A prescindere dal naturale cordoglio e dalla sacrosanta stima di tutti, politicamente vicini e lontani, con la morte di Enzo Trantino si celebra, con dolore, l’addio a un padre.
I padri sono padri e dunque riconoscibili, a prescindere dalle inclinazioni politiche, per una specifica qualità: hanno una impronta etica, una capacità di formazione che va perfino oltre i figli avuti in dote.
E non conta nemmeno il lavoro, né conta la posizione sociale. Che siano astronauti, onorevoli, controllori di volo, saranno essenzialmente padri.
Che Enzo Trantino fosse, con il resto, anche, soprattutto, un padre, lo testimonia il dolore semplice di tanti che si sentono orfani. Nella sua comunità e in altre.
Lo dice la sua stessa fisionomia paterna, con la generosità di chi ha offerto se stesso, non pensando al credito, ma alla semina.
Un padre lo riconosci dalla postura che è un miscuglio di autorevolezza e ironia. Un padre non dimentica mai che è stato figlio, prima di essere padre.
Un padre sa che non potrà evitare gli errori dei figli, semmai dovrà avere pronto un insegnamento concreto, per evitare il loro ripetersi.
Un figlio sa che, quando suo padre chiuderà gli occhi, che siano quaranta o novant’anni, suonerà identico il rimpianto per il cammino percorso insieme.
Qualche tempo fa Enrico Trantino, sindaco di Catania, figlio di Enzo, riferendosi a lui, scriveva sui social: “Ogni sera gli racconto cosa ho fatto, e nei suoi occhi vedo molto più di quanto non ascolti già dalle sue parole”.
Sono le storie di vita che restituisci, dopo averle ricevute. Sono gli occhi che incroci con i tuoi, temendo il commiato. Sono i sogni che ti furono donati un giorno. Poi c’è il distacco. Ma un figlio non smetterà mai di sognare suo padre, nei giorni che verranno.