Enzo Trantino: Catania, la Meloni, Musumeci e la politica d'odio

Enzo Trantino: Catania, la Meloni, Musumeci, la politica dell’odio

Inevitabile il commento su chi potrebbe insediarsi a Palazzo degli Elefanti: "Tutti i nomi che circolano, l’indomani scompaiono. Questo è diventato ormai un teatrino impazzito".

CATANIA. E’ stato indiscutibilmente colonna della destra e delle istituzioni etnee. Enzo Trantino mantiene una lucidità disarmante ed una capacità d’analisi imprescindibile. In questo frangente così tumultuoso sul fronte catanese, era inevitabile chiamarlo in causa anche per allargare l’orizzonte verso Roma.

Avvocato Trantino, come sta la sua Catania?
Non credo che sia nella migliore condizione di salute. E’ abbacchiata. C’è tutta una serie di venti che spirano da ogni lato e che non favoriscono la buona navigazione. Tutte le vigilie sono dense di perturbazione, perchè noi siamo in una vigilia come quella del rinnovo dell’amministrazione. Sono turbolenze che stanno nella dinamica delle cose. Si figuri in politica.

La mancanza di un sindaco, la paventata revoca del commissario: tutti fatti negativamente inediti per la città.
Certo. Io non sono abituato ad analizzare fatti di questa portata con così tante contingenze che si aggrovigliano l’una sull’altra. Ed oggi non possiamo dare una diagnosi precisa.
E’ come quando in presenza di una malattia rara, il medico si ferma perchè chiede ulteriori accertamenti: e noi, a questo punto, dobbiamo aspettare che maturino i tempi.

Cosa dovrebbe accadere per riprendere le redini di una città che sembra essere sfuggita di mano a tutti i livelli? Davvero conta solo il ritorno alle urne?
Ho fatto tante attività. Ma non quella dell’indovino. Le dico soltanto che c’è stato un momento in cui anche io ho tentato di offrire a questa città la mia candidatura a sindaco: e la città mi ha detto “No, grazie”. E da quel momento ho preferito guardare a distanza cosa succede.
Apprezzo chi merita apprezzamento e mi riservo sempre giudizi.
Siamo in una fase liquida.

Ma lei in cuor suo cosa crede potrà accadere?
Gliel’ho detto che non faccio l’indovino. Lo fossi stato, avremmo evitato tanti guai. Siamo all’inizio di un esperimento e, cioè, siamo alla ricerca di una linea di normalità: non di normalizzazione.
In questo momento, questa linea non c’è perchè da ogni lato – le cosiddette maggioranze, le cosiddette opposizioni – si procede a zig zag ed è impossibile capire dove si cominci e dove si finisca.

E’ vero anche che è una politica profondamente mutata rispetto a quella che l’ha vista impegnata in prima linea.
Io vengo da un’era giurassica di altra dimensione e di altra logica. Vengo dalla politica dove o era sì o era no. Vengo dalla politica dove c’erano gli schieramenti. Dalla politica dove c’erano le fedi. Dove c’era la parola data. Tutte queste cose oggi sono tramontate. Evidentemente sarò in torto io perchè non sono stato in grado di attrezzarmi per questa corsa verso l’abisso.

E se lei fosse ancora in campo, mi dice due o tre cose dalle quali ripartirebbe immediatamente?
Guardi, quando c’è una città nelle condizioni tecniche attuali con un default del quale si parla sempre, quando c’è una città commissariata: tutte queste cose hanno un’attività “transeunte”, che solo dopo ci farà capire quali strumenti avremo per intervenire.

Cambiamo fronte. Mi dà un parere su quelli che sono questi primi mesi del Governo Meloni?
C’è una favola antica, che veniva ripetuta sempre quando eravamo ragazzini.
E’ quella del padre e del figlio che si comprano, con i soldi che gli erano rimasti, un asino che sarebbe servito per coltivare l’orto che era lontano. Si avviano verso il campo con l’anziano genitore a cavallo dell’asino e il ragazzo che segue. Viene fatto notare che il ragazzo che è gracile va a piedi ed il genitore che è robusto e forte sull’asino: allora cambiano, il ragazzo sull’asino e il genitore a piedi.
A quel punto, un altro passante dice al ragazzo: “Ma come, tu che dovresti essere pieno di energie lasci tuo padre a piedi?”. Cambiano di nuovo: tutti e due sull’asino. Un altro passante: “Ma non lo vedete che l’animale si sta piegando? Abbiate pietà”.
A quel punto, scendono tutti e due.
Arriva il quarto passante che li vede e dice a entrambi: “Ma chi vu accattastuvu a fari l’asino?”.

La favola riguarda il Governo?
La favola riguarda la situazione di oggi dove qualunque cosa fai, non va bene. La tragedia in questo Paese è una: quella che non c’è opposizione. C’è un’opposizione frastagliata in cui tutti dicono una cosa e tutti la negano. Non c’è un piano organico, ci sono solo attacchi: ma, invece, servirebbe un’alternativa a risolvere i problemi.
Io vedo un Presidente Meloni che sta provando a riparare a destra e a manca a tutti i problemi dove la coperta è sempre corta. C’è un moltiplicatore di problemi che fa spavento.
Questo è un Governo che ha chiesto di essere messo alla prova per cinque anni: eppure in appena poche settimane si pretende che tutto quello che i critici di oggi non sono riusciti a fare, nascondendosi dietro Mario Draghi, venga risolto tutto.
Il Governo è partito bene in una fase non idilliaca. E da parte degli avversari sarebbe stato più giusto dire: “Sei in un letto d’ospedale, cooperiamo. Quando starai meglio riprenderemo a fare a botte”.
Non ci si può accanire contro chi ha trovato questi problemi: ed a farlo sono proprio coloro che i problemi li hanno prodotti.
E’ una follia.

Lei ci si ritroverebbe nel contesto di oggi?
L’unica certezza sarebbe stata quella di rimanere me stesso.
Oggi ci troviamo di fronte ad una sorta di rissa permanente dettata dall’odio. Questo è mondo impazzito. Io ho fatto opposizione per una vita: per trentaquattro anni. E l’ho fatta sempre proponendo un’alternativa fattibile.

Mi dice come ha vissuto quella che è stata la destituzione di Nello Musumeci da presidente della Regione?
Male. Male perchè Musumeci si è dimostrato all’altezza di tutto. Gli hanno rimproverato il carattere: ma Musumeci non cercava di essere lo sposo ideale. Cercava di essere il Presidente che ha dimostrato di saper essere.

E’ capitato di sentirvi in quei giorni?
No. Non era mia intenzione disturbarlo. In una situazione del genere cosa avrei potuto dirgli? Esprimergli solidarietà?
La solidarietà si dà agli sconfitti. Mentre lui è ancora in campo.

Facciamo finta di essere a giugno. Si è appena votato. Che cambia per Catania?
Sovvertirei la domanda.

Prego.
C’è una gara di centro metri. E in questa gara si deve correre bendati: io dico solo che non parteciperei. Perchè correndo bendati si finisce in una buca. In un palo.
Io farei in modo di avere in mano tutti gli strumenti possibili per comprendere come affrontare e vincere la gara che si ha davanti.
Tutto questo oggi non c’è. E non c’è anche perchè tutti i nomi che circolano, l’indomani scompaiono.
Questo è diventato ormai un teatrino impazzito.


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