PALERMO – Quando una sola storia, seppur degna di una favola, riesce ad unire quattro squadre tra club e nazionali, due nazioni e quattro città, vuol dire che qualcosa di straordinario è stato fatto. Questa storia ha radici allo stesso modo vicine e lontane nel tempo, con un evento di dieci anni fa che sembra essere vecchio di un’eternità, ma al tempo stesso davvero recente e fresco, nella mente e nel cuore di chi lo ha vissuto in prima persona, ma anche per chi si è semplicemente soffermato a vederlo.
Partiamo dalla prima città, Monaco di Baviera, e dalle due nazionali di cui sopra. Germania e Italia si affronteranno questa sera, per scrivere l’ennesimo capitolo di una rivalità lunga, duratura e ricca di situazioni straordinarie. Una di queste è stata persino insignita del titolo di “Partido del siglo”, la partita del secolo che per 92 minuti è stata agonica, ma che per la mezz’ora che ne è seguita è stata pazzesca, fino all’epilogo coinciso con il rigore in movimento con cui Rivera ha spiazzato Maier, dando agli azzurri l’accesso alla finale dei Mondiali di Messico 1970. Seguirà una finale, sempre iridata, in Spagna nel 1982 che vedrà sempre l’Italia al trionfo, ma il ricordo che riguarda la nostra storia è avvenuto proprio in Germania. Era il 4 luglio del 2006, quando un’altra semifinale mondiale molto combattuta e bloccata nel punteggio è giunta al minuto 118. I rigori sono ormai alle porte, quando gli azzurri guadagnano un calcio d’angolo: la difesa tedesca allontana, la palla arriva a Pirlo che ha il piede caldo ma preferisce l’assist. Fabio Grosso si gira di scatto, piazza un mancino velenoso, angolato e potente, sul quale Lehmann nulla può. È vantaggio Italia, rimpolpato in contropiede da Del Piero e che vale la finale, poi vinta contro la Francia per il quarto titolo azzurro.
Aver riportato alla luce l’episodio dal quale parte la nostra storia, ha consentito di far emergere il protagonista. Fabio Grosso, nei giorni precedenti a quella semifinale e a quel gol che gli ha regalato la gloria sportiva italiana e mondiale, aveva concluso la sua avventura a Palermo per avviarne una tra le fila dell’Inter. Erano i giorni in cui lo scandalo denominato Calciopoli era esploso in tutto il suo clamore, giudiziario e soprattutto mediatico. Ma al terzino romano, queste cose non interessavano: alle spalle c’erano tre anni bellissimi, dalla storica promozione in A al debutto in Coppa UEFA suo e della squadra di cui portava fieramente i colori, fino a indossare in alcune occasioni la fascia da capitano. Il presente si chiamava Germania 2006, il suo primo mondiale, e il futuro era dipinto di nerazzurro. Ma era difficile, quasi impossibile sperare di diventare il protagonista più celebrato in un gruppo composto da giocatori straordinari. E così, i vari Totti, Del Piero, Buffon e Cannavaro finirono in secondo piano, ponendo sul piedistallo un terzino con i piedi buoni, ma che in quei giorni diventò l’uomo della storia.
E fa quasi sorridere che il protagonista del nostro racconto, e l’evento che ne ha cambiato radicalmente la carriera, siano tornati a incrociarsi, 9 anni, 8 mesi e 25 giorni dopo. A distanza di poche ore, circa diciotto per la precisione, Italia e Germania si affronteranno per rinfrescare le statistiche di una rivalità storica, mentre Fabio Grosso tornerà a disputare una finale. Non più con maglia, pantaloncini e scarpette da calcio, ma con addosso una tuta e una nuova mansione, che si è costruito proprio grazie alle stagioni vissute sul campo. Fabio è l’allenatore della formazione Primavera della Juventus, che proverà a conquistare per la nona volta nella storia la Viareggio Cup. E visto che il destino sembra divertirsi nel proporre intrecci appassionanti, sarà proprio il Palermo a contendere ai bianconeri e al suo ex terzino il titolo più affascinante nel calcio giovanile internazionale. Il tutto, mentre nelle due nazioni in cui il nome “Grosso” era il più chiacchierato, nell’estate di dieci anni fa, si tornerà a parlare di un nuovo episodio di uno dei duelli più appassionanti della storia dello sport.