Fedelissimi nelle mani del capo | È sempre la Sicilia dei commissari - Live Sicilia

Fedelissimi nelle mani del capo | È sempre la Sicilia dei commissari

Dalla Sanità alle Province agli enti regionali: scelti dal governo, sono utili per garantire potere e consenso. Come ai tempi di Lombardo.

PALERMO – Erano manager, ora sono commissari. E si aggiungono alla fila lunghissima, variopinta dipanata dal governo regionale lungo i viali che portano agli enti e alle istituzioni di Sicilia. Per i commissari della Sanità siciliana la giunta e la maggioranza di Rosario Crocetta hanno litigato, tirando la corda al limite della rottura. Hanno fermato le attività stesse dell’esecutivo, hanno brandito comunicati roventi. Tutto per questo o quel manager. Anzi, commissario. Quello di Agrigento non piace? Va al Cervello. Quello di Ragusa non soddisfa? Trasferito anche lui. Qualcun altro piace a chi dà le carte? Può restare dov’è.

Perché un commissario, molto spesso, è proprio quello. Una propaggine del potere, una “prolunga” verso il consenso. Da cercare anche e soprattutto lì, tra le pieghe del sottogoverno che assume, che garantisce consulenze, che si occupa di appalti. E l’inclinazione “commissariale” del governatore Crocetta ha persino superato quella apparentemente insuperabile del suo predecessore Raffaele Lombardo: anche il suo Mpa si reggeva sulle spalle dei commissari. A portare acqua al partito, a sostenere il potere del presidente.

Non a caso, uno dei pochissimi risultati portati a casa da altri commissari di Crocetta, quelli piazzati a guardia di ciò che resta delle Province siciliane, è stato proprio quello: entrare nel gioco dei tanti poteri di Sicilia. Nel Monopoli delle cariche che contano. Commissari scelti dal governo, quindi espressione di quello, impegnati (non sempre con successo, a dire il vero) nelle nomine all’interno degli aeroporti siciliani (è il caso del fallito tentativo di indicare Ornella Laneri alla Sac, società che gestisce lo scalo catanese). Lì dove far contare il proprio numero e il proprio nome. Insieme, magari, a quelli delle Camere di commercio, commissariate anche quelle. Tutti enti posti al di fuori della propria naturale autonomia, dentro il recinto di Palazzo d’Orleans. Dove ricevere indicazioni, e agire.

Fedeli, a volte fedelissimi. Nel senso di “già legati da rapporto fiduciario” a questo o quell’esponente di governo. Prendi uno degli enti che ha più scatenato ire e liti, polemiche e crociate antimafia: l’Irsap, che ha inglobato le vecchie aree industriali è nelle mani del commissario Mariagrazia Brandara, già segretario particolare della vicepresidente della Regione Mariella Lo Bello. È stata lei, dopo qualche breve e infruttuosa parentesi, a prendere il posto di un altro commissario: Alfonso Cicero. Considerato dallo stesso Crocetta, per anni, simbolo della lotta alla mafia. Almeno fino allo “strappo” della Confindustria siciliana che porterà Antonello Montante da un parte e Marco Venturi dall’altra. Il risultato? Dopo avere per anni indicato Cicero come “simbolo” della lotta per la pulizia nelle aree industriali, con la nuova “gestione” ecco che saltano fuori, tra i commissari scelti dal nuovo commissario, proprio alcuni dirigenti denunciati in quegli anni da Cicero, a braccetto con Crocetta. Vai a capirci qualcosa.

Ma un commissario torna sempre buono. Ne sanno qualcosa un po’ di assessori regionali. Quelli che si sono alternati all’Agricoltura, almeno, fino all’arrivo di Antonello Cracolici. Tutti d’accordo, i predecessori del deputato Pd, nel confermare una dozzina di volte lo straordinario commissario dell’Esa Francesco Calanna, ex deputato regionale non rieletto, ma vicino al senatore Beppe Lumia, animatore del Megafono sui Nebrodi, oggi ripescato nell’ufficio di gabinetto del neo assessore del Megafono Luigi Bosco. Un commissario torna sempre buono. Ne sa qualcosa un altro assessore come Vania Contrafatto che ha inviato i commissari a guidare alcuni Ato rifiuti siciliani: da nomi meno celebri di funzionari a quello più noto di Sonia Alfano. E ancora, prendi l’assessore con la valigia. Stando alle parole di Angelino Alfano, Carlo Vermiglio dovrebbe essere già da un po’ fuori da quella giunta che è il frutto di un “rapporto politico mai iniziato”. Insomma, orfano di padre politico, Vermiglio si è consolato con la nomina di un paio di consulenti e con l’immancabile commissario: Nunziello Anastasi, a capo del Parco archeologico di Naxos.

“La Sas è una società che dà tante consulenze. E sa chi ne riceve molte?” ha chiesto invece pochi giorni fa a Sala d’Ercole il deputato Giovanni Greco. La risposta è “il commissario dell’Aran”. L’ente è quello che si occupa del rinnovo dei contratti dei regionali siciliani. E il commissario in questione si chiama Claudio Alongi, marito del potentissimo Segretario regionale di Palazzo d’Orleans, Patrizia Monterosso.

È la Sicilia commissariata. Ovunque. E dove i commissari possono occuparsi un po’ di tutto. I capi di gabinetto del governatore (è il caso, pochi anni fa, di Giulio Guagliano) guidare l’ex Provincia di Caltanissetta (“Che così si sa a chi risponde” commentò candidamente Crocetta), gli ex dirigenti generali dividersi tra i ruoli di burocrate, commissario di Expo e di un’altra ex Provincia come Dario Cartabellotta, gli ex pm come Antonio Ingroia andare a dare una mano alle ricerche del latitane Messina Denaro a capo dell’ex Provincia di Trapani. Perché un commissario torna buono sempre. In una Sicilia senza pace, c’è almeno questa certezza. Era così con Raffaele Lombardo, è così con Rosario Crocetta.

 

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