PALERMO – “I siciliani danno l’impressione di sopportare le presenze ingombranti della criminalità organizzata e del malaffare: forse è giunto il momento che comincino a uscire dal guscio”. Un accorato appello, quello del Prefetto di Palermo Umberto Postiglione che, dopo l’esperienza ad Agrigento, si trova a rappresentare il governo nazionale in un capoluogo ostaggio di problemi e vertenze, fra cui anche quella Gesip. “Problema risolto? Siamo sulla buona strada – commenta il Prefetto – la consortile permetterà di convogliare quanti hanno trovato una soluzione lavorativa nei bacini occupazionali, copiosamente ingigantiti negli anni”.
Partiamo dalla Gesip. Crocetta e Orlando hanno annunciato il raggiungimento di un accordo per tutti i cassintegrati siciliani, compresa la Gesip. Il problema è quindi risolto?
“Non siamo ancora all’ufficializzazione della soluzione alla quale hanno lavorato insieme il presidente Crocetta e il sindaco Orlando, ma siamo sicuramente sulla buona strada. Un’apertura limitata e in via del tutto straordinaria della cassa integrazione a favore dei lavoratori di una società pubblica può in questo momento risolvere problemi che appartengono a tutta la comunità palermitana. La conservazione anche della capacità di spesa di tante famiglie è una necessità dell’intera società. Mi auguro che si arrivi al più presto alla definizione del problema con la concessione dei pochi mesi di Cig richiesti”.
Il Comune punta alla costituzione di una società consortile. E’ una soluzione che la convince?
“Questo passaggio consentirebbe un più facile e meditato avvio della società consortile nella quale l’amministrazione intende far confluire tutte le società partecipate dal Comune. Su un bacino di oltre 9mila dipendenti, sarà più facile individuare per una consistente aliquota di personale percorsi tutelati di uscita dal lavoro”.
Lei è stato protagonista della vertenza la scorsa primavera, quando il Comune era guidato dal commissario Luisa Latella e il presidente della Regione era Raffaele Lombardo. Poi, con l’elezione di Orlando, sembrava sparito per ritornare sulla scena a settembre. Ci spiega cosa è successo?
“Sono stato protagonista perché è compito del prefetto seguire le situazioni così delicate come quella della Gesip, che presentano aspetti rilevanti sia sotto il profilo dell’occupazione che della tutela dell’ordine pubblico. Con l’amministrazione Cammarata la Gesip sembrava destinata a scomparire, atteso che non era stata inserita neppure quale voce di spesa nel bilancio. Successivamente con il commissario Latella sono stati tracciati i primi approssimativi percorsi per superare la seconda parte dell’anno, immaginando percorsi formativi per far confluire dal primo gennaio 2013 i dipendenti Gesip non pensionabili nelle altre partecipate comunali. Con l’elezione del sindaco Orlando, il mio ruolo è rimasto rispettosamente ai margini considerato che c’era una nuova amministrazione che doveva prima esaminare la situazione generale del Comune e poi provare ad impostare soluzioni immediate per i problemi più spinosi, tra i quali certamente c’era quello della Gesip. L’onorevole Orlando, eletto sindaco, ha attivato quale primo cittadino di una grande città contatti diretti con il governo ma non ha trascurato di informarmi sugli sviluppi che la vicenda stava avendo quando ha capito che per i profili di ordine e sicurezza pubblica era necessario che anche la prefettura avesse un ruolo”.
Ma secondo lei il mantenimento dell’ordine pubblico è stato usato come arma di ricatto nei confronti del governo nazionale?
“Io ho sempre parlato di 1800 famiglie, con il sindaco abbiamo trovato una sintonia su questa maniera di considerare non soltanto i volti dei lavoratori, più o meno arrabbiati, che ci chiedevano una soluzione, ma alle loro spalle abbiamo visto anche donne, giovani e bambini che aspettavano la stessa soluzione. Nessuno ha esasperato i contenuti di difficoltà, di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica che pure si manifestavano, ma l’accento è stato sempre posto sulla necessità di tutelare la fragilissima realtà palermitana e siciliana rispetto all’avvio di una catena di soluzioni negative per le crisi occupazionali, partendo proprio dalla Gesip. La società aveva indubbiamente la posizione più delicata fra le partecipate e questo ha costretto l’amministrazione ad un’approfondita riflessione che è approdata a questa soluzione del coinvolgimento in un unico destino di tutti coloro che hanno trovato una soluzione lavorativa nei bacini occupazionali, copiosamente ingigantiti negli anni nei quali i trasferimenti di risorse dallo Stato e dalla Regione erano più cospicui”.
