27 Dicembre 2015, 19:14
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San Giovanni La Punta – Giordana adorava il flamenco. Come la maggior parte delle bambine ammaliate da mezze punte e tutù, il suo viaggio nel mondo del ballo era cominciato a cinque anni con la danza classica per poi proseguire con quella moderna, contemporanea e funky. Da quel momento non si era più allontanata da quell’universo se non durante i nove mesi di gravidanza. Nei giorni di relax si dilettava in cucina a preparare dolci e i suoi colori preferiti erano il rosso e il nero. Laura, invece, andava pazza per i cavalli, la sua cameretta era piena di peluche e da grande sognava di diventare veterinario. Non si stancava mai di mangiare pizza e preferiva indossare t-shirt rosse e fucsia. Giordana 20enne e con una bimba da proteggere, Laura 11enne e con una vita da scoprire. Nicolosi da un lato, San Giovanni La Punta dall’altro. Due storie apparentemente lontane ma vicine più che mai. Destinate ad intrecciarsi per un fatale destino. Entrambe vittime di violenza. Una violenza brutale commessa da chi diceva di amarle. Sia che si tratti di un ex compagno, sia che si tratti di un padre. “Il femminicidio – esordisce Simone Coco, dirigente dell’associazione “Dragonesi senza frontiere” – non ha confini geografici, né colore di pelle o interessi politici. È come la febbre: prima o poi colpisce tutti, non soltanto chi perde la vita ma anche chi è costretto a convivere con il dolore per aver perso una persona cara così ingiustamente”. Sono questi i motivi che hanno indotto l’associazione nata a San Giovanni La Punta sei anni fa ad organizzare “Non chiamarlo amore”. Una manifestazione volta a sensibilizzare, ancora una volta, sulla violenza di genere. Perché di strada da percorrere ce n’è tanta. “Sul tema – chiarisce Coco – purtroppo permane troppa indifferenza che va a braccetto con la paura e l’omertà. Mi riferisco, in primis, al mondo delle istituzioni ancora troppo sorde nei confronti di questa grave problematica. In questi anni ci siamo scontrati con quella parte della città che ha preferito chiudersi nel silenzio e con chi ha dichiarato apertamente che la morte di Lalla, essendosi consumata tra le mura domestiche, è giusto che rimanga lontana dalla collettività”. Atteggiamenti che invece di demoralizzare “Dragonesi senza frontiere” hanno prodotto una marcia in più. “Se da un lato molti sembrano totalmente indifferenti – spiega il dirigente dell’associazione – dall’altro il sostegno degli alunni e dei docenti dell’istituto comprensivo “Falcone” di San Giovanni La Punta ci fa ben sperare in un futuro migliore e collaborativo. Sono numerose, inoltre, le donne legate alla vita amministrativa cittadina che hanno deciso di ‘metterci la faccia’: mi riferisco ad alcuni consiglieri comunali, assessori e al vicesindaco della nostra città. Un grazie di vero cuore va soprattutto a Giovanna Zizzo, mamma della piccola Lalla, e a Vera Squatrito, madre di Giordana, che non finiranno mai di lottare affinché sia fatta giustizia per le loro figlie”. Sul gruppo Facebook “Giustizia per Giordana” la mamma della 20enne sensibilizza con parole forti e decise gli utenti a firmare una petizione: “Diamo voce a Giordy e a Lauretta, uccise da chi diceva di amarle. Non stiamo in silenzio, non dimentichiamo, non facciamo finta che non sia accaduto nulla. Proteggiamo chi è ancora in vita, diamo un segnale chiaro a questa Italia che tutela gli assassini con sconti di pena assurde e ingiuste. Diamo loro l’adeguata pena: carcere a vita per chi commette un femminicidio, l’esistenza di una donna vale quanto tutta la vita in carcere dell’assassino”. E ad aprire “Non chiamarlo Amore” è stato uno spettacolo di danza in siciliano, con la rielaborazione delle coreografie realizzate prima di morire da Giordana. Le iniziative di sensibilizzazione, comunque, non finiscono certo a Natale. In programma per il nuovo anno vi è “Una rosa per non dimenticare”, un’altra occasione per dire alle istituzioni “svegliatevi dal lacerante torpore dell’indifferenza”.
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27 Dicembre 2015, 19:14