Le circostanze della morte di Alice ed Ellen Kessler, storiche icone dello spettacolo europeo, hanno riportato al centro del dibattito il tema del suicidio assistito. Le due gemelle, decedute il 17 novembre all’età di 89 anni, avrebbero scelto questa procedura, consentita in Germania in precise condizioni. Il loro caso offre l’occasione per confrontare il quadro normativo tedesco con quello italiano, dove la materia resta ancora priva di una legge organica.
Requisiti e limiti per accedere alla procedura in Germania
In Germania il suicidio assistito è consentito dal 2020, anno in cui la Corte Costituzionale ha annullato la norma che lo vietava, ritenendola incompatibile con il diritto dell’individuo a decidere autonomamente della propria morte. La stessa Corte ha chiarito che nessuno può essere costretto a fornire aiuto e che spetta al Parlamento definire un insieme di regole, ad oggi non ancora introdotte. Per accedere alla procedura è necessario dimostrare di agire in piena consapevolezza, essere maggiorenni e risultare giuridicamente capaci.
Chi presta assistenza non può però somministrare direttamente a un paziente una sostanza che provochi la morte, altrimenti si configurerebbe l’eutanasia attiva, tuttora illegale. Un gesto di questo tipo può essere punito con una condanna fino a cinque anni di reclusione. È invece consentita l’eutanasia passiva, cioè la possibilità per il malato di chiedere in modo esplicito, tramite una dichiarazione scritta o davanti a testimoni, l’interruzione dei trattamenti che ne prolungano artificialmente la vita.
Rientra tra le pratiche non punibili anche l’eutanasia indiretta, quando il decesso avviene come conseguenza dell’uso di farmaci molto potenti somministrati allo scopo di alleviare le sofferenze. Il suicidio assistito è ammesso a condizione che la persona intenzionata a porre fine alla propria esistenza sia in grado di assumere autonomamente la sostanza letale dopo aver ricevuto un supporto esterno nella preparazione della procedura. Nel 2024 in Germania sono stati registrati circa 10.300 suicidi, dei quali tra 1.000 e 1.200 riconducibili alla forma assistita.
Suicidio assistito in Italia tra vuoti normativi e casi simbolo
In Italia si discute da decenni del fine vita ma non c’è ancora una legge. Vicende come quella di Eluana Englaro, rimasta in stato vegetativo per 17 anni prima che i giudici autorizzassero l’interruzione dei trattamenti, hanno segnato profondamente l’opinione pubblica. A quella battaglia si deve l’introduzione delle Disposizioni anticipate di trattamento nel 2017, un passaggio arrivato dopo anni di confronti anche sul caso di Piergiorgio Welby e della sua opposizione all’accanimento terapeutico.
Un ulteriore punto di svolta è arrivato con la storia di Dj Fabo, tetraplegico dopo un incidente e morto in Svizzera nel 2017 attraverso il suicidio assistito. La sua vicenda, sostenuta pubblicamente da Marco Cappato, ha portato la Corte costituzionale a pronunciarsi nel 2019 stabilendo che non è punibile chi aiuta una persona a portare a termine il proprio proposito suicidario, a condizione che il malato sia perfettamente capace di autodeterminarsi, mantenuto in vita da trattamenti vitali e affetto da una patologia irreversibile che comporta sofferenze fisiche o psicologiche da lui reputate insopportabili.
La procedura prevista in Italia contempla la presentazione di una richiesta alla propria Asl. Una commissione medica valuta la situazione clinica e indica farmaco e modalità. Successivamente il dossier passa al comitato etico competente, che esprime un parere non vincolante. Solo dopo la conclusione dell’intero percorso, la persona può scegliere se e quando procedere.
I dati dell’Associazione Luca Coscioni
Sul fronte legislativo la situazione resta immobile. Una proposta di legge approvata alla Camera nel 2021 non ha mai completato l’iter in Senato. Il governo ha sollecitato una nuova iniziativa parlamentare, ma le posizioni tra i partiti continuano a essere molto distanti. Il ministro della Salute Orazio Schillaci ha ribadito che la decisione spetta al Parlamento, definendo la questione particolarmente sensibile.
I dati raccolti dall’Associazione Luca Coscioni indicano che finora sedici persone hanno ottenuto l’autorizzazione a procedere in Italia. Dodici hanno portato a termine la scelta, due hanno preferito rinunciare e due attendono ancora la conclusione dell’iter. Il numero delle richieste di informazioni è in aumento. Negli ultimi dodici mesi il Numero Bianco ha ricevuto oltre 16.000 contatti, con una media di 44 richieste al giorno e un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. Nelle scorse ore, il caso delle gemelle Kessler – morte insieme in Germania all’età di 89 anni – ha riacceso il dibattito.

