PALERMO – L’autorizzazione del giudice a conferire un incarico da 371 mila euro sarebbe stata falsificata. Le firme e i timbri copiati e incollati da altri atti giudiziari. Così emerge da una perizia di parte. C’è un’inchiesta a Caltanissetta che riguarda un’amministrazione giudiziaria gestita da Andrea Modica De Mohac. Nel gennaio 2019 sarebbe stato spedito un avviso di proroga delle indagini. Da allora è calato il silenzio sull’intera vicenda, ma la storia è saltata fuori in un contesto giudiziario collegato.
Nel mesi scorsi il Tribunale civile ha condannato in primo grado Modica De Mohac a risarcire i danni all’impresa Tosa Costruzioni, nel frattempo passata sotto la gestione dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati.
La parcella è stata liquidata a un commercialista indicato dai giudici come cognato di Modica de Mohac (che sul punto smentisce categoricamente la parentela). In realtà sarebbe cognato del fratello.
Parentela a parte il dato certo è che il giudice civile nella sentenza scrive che “l’incarico non risulta autorizzato dall’autorità giudiziaria competente”. O meglio ”la difesa del convenuto, infatti, dopo avere depositato copia di un provvedimento autorizzativo a firma del giudice delegato, a seguito della querela di falso presentata da parte attrice, ha dichiarato di non volersi avvalere del documento”.
Modica De Mohac, dunque, dopo la denuncia di falso dell’Agenzia dei beni confiscati ha deciso di non utilizzare il documento a sua firma che risulta depositato in Tribunale l’8 dicembre 2006. Lo stesso documento è finito sotto osservazione dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo che ha raccolto la denuncia dell’amministrazione giudiziaria subentrata a Modica De Mohac e ha consegnato nel 2018 un’informativa ai pm nisseni.
L’autorizzazione relativa all’incarico risultava firmata il 3 marzo 2007 dall’allora presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo Cesare Vincenti, tragicamente scomparso. Un particolare è saltato subito alla vista: nel testo dell’istanza si faceva riferimento, nel 2006, alle competenze che il professionista aveva acquisito nella gestione per conto della Tosa, tra il 1999 e il 2011, di una società confiscata ai fratelli Cavallotti di Belmonte Mezzagno. Si tratta della Comest che era stata acquistata dalla Tosa, subentrata nella gestione delle reti del gas nei comuni di Sciara, Chiaramonte Gulfi, Acate, Floresta, Tortorici e Santa Lucia del Mela.
Com’è possibile che in un’istanza del 2006 si facesse riferimento a fatti del 2011? La nuova amministrazione giudiziaria è andata oltre e ha chiesto nel 2019 una consulenza grafologica. La conclusione conferma ciò che sembra chiaro anche a occhio nudo: firme e timbri sarebbero stati falsificati. Per la precisione, ritagliati da altri documenti originali e apposti sulla nuova istanza.
Modica De Mohac, tramite i suoi legali, ha fatto avere una articolata nota a Livesicilia: “Per ciò che riguarda il documento dichiaro di esser estraneo ad ogni ipotesi di sua eventuale falsificazione. E’ evidente che se fossi stato al corrente che il documento potesse essere ritenuto falso non lo avrei prodotto in giudizio in quanto tale situazione sarebbe potuto emergere in qualsiasi momento e, comunque, il documento (‘l’autorizzazione’) è del tutto ininfluente per le determinazioni del giudizio poiché l’autorizzazione del Giudice non era necessaria, a maggior ragione se si tiene conto del fatto che – al contrario di quanto falsamente sostenuto da controparte – il dottore Migliore non è mio cognato, come può evincersi peraltro dal mio certificato di matrimonio”.
La nota di Modica de Mohac è molto più ampia e spazia dal caso Tosa e dalla necessità di avvalersi di un esperto per la mole di lavoro da svolgere, alla gestione della procedura Cavallotti, contestando la ricostruzione secondo cui “al momento della mia immissione in possesso il valore del patrimonio oggetto di sequestro fosse miliardario e che al momento della mia sostituzione con l’avvocato Andrea Aiello il valore del suddetto patrimonio fosse sostanzialmente azzerato”.
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La vicenda va avanti sia in sede penale, dove si attende di sapere cosa farà la Procura di Caltanissetta, sia sede di misure di prevenzione. Della liquidazione del compenso si sta discutendo in fase di rendiconto davanti ai giudici che stanno verificando, conti alla mano, la gestione di Modica de Mohac poi passata all’Agenzia per i beni confiscati.