Poco prima delle Regionali, la Digos ha sventato un presunto piano di alcuni dipendenti Gesip che volevano boicottare le elezioni. La preoccupa il clima che si è creato?
“Già in occasione delle elezioni comunali c’erano state delle voci sulla possibilità che gruppi di lavoratori della Gesip più esasperati potessero in qualche modo mettere in crisi il meccanismo elettorale nella fase degli adempimenti connessi all’espressione della volontà e alle verifiche dei risultati. Le stesse voci più insistenti si sono ripetute in occasione delle recenti consultazioni per il rinnovo degli organi regionali. La Digos è riuscita a dare contenuti più concreti a queste voci e a prevenire eventuali interferenze con le procedure e fortunatamente tutto si è risolto per il meglio. Ovviamente l’intervento della Questura ha riguardato soltanto alcuni soggetti collegati alla Gesip che si muovevano in maniera indipendente dalla grandissima parte dei lavoratori che hanno continuato ad avere fiducia, qualche volta solo speranza, nei tentativi posti in essere per risolvere la loro questione. In tutti questi mesi credo di essere riuscito a offrire a queste 1800 persone un punto di appoggio e un riferimento anche per dare sfogo ai timori, alle ansie e qualche volta anche alla disperazione. Non a caso, con grande meraviglia di chi conosce la realtà palermitana, quando al termine di un incontro con il presidente Lombardo uscii da Palazzo d’Orleans la mia macchina fu circondata da centinaia di dipendenti Gesip che volevano soltanto ringraziarmi e lo fecero con un applauso che diventò un caso, visto che era il primo applauso che i lavoratori facevano a un rappresentante delle istituzioni. C’è stato un altro momento dello stesso tipo quando recentemente, passando in corteo davanti alla Prefettura, i lavoratori si sono fermati per confermare il loro sentimento e hanno gridato uno slogan particolare che in qualche modo mi ha fatto sentire vicino ai problemi loro e della città. Mi hanno gridato ‘Umberto uno di noi’. Al di là della captatio benevolentiae che non manca mai nelle nostre realtà, credo che questo sia il segnale dell’esistenza di un reale rapporto di fiducia fra questi lavoratori in difficoltà e la Prefettura”.
Passiamo ai cortei degli studenti, che in questi giorni hanno bloccato Palermo, e alle occupazioni delle scuole. Che idea si è fatto di queste proteste?
“Ci sono due modi di guardare alle proteste degli studenti: inizialmente si è portati a pensare che si tratti di quelle manifestazioni che da sempre hanno caratterizzato la prima parte degli anni scolastici in Italia, abitualmente sfociate in occupazioni a conclusione dell’attività di protesta. Quest’anno credo che le proteste giovanili abbiano anche un contenuto nuovo rispetto a quelli espressi negli anni scorsi. C’è un mondo che si sta affacciando alla vita associata, uscendo pian piano dall’alveo delle famiglie, senza avere nessuna certezza e soprattutto senza intravedere neppure in lontananza percorsi che possano dare tranquillità e sicurezza. I giovani, in maniera acerba e com’è naturale che sia molto determinata e radicale, protestano per le condizioni della scuola e soprattutto per la mancanza di prospettive di lavoro. Indubbiamente entrambe le motivazioni sono in parte condivisibili, e quindi sarebbe quanto mai opportuno che il mondo degli adulti si rendesse conto della necessità di capovolgere certe impostazioni finora date ai valori all’interno della nostra società. Sentivo alla radio che è più che raddoppiato in Italia negli ultimi anni il numero dei trentacinquenni che ancora non hanno una famiglia e navigano in un mare di precarietà per quel che concerne il lavoro e il futuro. Credo che stiamo vivendo una crisi che presto ci porterà a riconsiderare le linee di intervento a favore dello sviluppo, con un’attenzione molto più decisa al ruolo che la scuola, l’università e i giovani devono essere chiamati a svolgere per recuperare il terreno perduto rispetto a quella parte del mondo occidentale che è riuscita, come la Germania e altri Paesi del Nord Europa, a mantenere il passo con i tempi e rsipetto a quei Paesi che abbiamo chiamato emergenti ma che ormai sono consolidate realtà economiche nel quadro planetario”.
