Francesco Cascio, la storia esemplare di una sconfitta

Francesco Cascio, la storia esemplare di una sconfitta

Da candidato sindaco a niente. E l'orizzonte concreto di chi ha perso.
IL PALAZZO-RITRATTI
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Il dottore Francesco Cascio è, appunto, un medico. La foto in fondo lo ritrae con il camice che è il suo attrezzo elettivo di lavoro. Ma di ‘elettivo’ – se il dottore passa la battuta – c’è soltanto quello. Le ultime notizie riferiscono che è Pietro Alongi il primo dei non eletti all’Ars. Di conseguenza: se Gianfranco Miccichè, in opposizione a se stesso (e non sarebbe la prima volta), decidesse di andare a Roma, il dottore Cascio non subentrerebbe a Palazzo dei Normanni e resterebbe, comunque, a bocca asciutta.

Il dottore, infatti, non l’ha presa per niente bene. Ecco le parole, caldo, riversate sul taccuino di LiveSicilia.it: “Nessuno mi ha garantito. Mi hanno chiesto di tornare in politica, dopo dieci anni di assenza, per la candidatura a sindaco di Palermo. Poi sappiamo come è finita. Sappiamo che ho favorito la vittoria di Lagalla con il mio ritiro, per il bene di tutti. Non mi pare che ci sia stato il benché minimo segnale di riconoscimento. Ecco, sì, sono amareggiato”. E uno potrebbe dire: embè?, ti è piaciuto il ritorno? Accettane i rischi. Né risulta obbligatorio chiedere un premio per una scelta che si presume ideale: lo specifichiamo genericamente.

Ma, infine, dopo la sacrosanta enunciazione di principio, c’è una storia di fotografie che riassume il cuore degli eventi. C’è l’antica foto dei manifesti elettorali, da aspirante primo cittadino, che a nulla servì, essendo la corsa per Palazzo delle Aquile terminata subito. Immagini reiterate nei pezzi di cronaca politica. Come i dinieghi. Cascio vicesindaco? Nisba. Cascio con un incarico? Ancora no. E lui che, placidamente, si sfogava: “La politica ce l’ho nel sangue, è un ideale, ma pure un vizio. Smetti di fumare e ricominci a farlo, dopo l’accensione di una sola sigaretta. Aveva ragione Rino Formica: la politica è sangue e merda e adesso nemmeno il sangue c’è più, ma è rimasto il resto”. E prima: “Io aspetto di sapere ufficialmente come finisce il film. C’era un impegno solenne sul fatto che io sarei diventato vicesindaco. Non lo sarò? Può essere tutto, conosco la politica. Ma non starò qui a prendere timpulate”

Ed ecco una delle ultime foto, con il presidente Renato Schifani, uno scatto da Facebook, nel giorno della proclamazione del suddetto governatore. Il dottore Cascio è lì accanto. Con un’aria di attesa, come uno che sente di appartenere a quel mondo, ma non sa più se quel mondo gli appartiene.

E già ci pare di cogliere qualche risatina di sottofondo, come il volume che si alza mentre scorre il nastro delle comiche. E già riverbera una definizione, nello spartito delle malelingue che non perdono mai, perché mai scendono in campo: ‘ingenuità’. Essere ingenui, nell’universo per cui la definizione cinica di Rino Formica non appare superata, è una colpa. Crederci ed evocare le suggestioni verosimilmente agitate, se non i patti, è una colpa. Perfino conservare una passione, con il suo carico normale di interesse, è una colpa. Quasi un odore che conduce all’esclusione. Ecco perché quella di Francesco Cascio, al momento, al netto di indicazioni assessoriali non impossibili, somiglia alla storia di una sconfitta esemplare. Che, forse, non riguarda soltanto il protagonista designato nei titoli di coda. (Roberto Puglisi)


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