CATANIA – Arrivare prima della magistratura approntando un sistema efficace e trasparente. E’ questa la strada tracciata dalla Cgil per tentare di sciogliere il nodo della gestione dei rifiuti. La proposta è stata il fulcro di un momento di confronto alla Camera del Lavoro al quale hanno preso parte il segretario confederale della Cgil nazionale, Maurizio Landini, e il presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava, il segretario generale della Cgil di Catania, Giacomo Rota, Claudio Longo, segretario confederale della Cgil etnea, il segretario regionale Michele Pagliaro e il sindacalista Massimo Malerba (dipartimento Mercato del lavoro di Catania). Il dibattito è stato aperto dal segretario Rota che ha auspicato un cambio di passo nella gestione dei rifiuti in sinergia con chi amministra a livello regionale e locale e rammaricandosi per l’assenza dei rispettivi assessori al ramo.
Il lavoro da fare è enorme e il quadro generale a tinte fosche non promette bene. “Rispetto ad una media italiana sulla raccolta differenziata che equivale al 39,9% nella media nazionale e che raggiunge il 52,6% nel Nord Italia, noi siamo ancora fermi al 12% in Sicilia, mentre Catania si trova addirittura al 9%”, ha spiegato Longo aprendo i lavori. “Da qui si capisce come in Sicilia, il problema rifiuti sia di gran lunga più grave rispetto che altrove vanno migliorate di corsa tutte le azioni su scala regionale per far diminuire la produzione di rifiuti, quindi trasformandoli e nel contempo avviare una opportuna e graduale chiusura delle discariche, questo per evitare la scure delle sanzioni europee destinate a chi non si mette in regola con i parametri e le linee guida previste nei tempi e nei modi stabiliti”, ha argomentato. “Un obiettivo d’obbligo, sarà portare la raccolta differenziata al minimo previsto e cioè al 65% entro il 2025, il ciclo e lo smaltimento dei rifiuti dovrà avvenire con impianti di prossimità, gestito in zone circoscritte”, ha spiegato.
Il modello preso in considerazione dal sindacato è di tipo circolare: “prendi, usa e trasforma” finalizzato a trasformare i rifiuti in materie prime da reinserire nei cicli produttivi. Il ruolo principale va giocato dalle amministrazioni locali a fronte però di un quadro normativo regionale “meno confuso”. “Vogliamo aprire una vera e propria vertenza sul tema”, ha detto Maurizio Landini, papabile successore della segretaria Susanna Camusso, sposando la piattaforma. “Dietro la gestione dei rifiuti c’è un problema di controllo delle mafie in modo molto esplicito e siamo davanti al fatto che il sistema funziona male”, ha spiegato.
L’alternativa è “creare un diverso modello di sviluppo”. “La gestione dei rifiuti è un problema nazionale: il rapporto tra criminalità organizzata e gestione dei rifiuti è di tipo strutturale”, ha detto. “Usciamo dalla logica locale per la quale ogni comune si occupa dei propri rifiuti, serve un coordinamento pubblico e una trasparenza in tema di appalti e subappalti”, ha aggiunto Landini che a margine dell’incontro è intervenuto anche su altri temi messi sul piatto della bilancia dall’esecutivo gialloverde. Se il “Decreto dignità” va in una direzione auspicabile pur essendo “poco coraggioso” (ma Landini annuncia barricate in caso di reintroduzione dei voucher), la politica sui migranti riceve una sonora bocciatura. “Come è noto, noi consideriamo molta sbagliata la politica che il ministro dell’Interno sta facendo sulla questione della chiusura dei porti e sull’atteggiamento sui lavoratori migranti. Mi permetto di dire che sarebbe utile che anche il ministro Salvini si rendesse conto che il problema di questo Paese non sono gli stranieri che hanno la pelle nera. Il problema di questo Paese è il lavoro nero e bisognerebbe combattere chi sfrutta sia gli italiani sia quelli che hanno la pelle scura e che vengono qui a lavorare”, ha attaccato il sindacalista.
Il presidente Fava, che recentemente ha presentato 24 emendamenti al ddl regionale sulla gestione dei rifiuti, parte dal tema centrale e preliminare della lotta alla criminalità organizzata. I rifiuti in Sicilia sono più di un problema: sono un affare. I rifiuti sono un business devi superare gli interessi consolidati che ci stanno dietro. Lo sono stati da vent’anni a questa parte con un costo per la comunità di venti miliardi di euro attraverso un uso scientifico della parola emergenza che ha determinato condizioni di potere incondizionato e di arbitrio da parte di chi ha gestito l’emergenza”.
Il grande assente evocato dal deputato regionale è il piano dei rifiuti, sul banco degli imputati ci sono i privati che gestiscono le discariche (il 90% del totale a livello siciliano). “Le conseguenze di questa privatizzazione hanno determinato l’accaparramento di 250 milioni l’anno e che nelle crepe del sistema si sono piazzati anche interessi e denari mafiosi”, ha detto Fava. Non convince il ddl presentato dal governo regionale che si limita “alla governance”. “Abbiamo sollecitato una pubblicizzazione del sistema e il lavoro in affidamenti in house: cioè tutto il contrario di ciò che propone questo ddl”. “Chiediamo soprattutto un piano dei rifiuti organico sul quale misurarci nel concreto perché sotto una promessa rivolta al futuro si possono mimetizzare cento interessi”, ha detto.
Inevitabile un passaggio sul caso Catania. Fava suggerisce una strada da intraprendere alla nuova amministrazione comunale. “Sono due i consigli che mi sento di dare alla nuova giunta guidata da Salvo Pogliese prima di tutto il punto di riferimento deve essere la comunità, e non i privati a cui magari in regime di prorogatio si continua a far svolgere un servizio da centinaia di migliaia di euro al giorno. In secondo luogo non fare come la precedente amministrazione e limitarsi a segnalare all’Anac le storture, come dei piccoli notai, ed arrivare un attimo prima della magistratura“, ha spiegato il deputato regionale.
Il segretario regionale Pagliaro ha messo nero su bianco la situazione siciliana. “L’emergenza rifiuti è frutto di una politica ventennale sbagliata, che ha affidato una materia così delicata ai continui commissariamenti impedendo di fatto di andare al nocciolo dei problemi con un piano regionale dei rifiuti degno di questo nome. E’ da questo che bisogna partire se si vuole davvero svoltare”. “In Sicilia- ha affermato – 80% dei rifiuti finisce in discarica (Italia 25%) e la raccolta differenziata è ferma al 15,4%. E’ evidente che una riforma del sistema deve specificare bene obiettivi e strumenti per perseguirli cosa che può avvenire solo dentro un percorso programmatico che solo un piano d’ambito può disegnare, entro il quale inscrivere gli interventi locali. Temiamo invece che la riforma di cui per ora si discute che mira ad azzerare le strutture esistenti per creare 9 ambiti ottimali coincidenti con i liberi consorzi finisca col creare nuovi carrozzoni che alimenteranno inevitabilmente cattiva gestione e infiltrazioni malavitose”, ha argomentato.