estorsione. 

I Mazzei

È la seconda famiglia di Cosa nostra, grazie all’affiliazione per volere di Leoluca Bagarella, di Santo Mazzei. I carcagnusi sono radicati “in specifici quartieri della città di Catania”. La sua roccaforte è via Belfiore, o meglio conosciuto come traforo, a San Cristoforo. Poi i Mazzei sono operativi a Lineri, frazione di Misterbianco. Con l’arresto di Angelo Privitera ‘u scirocco (ritenuto il reggente fino al suo rientro in carcere), l’attenzione della magistratura potrebbe essere tornata su Maurizio Motta, che sta affrontando il processo Target. Storicamente i ‘carcagnusi’ hanno alleati tra i Nebrodi e l’Etna: precisamente nel triangolo Bronte, Cesarò, Maletto. Ma i suoi artigli sembrano aver toccato anche con il gruppo dei Mormina anche la provincia di Ragusa. 

Ma perché fermarsi alla Sicilia. In una particolare inchiesta si fa riferimento al nome di Sergio Gandolfo, molte volte coinvolto in operazioni contro il clan Mazzei, che sarebbe riuscito a creare un ponte di affari con l’Ungheria. Per lo più di armi. 

La famiglia di Caltagirone

Per la Dia la famiglia di Caltagirone (La Rocca) si pone “in posizione di significativa influenza nel quadro generale degli assetti mafiosi regionali”. L’alleanza con i Santapaola-Ercolano (dipende dalle correnti al potere) è rimasta sempre ben salda. E ultimamente la famiglia La Rocca sta “allargando la propria influenza anche nella vicina provincia di Enna, nonché nell’agrigentino, in particolare nell’agro di Licata nell’agrigentino. 

Il clan Cappello-Bonaccorsi

La Dia considera i Cappello-Bonaccorsi una consorteria mafiosa di “minor rango, ma di pari efferatezza criminale”. In realtà le ultime indagini raccontano di un clan che ha saputo infiltrarsi nel mondo imprenditoriale e istituzionale, se non alla pari, quasi come Cosa nostra. Traffico di stupefacenti e scommesse illegali sono i settori di maggiore “interesse” criminale.

In questi ultimi mesi il clan ha dovuto subire la decisione di alcuni esponenti di rango di intraprendere la collaborazione con la giustizia: non dimentichiamo Concetto Bonaccorsi e il figlio Salvuccio. Anche uno degli alleati storici, i Cintorino di Calatabiano, hanno subito le ripercussioni della decisione di Carmelo Porto di entrare nel programma di protezione. I Cappello sono arrivati anche a mettere le mani negli affari di Taormina, la perla dello Jonio. 

I Cursoti Milanesi

Se gli altri clan cercano di mantenere la pace, per evitare altre perdite. I Cursoti Milanesi, forse emulando il boss defunto Jimmy Miano e la mattanza di Milano e Torino, creano disordini e tensioni di fuoco. Lo scontro è stato soprattutto con il clan Cappello per il controllo dello spaccio nella zona di San Berillo nuovo. Come già detto molti “Milanesi” ultimamente sono transitati tra le file dei Cappello, ma per la Dia anche esponenti del clan Sciuto-Tigna hanno fatto la stessa scelta. 

I Laudani

I Laudani, chiamati Mussi i Ficurina, sono considerati i viceré della mafia catanese. Hanno potere e articolazioni criminali da Canalicchio a Catania in tutte le cittadine della provincia etnea. L’impero è l’hinterland catanese. La Dia rimarca la capacità dei Laudani “di ricostituzione, disponendo di propaggini attive non solo nella provincia etnea, ma anche in Lombardia”. Sono stati negli anni 90 tra i clan più sanguinari. Ultimamente due esponenti del clan di Paternò sono stati accusati di omicidio (stanno affrontando il processo). 

Il ritorno dei Pillera-Puntina 

Non si sentiva parlare di Turi Pillera da diverso tempo. Eppure un arresto per estorsione ha fatto tornare in auge il nome del boss mafioso condannato all’ergastolo. I Leonardi, imprenditori del mondo dei rifiuti finiti nei guai giudiziari ultimamente, avrebbero pagato per anni un pizzo al capomafia. 


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