PALERMO – Due anni fa gli crollò il mondo addosso. Lui, affidabile commesso della Procura di Palermo, arrestato con l’accusa di furto. Ora è uscito indenne dal processo. Vincenzo D’Amico, 60 anni, di cui trenta in servizio al Palazzo di giustizia, è stato assolto dopo essere finito ai domiciliari, sospeso per un periodo e trasferito d’ufficio.
Nel gennaio del 2011 sparisce il portafogli di un maresciallo dei carabinieri che lavora spalla a spalla con Lia Sava, pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia. Era conservato nella tasca della giacca del militare lasciata incustodita in segreteria. Gli investigatori risalgono a D’Amico, o almeno così credono, visionando le immagini che immortalano un uomo, con fare sospetto, davanti a un bancomat di via Libertà e poi in uno sportello di via Siracusa. È riuscito a prelevare 500 euro. A chiudere il cerchio investigativo arriva il riconoscimento da parte di un metronotte. In un confronto all’americana punta il dito contro D’Amico: è lui l’uomo del bancomat.
Nel corso del processo, però, le certezze del testimone hanno iniziato a scricchiolare, sollecitato dalle domande del legale della difesa, l’avvocato Filippo Gallina. Poi, si è scoperto che le immagini degli sportelli bancari erano state registrate in un orario diverso da quello reale. Insomma, non poteva essere D’Amico l’uomo dei prelievi. Da qui l’assoluzione. Resta un dubbio a questo punto: chi ha rubato il portafogli nell’ufficio della Procura?