CATANIA – Corruzione elettorale nelle Regionali siciliane. Un’inchiesta è partita sul solco dell’indagine Gorgoni condotta dalla Dia di Catania che lo scorso autunno ha svelato un presunto giro di mazzette e corruzione sull’appalti dei rifiuti nei comuni etnei, tra cui Aci Catena. Le cimici della Dda di Catania sarebbero rimaste accese anche durante la campagna elettorale per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana e sarebbero emerse promesse e favori in cambio di pacchetti di voti. Questa mattina sono scattate una serie di perquisizioni al fine di trovare riscontri e documenti da inserire nei faldoni, già consistenti, dell’inchiesta che vede iscritti nel registro degli indagati diversi nomi noti della politica locale catanese e acese. La Procura distrettuale di Catania sta facendo notificare alla Dia, diretta da Renato Panvino, avvisi di conclusione indagini per il reato – come detto – di corruzione elettorale.
Uno dei nomi al centro dell’inchiesta della Procura di Catania è Riccardo Pellegrino, candidato nelle liste di Forza Italia e oggi in campo per la poltrona di sindaco di Catania, appoggiato da una lista civica. Alla rete del giovane consigliere comunale si intreccerebbero i nomi di Biagio Susinni, ex sindaco di Mascali, e quello dell’ex primo cittadino di Aci Catena, Ascenzio Maesano, già indagato nell’inchiesta Gorgoni. Le perquisizioni della Dia sarebbero arrivate anche ad Acireale, ed in particolare nella casa di Nino Castorina, esponente dell’associazione Sveglia di Guardia Mangano, vicino a Forza Italia. Castorina è stato candidato 4 anni fa nella lista civica “Grande Acireale”, vicina all’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo.
Sono dodici complessivamente i destinatari dell’avviso di conclusione indagine. Oltre a Pellegrino, Maesano e Susinni, ci sono anche Gesualdo Briganti, Antonino Castorina, Orazio Sebastiano Cutuli, Salvatore Di Benedetto, Antonio Di Benedetto, Ivan Andrea Guarrera, Salvatore Gulisano e Filippo Pellegrino.
DUE INCHIESTE – Sono due i faldoni d’inchiesta aperti dalla Procura distrettuale di Catania, ricostruisce l’ Ansa. La prima contesta il voto di scambio. Ed è per questo troncone che sono in corso le perquisizioni della Dia. L’altra, invece, ipotizza il reato di corruzione elettorale. Questa indagine è già chiusa: gli investigatori hanno già notificato l’avviso di conclusione indagine firmata dai pm Marco Bisogni e Tiziana Laudani. Ci sarebbero stati diversi giri di soldi per “pagare” pacchetti di voti a sostegno di Riccardo Pellegrino, che alla fine non è stato eletto deputato regionale.
LA CAMPAGNA “ACQUISTI” – Il presunto sostegno si sarebbe concretizzato – si legge nell’avviso conclusione indagini – con la “consegna di denaro” e il “pagamento di 50 euro a voto”, per “ottenere consensi in favore di Riccardo Pellegrino”, candidato nelle liste di Forza Italia. Diversi gli episodi di corruzione documentati dalla Dia di Catania: il consigliere comunale avrebbe cercato di ottenere consensi anche fuori dalle sue roccaforti elettorali, come Catania e altre città dell’hinterland dove poteva contare della presenza sul territorio anche grazie a diversi Caf. In particolare la campagna acquisti si sarebbe spostata ad Aci Catena, Vizzini, Ramacca e Acireale.
LE ACCUSE. La Procura ipotizza che “Susinni e Maesano avrebbero messo in contatto Riccardo Pellegrino con Giuseppe Panebianco, mantenendo così l’influenza politica del Maesano ad Aci Catena”. Papà Filippo e il consigliere Riccardo Pellegrino – su questo filone – avrebbero “consegnato a Panebianco e Guarrera svariate somme di denaro”. La Procura ritiene di poter documentare “certamente una somma pari a 3.000 euro, in cambio di un numero imprecisato di voti per l’importo di 50 euro a preferenza”. In un altro caso inoltre ci sarebbero altri “1.000 euro a Orazio Cutuli sempre per 50 euro a voto” e, inoltre ” la promessa di 1.300 euro a Castorina, somma corrisposta” dopo le elezioni. Pellegrino avrebbe promesso di elargire la somma a Castorina per la realizzazione di un evento. Altre due consegne di denaro in cambi voti sono contestate dalla Procura di Catania, la cui somma resta imprecisata.
