PALERMO – Gli affari andavano a gonfie vele. Il re delle scommesse di Palermo si era concesso un capriccio da un milione di euro. Tanto valeva, per stessa ammissione di Salvatore Rubino, la villa di Favignana (FOTOGALLERY), tra i beni finiti sotto sequestro l’anno scorso su richiesta dei pubblici ministeri Dario Scaletta, Maria Pia Ticino e Amelia Luise.
Rubino oggi è stato condannato a 10 in primo grado. Il provvedimento di sequestro raggiunse non solo Rubino, ma anche Francesco Paolo Maniscalco, già condannato per mafia e uomo dai mille interessi economici fra Palermo e Roma, Vincenzo Fiore e Christian Tortora.
Rubino fino al suo arresto era un imprenditore rampante che acquisiva concessioni e agenzie. Poi sono arrivate le indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo a svelare cche dietro la sua scalata ci sarebbero stati capitali mafiosi.
Tutto inizia nel 2008 con la creazione della società “Bet for Bet”. È il primo passo per fare il salto di qualità. La mafia non si accontenta dell’apertura di singole agenzie di scommesse, ma vuole aggiudicarsi le concessioni messe a bando dallo Stato. Ci riuscirà.
Al business delle scommesse erano interessati, in maniera più o meno diretta, personaggi dei mandamenti mafiosi Porta Nuova, Pagliarelli, Brancaccio, Noce e Santa Maria di Gesù. Il 50% della “Bet for Bet” era detenuto da Salvatore Rubino.
Le indagini sulla villa sono indicativa del modus operandi dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria. Gli investigatori hanno spulciato una serie di atti amministrativi per scoprire che tra il 1999 e il 2020 sono state apportate una serie di migliorie che hanno ampliato la proprietà immobiliare.
Non è un caso che Rubino, nel 2017 ne parlasse con Salvatore Sorrentino, soprannominato lo studentino, capo della famiglia del Villaggio Santa Rosalia e braccio destro di Settimo Mineo, boss di Pagliarelli arrestato con l’accusa di avere presieduto l’ultima cupola di Cosa nostra nel maggio 2018.
“A parte che Favignana oggi vale più di un milione se la ricordano forse ai tempi, 10 anni fa”, diceva Rubino. E così gli investigatori sono andati a ritroso nel tempo. Nel 1993 Rubino ha ottenuto la concessione edilizia e il permesso di costruire. L’immobile compare per la prima volta nel 2000 nei fotogrammi estrapolati dal “Geoportale nazionale”.
Allora era soltanto una piccola abitazione di campagna. Dal 2003 al 2010 la struttura si è ingrandita, ma i lavori più importanti sono stati realizzati negli anni successivi fino al 2020: ampliamento dell’edificio principale, costruzione di una nuova struttura abitativa e di un magazzino, abbellimento del giardino e parcheggio.
Che fosse Rubino a commissionare i lavori non ci sono dubbi visto che era lui stesso a chiamare il capo degli operai (“dobbiamo andare a Favignana… io avevo pensato di andarci giovedì mattina… ti faccio ricaricare la Postepay) e a spiegare di avere speso “27.000 di lavori, 2.300… il resto è tutto saldato”.
Secondo l’accusa, anche la casa di Favignana è stata costruita e ampliata con soldi delle scommesse. Un affare che fece giola ai mafiosi, tanto che i boss di diverse famiglie si unirono e fecero cartello.