MESSINA. Sono 20 gli anni e 8 i mesi inflitti complessivamente dal Gup di Messina Monica Marino ai cinque imputati del processo con rito abbreviato per associazione a delinquere finalizzata alle truffe assicurative. Poco più della metà degli anni richiesti dalla Procura peloritana. La condanna più severa, 6 anni, è per il giarrese Lucio Parisi, considerato dall’accusa il deus ex machina dell’organizzazione criminale capace di mettere in piedi un numero impressionante di falsi sinistri, ottenendo, in alcuni casi, anche 40mila euro di risarcimenti danni dalle compagnie assicurative per ogni singolo incidente. Il Gup ha concesso al 55enne, rinchiuso in carcere dallo scorso luglio, le circostanti attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle aggravanti contestate dalla Procura.
Sono 5 gli anni di carcere inflitti al medico di Calatabiano Rosario Genati, dipendente dell’ospedale San Vincenzo di Taormina. Per l’uomo, accusato di aver fornito al sodalizio falsi referti medici, il pubblico ministero aveva chiesto una condanna esemplare a 14 anni. Il Gup ha concesso al medico le attenuanti generiche, ritenute prevalenti rispetto alle aggravanti contestate.
Stessa pena per Salvatore Moschella, di Taormina, e Massimo Donato, di Gaggi, il primo accusato di aver vestito i panni di testimone o conducente dei mezzi nei falsi sinistri, ed il secondo di aver reclutato i soggetti da coinvolgere negli incidenti. Entrambi sono stati condannati a 3 anni e 4 mesi.
Inflitti, infine, tre anni al giarrese Carmelo Compagnino, per l’accusa a servizio dell’organizzazione per il disbrigo delle pratiche.
LE REAZIONI. Parzialmente soddisfatti dalla sentenza i legali della difesa. “Siamo soddisfatti perché abbiamo dimezzato le richieste di condanna del pm – dichiarano Enzo Trantino e Ivan Albo, difensori di fiducia di Lucio Parisi – ma è ancora troppo alta la pena rispetto ai fatti accertati e al comportamento processuale del Parisi”. Anche il difensore di Genati commenta la sentenza del Gup. “Una sentenza che per essere valutata appieno necessita della conoscenza dell’apparato motivazionale – dichiara Ernesto Pino – ma che sin da ora brilla per una concreta ed effettiva commisurazione tra intensità del comportamento antigiuridico del mio assistito e pena inflitta. Tale merito – prosegue il legale – è maggiore se si fa mente alle richieste di pena dell’accusa, di certo sproporzionate rispetto all’assoluta incensuratezza ed al passato del dottor Genati, costellato – conclude Pino – da successi professionali e diuturni sacrifici tutti finalizzati a salvare vite umane”.