LA DIFESA DI RICCARDO E FILIPPO PELLEGRINO. Il consigliere comunale replica alle accuse attraverso il proprio legale Luca Mirone, affermando di riporre fiducia nella magistratura. “In merito alle accuse – si legge nella nota – il mio assistito manifesta serenità e tranquillità, confidando nell’operato della magistratura – in cui ripone assoluta fiducia – che non potrà che confermare la sua estraneità a qualunque condotta di natura penale”. Il padre del consigliere comunale, Filippo Pellegrino replica alle accuse attraverso una nota inviata dai suoi difensori, gli avvocati Francesco Antille e Alessandro Coco: “Nel prendere atto di ciò e nel significare l’assoluta estraneità del Pellegrino a qualsivoglia reato, i difensori ribadiscono la disponibilità del loro assistito ad offrire ogni chiarimento, utile a smentire le prospettazioni accusatorie”.
LA DIFESA DI SUSINNI – Il difensore dell’ex deputato regionale Biagio Susinni, l’avvocato Nino Lattuca dichiara: “Il mio assistito è assolutamente estraneo ai fatti contestati dalla Procura della Repubblica di Catania. Inoltre presenteremo memorie difensive e documenti e chiederemo di essere sentiti dal pm al fine di chiarire le contestazioni”.
I PROFILI DEI TRE POLITICI COINVOLTI.
RICCARDO PELLEGRINO. Lo avevano bollato come impresentabile alle ultime elezioni regionali. Ma Riccardo Pellegrino dal palco della piazzetta delle Salette, nel cuore di San Cristoforo, aveva ribadito che la Procura aveva archiviato la sua vicenda giudiziaria dal reato di voto di scambio. Un’inchiesta scattata dopo quella relazione dell’Antimafia Regionale che aveva fatto un elenco di consiglieri comunali di Palazzo degli Elefanti che avevano parentele sospette e in odor di mafia. A finire sotto i riflettori è stato il coinvolgimento del fratello del consigliere, Gaetano Pellegrino, che rischia una condanna a 10 anni di carcere per mafia. Il clan è quello dei Mazzei di Catania. Oggi il nome di Riccardo Pellegrino torna alla ribalta, proprio nel pieno della campagna elettorale per le prossime comunali che lo vedono tra i contendenti per la carica di sindaco di Catania. Il candidato è supportato dalla lista civica Un cuore per Catania.
BIAGIO SUSINNI. L’inchiesta Town Hall, sfociata nel dicembre del 2013 nell’arresto tra gli altri di Biagio Susinni, è solo l’ultima delle vicissitudini giudiziarie che vedono coinvolto l’ex deputato regionale. Le accuse sono gravissime: concorso in corruzione continuata e aggravata per aver agevolato gli interessi economici del clan Laudani, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposta e millantato credito. Susinni viene rinviato a giudizio anche nel secondo troncone dell’inchiesta, che lo vede imputato per diverse ipotesi di abuso d’ufficio. Entrambi i processi sono ancora in corso. Lunghissima la sua carriera politica: nel 1987 approda all’Ars come primo dei non eletti, dopo le dimissioni dell’onorevole Salvatore Grillo Morasutti; un anno dopo diventa sindaco di Mascali. Nel 1991 viene però arrestato e poi condannato per abuso d’ufficio continuato. L’anno successivo, a causa delle numerose inchieste giudiziarie che lo vedono coinvolto, arriva il primo commissariamento per mafia del comune di Mascali. Dopo una breve e apparente sparizione dalla vita pubblica, torna prepotentemente alla ribalta e nel 2008 si candida al consiglio comunale di Mascali, sostenendo la candidatura a sindaco di Filippo Monforte. Quattro anni dopo la Prefettura di Catania dispone l’accesso presso il comune ionico, preludio di un nuovo commissariamento, mentre la Dia mette sotto sopra gli uffici comunali. Poche settimane dopo il nuovo arresto e l’allontanamento, anche questo apparente, dalla vita politica.
ASCENZIO MAESANO. Più volte coinvolto in inchieste giudiziarie e tirato in ballo da collaboratori di giustizia, Ascenzio Maesano, ex primo cittadino di Aci Catena per ben tre volte, viene fermato e poi arrestato nell’ottobre del 2016 dagli uomini della Dia di Catania con l’accusa di corruzione. A metterlo nei guai è una tangente di 15mila euro corrisposta dall’amministratore della Halley Consulting, Giovanni Cerami, all’allora sindaco catenoto e al consigliere comunale Orazio Barbagallo. Le cimici della Dia catturano l’attimo in cui Maesano e Barbagallo si spartiscono la mazzetta. L’ex primo cittadino viene condannato in appello a 3 anni. Maesano è anche tra gli indagati della maxi inchiesta della Dia, denominata Gorgoni, sulle infiltrazioni della mafia nella gestione dei rifiuti in diversi comuni della provincia di Catania. Tra questi c’è anche Aci Catena, travolto dalla nuova inchiesta.