CATANIA – Una pura casualità li ha fatti ritrovare in una delle aule del palazzo di giustizia di piazza Verga, passati quattro anni esatti dalla concitata giornata in cui fu sgomberato dalle forze dell’ordine il centro di aggregazione sociale “Experia”, nel quartiere Antico Corso di Catania. Sul banco degli imputati sono finiti otto attivisti, tra cui Emanuele Feltri (vittima in estate di presunte intimidazioni mafiose nel suo agro nella valle del Simeto), che a vario titolo sono accusati di resistenza a pubblico ufficiale, istigazione a delinquere e travisamento, accusa, quest’ultima, che viene contestata per aver utilizzato dei caschi durante il presidio a difesa della struttura al civico 782 di via Plebiscito. A costituirsi come parti offese sono stati invece funzionari e dirigenti delle forze dell’ordine che operarono il 30 ottobre 2009. Tra di loro c’è anche l’ormai ex vicequestore Alfredo Anzalone.
L’udienza. Il processo ha subito un primo rinvio al prossimo 22 gennaio per un vizio di notifica. Prodotti al fascicolo dal Pm titolare dell’accusa Alessandra Tasciotti, un dvd della Digos, un’ordinanza di servizio relativa all’attività di sgombero e una nota redatta dal servizio di manutenzione del Comune di Catania. Per le difese, rappresentate in aula dagli avvocati Montalto, Martello e Giammona, oltre alla richiesta di controesame dei testi indicati dall’accusa, sono stati prodotti un video e cinque articoli sulle reazioni, relative allo sgombero, da parte di esponenti della società civile e partiti politici. Salvo sorprese, il dibattimento entrerà nel vivo già dalla prossima udienza. Ad essere sottoposti ad esame, davanti il Presidente del collegio Carmen La Rosa, saranno alcuni testi della Questura di Catania, tra cui la dirigente della Polizia Marilina Giaquinta.
La mobilitazione. In mattinata gli attivisti finiti a processo, in prossimità del palazzo di Giustizia, hanno raccolto la solidarietà di ex occupanti e simpatizzanti che hanno affisso uno striscione con la scritta “Dopo i manganelli il tribunale. Le lotte non si processano”. Nell’attesa di conoscere lo sviluppo giudiziario della vicenda, l’ex centro sociale è ancora sigillato con le inferriate che vennero saldate per evitare nuovamente l’ingresso da parte degli occupanti.
Sul futuro della struttura permane però una profonda incertezza. Entro la fine del 2010 era stata inizialmente prevista, dall’allora sovraintendente ai beni culturali Gesualdo Campo, la realizzazione, con una spesa di 500 mila euro, di un teatro per l’ERSU (Ente Regionale per il diritto allo studio), il bando per l’affidamento dei lavori tuttavia è stato presentato soltanto lo scorso 9 agosto, e la cifra si è alzata a dismisura arrivando a ben oltre 2 milioni di euro.