Orlando: "In Europa porterò Palermo, ma questa città ha tanta paura..."

Orlando: “In Europa porterò Palermo, ma questa città ha tanta paura…”

L'intervista all'ex primo cittadino del capoluogo: "Mi chiamano ancora sindaco..."

Professore, questa è l’ultima o la penultima sfida?
“Nel mio caso sempre la penultima è”.

Palermo, serata afosa. Leoluca Orlando, candidato alle Europee con Alleanza Verdi e Sinistra, già Sinnacollanno, ha partecipato alla presentazione di un libro. Ora sorseggia un succo di pomodoro nel bar tra via Notarbartolo e via Libertà. Mentre chiacchiera, qualcuno gli porta un sigaretto. Succedeva lo stesso a Palazzo delle Aquile. Il rituale non cambia. Orlando è dimagrito (“Ho fatto la dieta, ho posato un borsone di quattordici chili”). E pensa, come sempre, in grande (“Vogliamo essere un contributo di chiarezza e uno stimolo di coerenza per il PD, per una coalizione alternativa alla destra sovranista e intollerante “)

Dunque, professore, la penultima?
“Certo. E mi auguro di riuscire a portare al Parlamento Europeo le ragioni della mia candidatura. Sono ottimista, devo dire”.

Ma lei, come…
“C’è stata una grande insistenza dei vertici europei di Verdi e Sinistra che vedono nelle mie esperienze locali e internazionali una voce vivida, una espressione del Mediterraneo che rischia di sparire”.

Addirittura!
“Sì, come area culturale, se si salderà un intreccio perverso tra la burocrazia efficace di Bruxelles e il sovranismo intollerante della destra. Se questo accadrà, il Mediterraneo sarà di fatto espulso dall’Unione Europea”.

E lei come intende opporsi?
“Io, che sono già stato europarlamentare, sono sostenitore di un’Europa dei diritti, molto più importante dell’Europa delle leggi che, ovviamente, vanno rispettate. Ma i diritti umani rappresentano la frontiera della nuova battaglia, in un continente di pace. Contiamo troppi esclusi”.

A chi si riferisce?
“Agli agricoltori siciliani, come ai migranti. Agli agricoltori stremati perché l’Europa gli dà un sussidio che finisce nelle tasche delle lobby, non essendoci controlli sull’aumento dei costi di produzione e sul crollo dei prezzi di vendita. Ai migranti, vittime di desertificazioni e guerre, protagonisti involontari di un genocidio”.

Concetti europei, appunto. Ma in Sicilia l’impressione è che le elezioni servano soprattutto per saggiare le forze in campo.
“Perché la politica è distaccata dalle persone a cui racconta menzogne e suggestioni C’è tanto da fare. A me piacerebbe un Erasmus dei giovani operai e degli artigiani, non solo degli studenti. Posso aggiungere una cosa sulle persone migranti?”.

Prego.
“L’altra sera ero al ristorante, sono entrato in cucina. Non c’era nemmeno un italiano. Ho chiesto il motivo al proprietario che mi ha risposto: ‘Professore, il più scarso di questi conosce tre lingue. A che mi serve un italiano?”.

Parabola significa?
“Quando capiremo che le migrazioni sono una ricchezza e che i migranti ci migliorano e ci fanno grandi, come i nostri nonni hanno fatto grandi l’America, la Francia e la Germania?”.

Lei si sente in debito o in credito con Palermo?
“Sempre in debito. A chi molto è dato molto viene chiesto. Come intendo pagare il mio debito? Portando la mia comunità a Bruxelles e Strasburgo, come faro di tutte le Palermo del mondo”.

E quella che sta in Sicilia come la vede ora che non è più sindaco?

“Come una città che ha perso il senso della comunità, dove latita una dimensione umana e, dunque, manca la sicurezza. La gente che esce da casa la sera ha tanta paura. Molti mi telefonano e mi dicono proprio così: ‘Luca, abbiamo paura’. Qualcuno mi chiama ancora sindaco”.


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