Email agli studenti per le elezioni| Chiesti sei anni per l'ex rettore - Live Sicilia

Email agli studenti per le elezioni| Chiesti sei anni per l’ex rettore

Tutte le richieste di pena.

CATANIA – Sei anni per l’ex rettore Antonino Recca. E’ questa una delle richieste di pena avanzate dal Pm Raffaella Vinciguerra in occasione dell’ultima udienza del processo ribattezzato dai media “Mailgate”. Il procedimento vede imputati l’ex rettore e i dipendenti dell’università di Catania, Enrico Commis e Antonio Di Maria, con l’accusa di rivelazione e utilizzazione di notizie segrete per via delle mail elettorali inviate agli studenti in occasione delle scorse elezioni regionali. Il Pm ha inoltre chiesto la condanna a tre anni per Commis e due anni per Di Maria. L’avvocato di parte civile che difende l’Università di Catania, Giovanni Grasso, ha invece chiesto una misura risarcitoria di 100.000 euro all’ex rettore Antonino Recca (presente in aula) e al Di Maria.

LA REQUISITORIA – Il Pubblico Ministero ha ripercorso le tappe della vicenda, nata dalla denuncia di alcuni studenti che si erano visti recapitare delle mail elettorali dall’indirizzo di posta elettronica dell’Università. L’invito al voto era rivolto in favore della candidata Maria Elena Grassi, moglie di Antonio Di Maria, candidata nell’Udc in occasione delle elezioni regionali di cinque anni fa. Le mail, ha ricordato il Pm, erano state inviate esclusivamente a studenti residenti in provincia di Catania che potevano dunque votare la candidata. Durante la requisitoria il Pm ha passato in rassegna i momenti salienti del processo, dalle ricostruzioni della polizia postale alle testimonianze dei protagonisti passando per la registrazione nascosta effettuata dal figlio di Antonio Di Maria, Daniele, al quale l’ex rettore avrebbe chiesto di assumersi tutta la responsabilità dell’operazione. Il Pubblico Ministero, a più riprese, ha anche condannato il comportamento “da circolo politico” tenuto dal rettore in favore della candidata, sottolineando il grave danno di immagine istituzionale di tale condotta oltre che la perdita di fiducia da parte delle giovani generazioni. Da qui, parte la richiesta di una condanna a sei anni per il rettore accusato anche di “induzione a rendere dichiarazioni mendaci”, tre anni per Enrico Commis, due anni per Antonio Di Maria.

LA RICHIESTA DELL’AVVOCATO DI PARTE CIVILE – L’avvocato di parte civile che difende l’Università di Catania, Giovanni Grasso, ha invece chiesto una misura risarcitoria di 100.000 euro all’ex rettore Recca e al Di Maria sottolineando che lo scopo ultimo dell’operazione fosse di risparmiare del denaro in campagna elettorale e “il danno d’immagine per l’Università”. Grasso ha invece escluso che il dipendente Commis sia responsabile della vicenda perché non ci sarebbero elementi sufficienti a decretarne le responsabilità.

LE ARRINGHE DELLA DIFESA – Il legale di Antonio Di Maria, Walter Rapisarda, ha chiesto l’assoluzione per il proprio assistito perché il fatto non costituisce reato. Il legale, infatti, ha cercato di dimostrare la fragilità dell’impianto accusatorio e del reato contestato in riferimento a una mailing list di indirizzi di posta elettronica perché “non sempre ciò che è riservato è segreto”, in altre parole gli indirizzi sarebbero atti riservati ma non paragonabili a segreti d’ufficio. L’avvocato Goffredo D’Antona che difende Commis ha sottolineato il fatto che la parte civile non consideri Commis responsabile nella vicenda e ha ribadito che la creazione della mailing list da parte del suo assistito vada interpretata come l’esecuzione di un ordina da parte dei suoi superiori e non come un’azione consapevole sottolineando l’estraneità di Enrico Commis che non è presente in occasione della conversazione registrata da Daniele Di Maria. “E’ estraneo alla vicenda e chiedo l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato”, ha detto in aula il legale. Il difensore dell’ex rettore, l’avvocato Tommaso Tamburino, ha posto l’accento sulla frase del suo assistito nella famosa registrazione asserendo che si “è trattato di una ragazzata” comunque pagata da Recca che per questa storia si è dimesso sei mesi prima della scadenza del proprio mandato da rettore dell’Università di Catania. Il 23 gennaio si attendono le repliche del Pm e la sentenza.

 


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