“Ho pensato di rapire e uccidere Giulia Cecchettin che lo voleva lasciare mentre volevo stare ancora con lei”. Così Filippo Turetta, per la prima volta, ha ricostruito il delitto nell’aula del processo a Venezia, ammettendo la premeditazione.
Un delitto maturato nella mente dell’assassino già un anno prima di essere commesso. Fino all’epilogo della sera dell’11 novembre scorso con l’appuntamento al commerciale di Marghera, l’aggressione a Vigonovo nel parcheggio vicino alla casa di lei e lo spostamento in auto a Fossò.
Un racconto lucido e drammatico del reo confesso: “Lei urlava e l’ho colpita ancora”. Nascose il corpo perché “volevo evitare che venisse visto com’era ridotto”.
Turetta ha ammesso in aula di aver detto “una serie di bugie” nel primo interrogatorio. Ad assistere al racconto, a poca distanza, guardandolo negli occhi, c’era il padre della giovane vittima, Gino Cecchettin che alla dell’udienza ha dichiarato: ‘Il momento più doloroso è stato sapere cosa ha attraversato mia figlia negli ultimi momenti della sua vita”.