In una classifica de “Il Sole 24 ore” che si basa su tenore di vita, affari e lavoro, servizi, ambiente e salute, ordine pubblico, Palermo si piazza al 99esimo su 107. E ha pure scalato tre posizioni. La situazione resta drammatica…
“Le classifiche de ‘Il Sole24 ore’ vengono stilate tenendo conto di una serie di indicatori che sono in grado di dare una valutazione complessiva dei livelli di benessere e vivibilità, con il risultato che ovviamente le grandi città del Meridione e buona parte dei capoluoghi siciliani si contendono gli ultimi posti. Palermo si è piazzata al 99esimo posto si 107 e ha scalato tre posizioni: è un piacere minimo quello che possiamo provare pensando a questo, perché se andiamo a verificare magari sono stati scalati rispetto ad altre città siciliane o del Sud. Quello che noi cittadini meridionali dobbiamo cercare di capire con chiarezza è che viviamo in realtà dove tutto sommato è sempre la democrazia a governare gli eventi, e non è certamente la democrazia rappresentativa quella di cui sto parlando. Gli amministratori regionali, provinciali e locali indubbiamente hanno un grande ruolo nella determinazione degli sviluppi della società, dell’impiego delle risorse, della scelta delle priorità negli interventi, ma alla fine sono i comportamenti dei singoli cittadini che sommandosi insieme determinano il risultato complessivo che esprime una società. La democrazia in questo senso vince sempre, la scelta dei cittadini è quotidiana e non ha bisogno di una cabina elettorale per manifestarsi. Quando ci convinceremo che il principale ostacolo allo sviluppo di una società intelligente e capace di progredire è quella accanita furbizia con la quale buona parte di noi ogni giorno affronta la vita, riempiendo il nostro mondo di un’infinità di micro-violazioni, di comportamenti irrispettosi delle regole fondamentali, di richieste avanzate per ottenere favori, di rifiuto sistematico di qualsiasi principio meritocratico, di carenza assoluta di partecipazione, sarà sempre troppo tardi”.
Alcuni giorni fa, alcuni rapinatori non hanno trovato denaro nelle casse di un supermercato e hanno portato via dei prosciutti. Forse è il segno dei tempi…
“Una verità che dovremo essere capaci di accettare nei prossimi anni è quella che non siamo più un Paese che fa parte dell’elite del mondo. Le cose stanno cambiando rapidamente nel nostro pianeta e miliardi di persone stanno entrando nell’economia della produzione e dei consumi. È con questo fenomeno che noi ci dobbiamo confrontare, cancellando la furbizia di cui prima parlavo dai nostri comportamenti e recuperando un’intelligenza collettiva e sociale che è in grado di guidarci verso comportamenti più razionali e capaci di sfruttare in maniera seria le opportunità che un destino che amo definire benigno ha dato al nostro Paese. Paradossalmente voglio dire che per evitare che i rapinatori si accontentino di prosciutti piuttosto che di denaro che in cassa non c’è, dobbiamo far ripartire l’economia ma su basi più nuove, concrete e intelligenti. In proposito, forse conviene cominciare a chiedersi come mai l’Italia, che detiene il 70 per cento delle risorse in termini di opere d’arte e patrimonio culturale, l’Italia che è da sempre decantata come terra bellissima ed accogliente, l’Italia che è patria di una cultura enogastronomica sapiente, ricchissima e apprezzata in tutto il mondo, non sia capace di sfruttare queste potenzialità per diventare la principale meta turistica del pianeta. Più concretamente mi chiedo perché quelle decine di milioni di turisti di nuova leva provenienti dalla Cina si rechino in Francia e in Germania in numero elevatissimo, sfiorando soltanto il milione di unità nella nostra Italia. Per chi volesse avere la soddisfazione di una risposta a questo quesito, dico che la causa principale è la mancanza di indicazioni in lingua cinese nei luoghi pubblici, nei mezzi di trasporto, nei ristoranti e negli alberghi. In Francia e in Germania a tutto questo hanno provveduto da tempo; in Italia, che è il Paese che vive di storia e tradizioni, nessuno ha osato aggiungere alle indicazioni che da decenni caratterizzano i finestrini dei treni (‘non gettare oggetti dai finestrini’ tradotto in inglese, francese e tedesco, ndr) la traduzione in cinese e giapponese che certamente avrebbe facilitato la comprensione dell’assennato consiglio anche ai nuovi turisti. Siamo il Paese nel quale ci sono regole per la tutela del passato che evidentemente a volte bloccano anche la capacità di immaginare il futuro. In Germania hanno venti o trenta milioni di turisti e il movimento più visitato è la casa natale di Marx, che non regge il confronto col Colosseo”.
