L'atto di accusa di Ferrandelli: | "Basta con l'attak alle poltrone" - Live Sicilia

L’atto di accusa di Ferrandelli: | “Basta con l’attak alle poltrone”

"Rimetto il mio mandato nelle mani del segretario, questa recita non può continuare", attacca il deputato palermitano. "Agrigento? Una porcata, siamo diventati il partito dei pranzi. Su Muos e trivelle traditi gli elettori. Crocetta dice di non abbandonare la nave? La sta portando a sbattere"

L'intervista
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PALERMO – Un’esperienza ormai esaurita. Fabrizio Ferrandelli liquida così l’era Crocetta e questa legislatura. Il deputato regionale palermitano del Pd ha scritto nei giorni scorsi al segretario del partito Fausto Raciti mettendo nelle sue mani le sue dimissioni dall’Ars, auspicando che i compagni di partito facciano lo stesso. Ma ieri, nella riunione del gruppo dem, nessuno ha condiviso la sua scelta, che è stata anzi apertamente criticata. Pochi minuti dopo la fine di quella riunione la maggioranza è andata sotto in Aula, col ddl sui liberi consorzi impallinato dai franchi tiratori (e dalle assenze).

Onorevole Ferrandelli, la sua proposta non ha fatto proseliti nel Pd. Se lo aspettava?

“La cosa imbarazzante è che dopo una riunione di cinque ore ieri arriviamo in Aula. E dopo che si è negato l’esame di realtà che ho proposto, dopo neanche tre minuti, bum! Si va sotto. E allora io dico: possiamo continuare questa recita per la quale il problema non si pone?”.

Lei ieri ha detto ai suoi compagni di partito che la maggioranza non c’è più?

“Ho ribadito le motivazioni della mia lettera: è finita l’esperienza Crocetta e bisogna prepararsi per il dopo. E ho argomentato questo pensiero. Ho messo le mie dimissioni sul piatto. Se poi vogliamo fare il gioco di chi fa finta di non capire…”.

Qualcuno ha detto che sarebbe un errore staccare la spina al governo.

“Questo è l’attak alla poltrona… Basta guardare la Finanziaria. Il problema non è quanti soldi ci dà Roma, ma qual è la visione di governo che il Partito democratico ha in Sicilia. Quello che viene fuori è un calcolo ragionieristico per il quale non serve la politica. Non c’è. E non ci sarà. Ieri si parlava del riordino delle società controllate della Regione, ma con quale visione? Quali sono i fini? I criteri sono la vicinanza di qualche dirigente di una partecipata? Non c’è una visione”.

E così le sue dimissioni restano sulla carta…

“Se non si è capaci di azioni corali, valgono le azioni individuali. Io ho fatto la mia parte. Quando qualcosa non va, io parlo, così come ho fatto per Agrigento. Ho subito detto che era una porcata e loro erano convinti di fare un’operazione politica.Viene fuori la visione di un gruppo dirigente che ormai è superato e consumato”.

Ad Agrigento alla fine si è cercato di scaricare mediaticamente il peso del pasticcio su Zambuto?

“Quando ad Agrigento cinque parlamentari portano 800 voti alle primarie c’è un problema di classe dirigente. A me non convinceva l’alleanza. Per me erano suonati tutti. Zambuto è stato il caso più esplicito ma tutti hanno partecipato alle primarie. E si facevano i pranzi. Questo è un partito che va avanti a pranzi. È l’alleanza dei pranzi. Il patto dei ricci, il patto dell’orata… ma siamo alla frutta”.

Insomma, vecchio e nuovo Pd, tutti responsabili secondo lei?

“Zambuto è il punto di riferimento del gruppo dirigente dei renziani, o almeno avrebbe dovuto esserlo. Tant’è che i renziani di Agrigento cercavano voce per esprimere il proprio dissenso. Così come io esprimevo il mio. Quando è nato il Crocetta ter abbiamo provato il massaggio cardiaco per ritrovare l’unità del partito. Ma l’accordo era finito dopo tre giorni”.

Anche al congresso si cercò un’unità con la convergenza su Raciti, ma anche in quel caso l’unità durò poco…

“Anche in quella occasione l’unica voce critica sulla segreteria fu la mia. Quando le cose nascono in laboratorio, vengono fuori gli esperimenti sulle cavie. Ma tutto questo mi dispiace. Perché mi dispiace prendere gli impegni con i no Muos in campagna elettorale e poi fare le battaglie da solo con i grillini. Stessa cosa per le trivellazioni e per gli impegni che avevamo assunto in campagna elettorale. Io non sono molto contento di questa esperienza perché mi ritengo coerente”.

Ha pensato di lasciare il partito?

“No, anzi, io penso che questo partito deve dare le risposte ma deve sincronizzarsi con la voglia di cambiamento. Non può essere un partito che apre le porte al centrodestra e manda via a calci i nostri militanti”.

Si sente sempre renziano?

“Ho votato convintamente Renzi al congresso. Ma questo non significa appartenere al pensiero unico di qualcuno che si definisce renziano. Ottomila siciliani hanno scelto il mio nome, la politica è rappresentanza, non adesione alle scelte di qualcun altro. La mia libertà sarà la garanzia del non tradimento del voto. Come quando ho fatto la battaglia contro le trivellazioni”.

Ma se adesso il Pd staccasse la spina a Crocetta, non pagherebbe un conto comunque?

“Più andiamo avanti più pagheremo il conto, per la complicità a una situazione insostenibile. Il Pd però può raccogliere tante istanze e può essere una risposta alla crisi. Certo la risposta a un problema non può venire da chi l’ha creato”.

Parla del centrodestra?

“Sì, assolutamente. Crocetta è quello che è, ma non possiamo scordarci i guasti da dove arrivano”.

Su chi dovrebbe puntare il centrosinistra per il dopo Crocetta?

“Sicuramente su un uomo del Pd”.

Idee?

“Credo che dovrebbe decidere il nostro popolo. Abbiamo risorse, energie per poter esprimere un governo autorevole. E direi anche finalmente. Ma esiste solo un modo, quello della consequenzialità dei gesti. Io rimetto il mio mandato nelle mani del segretario, è un’assunzione di responsabilità. Bisogna chiedere a tutti di essere consequenziali. Per preservare la fiducia degli elettori”.

Crocetta dice che chi vuole scappare è un vigliacco.

“Per usare la sua metafora della nave che non si abbandona: lui non vuole abbandonarla ma se comprendi che sul ponte di comando c’è un uomo solo che non comprende che sta andando a sbattere anche se tutti glielo dicono, è una sua scelta. Tu hai il dovere di salvare i passeggeri e l’equipaggio, che sono i siciliani”.


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