Fine anno è sempre momento di bilanci: quali sono i reati più diffusi a Palermo?
“I reati più diffusi sono quelli contro il patrimonio e gli odiosi reati di tipo mafioso quali pizzo ed estorsioni”.
Tangenti negli uffici comunali, tangenti nel fotovoltaico, inchiesta Grandi eventi, arresto Mercadante: la Pubblica amministrazione a Palermo non dà belle mostra di sé…
“Questo problema riguarda tutta l’Italia. Abbiamo assistito a brutti spettacoli negli ultimi tempi e tutto a mio avviso è riconnesso ad una condizione nella quale in tutte le fasce della società prevalgono comportamenti istintivamente furbi. E non ci salveremo senza una conversione da parte di tutti a un’etica pubblica rispettosa delle regole non soltanto per dovere religioso o morale, ma per una necessità vera di salvezza che tutti dovremmo avvertire. Una sorta di egoismo positivo, capace di scoprire che potremo salvarci solamente se ci diamo una mano fra noi, dicendoci più verità che menzogne, rispettandoci perché siamo tutti cittadini di una nazione che potrebbe volare se soltanto leggessimo in maniera intelligente le sue potenzialità “.
Forse ha ragione il cardinale Romeo quando punta il dito contro la corruzione…
“Ha perfettamente ragione il cardinale Romeo, e per quanto ho detto prima non è soltanto la corruzione che va combattuta. Va contrastata con ogni sforzo la cultura che produce le condizioni nelle quali la corruzione si sviluppa. Se è corruzione quella che ogni tanto si manifesta nei comportamenti di pubblici amministratori, a seguito delle indagini della magistratura, non è anche corruzione quella dei cittadini che rinunciano ad avere una ricevuta fiscale da un professionista pur di risparmiare qualche soldo, dando così la possibilità allo stesso professionista di evadere le tasse? Il ritorno al rispetto delle regole, magari semplificando il più possibile l’ordinamento, recuperando il significato dei valori che sono alla base delle regole per renderlo più percepibile da parte di tutti i cittadini, è sicuramente un compito che la politica e le istituzioni dovranno svolgere nei prossimi anni per la creazione di rapporti fra i cittadini e lo Stato fondati sull’onestà, sulla trasparenza e sulla condivisione degli obiettivi. Lo Stato non è un nemico, lo Stato siamo noi considerati tutti insieme”.
La lotta alla mafia è stata, giustamente, una priorità. Secondo lei, nella difficilissima e necessaria lotta a Cosa nostra, si è sottovalutato il contrasto alla corruzione, oggi dilagante?
“Quando parliamo di lotta a Cosa nostra, parliamo di lotta al grande crimine organizzato che in realtà come quella di Palermo o di Reggio Calabria o di Napoli, che hanno vissuto e vivono veri e propri drammi per le conseguenze delle attività della grande criminalità organizzata, è sicuramente la priorità. Non manca tuttavia l’attenzione nei confronti del fenomeno della corruzione, moltissimi sono i procedimenti avviati nei confronti di soggetti titolari di pubblici poteri che siano amministratori o dirigenti e funzionari per comportamenti nei quali è stata individuata la corruzione. Purtroppo una diffusa sotto-cultura vede le realtà pubbliche che hanno un rapporto diretto con i cittadini, sia per il rilascio di concessioni o autorizzazioni, che per l’esercizio di controlli, come delle posizioni da utilizzare a fini personali e come delle posizioni soggette continuamente a tentazione da parte di cittadini che, non avendo i requisiti per ottenere, propongono facili soluzioni”.
Cosa ne pensa della classe politica palermitana e siciliana?
“Conosco tante persone che mi sembrano in gamba, ho apprezzato tanti amministratori e funzionari pubblici nella mia esperienza siciliana sia ad Agrigento che a Palermo e ho anche potuto constatare che in alcuni casi ci sono stati sia politici che dirigenti che non hanno rispettato le regole, ma questo credo che sia ormai un fenomeno che si estende a tutto il Paese, come abbiamo visto nello scorcio dell’ultimo trimestre: situazioni aberranti sono state individuate in Lombardia, nel Lazio o in Campania”.
Che idea si è fatto della Sicilia e di Palermo in particolare?
“La Sicilia è una terra straordinariamente bella e ricca di opportunità, i siciliani sono in gran parte persone fondamentalmente oneste che danno l’impressione di vivere sopportando il carico delle presenze ingombranti della criminalità organizzata e del malaffare. Forse è giunto il momento che comincino a uscire dal guscio individuale e familiare per dare corpo a consistenti e costanti momenti di partecipazione, come è avvenuto nei momenti di maggiore reazione alle stragi mafiose. La nascita di gruppi come Addio pizzo, Libera, le associazioni anti-usura e anti-mafia che hanno segnato la rivolta della gente, è stato un momento che oggi si dovrebbe ripetere traguardando un risultato di benessere civico più ampio: la conquista di una democrazia priva di scetticismo e di rassegnazione, la conquista di un rapporto con chi decide i destini collettivi che nasce con il voto ma che continua con il controllo effettuato attraverso le sane regole della partecipazione. Penso che soltanto così la Sicilia, che sulla strada del riscatto delle coscienze è indubbiamente più avanti della Campania e della Calabria, altre terre infestate dalla criminalità organizzata, potrà risorgere dando piena possibilità alle ricchezze naturali, artistiche, dell’agricoltura, della pesca, di una straordinaria tradizione enogastronomica, di far decollare quella vocazione verso l’accoglienza che da sola, se ben impostata, potrebbe dare una risposta straordinaria in termini di sviluppo economico a tutta l’Isola. Palermo è un po’ il laboratorio del cambiamento:è per un verso la cattedrale dalle misteriose architetture che hanno segnato i destini della Sicilia fino ad oggi e per altro verso è la culla della speranza per i tanti giovani che intensamente manifestano il desiderio di cambiare pagina per evolvere verso una organizzazione pubblica e sociale moderna e in antitesi con tutto ciò che fino ad oggi è accaduto. Mi auguro che questo confronto possa essere vinto dai giovani”.
LA PRECISAZIONE DEL PREFETTO
“Con riferimento all’intervista da me rilasciata e pubblicata da codesto giornale nella cronaca di Palermo, ritengo opportuno, per maggiore chiarezza, specificare quanto espresso in ordine al tema “Gesip”. Laddove ho detto che “con l’Amministrazione Cammarata la Gesip sembrava destinata a scomparire, atteso che non era stata inserita neppure quale voce di spesa nel bilancio….”, desidero precisare che tale dichiarazione non va connessa ad una scelta dell’Amministrazione Cammarata ma ad un preciso indirizzo stabilito dall’art.4 del D.L. n.138/2011 che aveva limitato, a partire dal 1° gennaio 2013, gli affidamenti in house di servizi pubblici a quelli il cui costo fosse inferiore ai 900.000 euro all’anno. Alla luce del semplice dato che il costo dei servizi affidati a Gesip ammontava a circa 90 milioni di euro all’anno, risulta possibile comprendere che la società doveva essere privatizzata. Sarebbe stato necessario, quindi, individuare un investitore disposto a mantenere in vita una società i cui costi del personale erano quelli sopraindicati. In considerazione di quanto sopra, l’Amministrazione Cammarata non poteva progettare di tenere in vita la Gesip come società comunale e poteva soltanto, come in effetti aveva fatto, ipotizzare un piano di riorganizzazione delle società comunali per il loro collocamento sul mercato. Ovviamente, in tale quadro, la situazione di Gesip era certamente la più drammatica, in quanto a differenza dell’Amia, dell’Amat e di altre società partecipate, Gesip non era affidataria di servizi particolarmente caratterizzati e sostenuti da specifiche entrate quali la Tarsu per l’Amia o le quote del fondo trasporti per l’Amat. Anche le iniziative intraprese dal Commissario Latella, che aveva tracciato un percorso volto a sfruttare le attività formative per il reimpiego dei dipendenti Gesip nelle altre società partecipate, avevano di mira la data del 1° gennaio 2013, allorquando le società partecipate dal Comune avrebbero dovuto essere messe sul mercato. La situazione sopra descritta è completamente cambiata a seguito della emanazione da parte della Corte Costituzionale della sentenza n.199 del 20 luglio 2012, che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art.4 del D.L. 138/2011. Su questa base l’attuale Amministrazione comunale ha potuto avviare il progetto di razionalizzazione delle partecipate che prevede il loro accorpamento in un consorzio di imprese, anche al fine di contenerne i costi”.