PALERMO – Aveva dei risparmi in banca e un migliaio di euro si trovavano nella cassaforte dell’appartamento di via Scillato. La presenza di questi contanti era stata accertata dopo la sua morte, il 25 giugno dello scorso anno, quando Mirko Vicari, vigile urbano di 38 anni, fu trovato senza vita nell’abitazione del quartiere Altarello.
La pista del suicidio collegato ai debiti, che non ha mai convinto il padre dell’agente della polizia municipale, perderebbe un tassello. Vincenzo Vicari, il “papà detective” che da quel giorno non si è mai fermato nella ricerca della verità, ha scavato nella situazione finanziaria del figlio per capire se aveva dei debiti, se qualcosa lo preoccupava dal punto di vista economico al punto da esasperarlo.
E tramite il suo avvocato, Toni Palazzotto, ha presentato al pubblico ministero Sergio Demontis nuova documentazione sul conto corrente del vigile urbano, dove c’erano circa tremila euro. Soldi che non erano quindi stati prelevati nel disperato tentativo di restituire del denaro a qualcuno. E anche i mille euro in contanti nella cassaforte non erano stati utilizzati, nonostante le chiavi della stessa siano scomparse insieme al badge e alla paletta dell’agente della municipale. Insomma, un giallo che continua ad infittirsi quello della morte del vigile urbano, sulla quale proseguono le indagini. Il fascicolo resta sempre iscritto a contro ignoti per omicidio volontario.
Nel frattempo, si attende il risultato degli accertamenti sui vestiti del vigile da parte dal dipartimento di polizia scientifica di Roma. Le analisi saranno effettuate sulla maglietta indossata quel giorno dall’agente della municipale, una polo, e chiariranno una volta e per tutte se Mirko Vicari abbia sparato. “In questo caso – spiega l’avvocato della famiglia Vicari – si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di una colluttazione. Il colpo potrebbe essere partito durante un disperato tentativo di difesa”.
“E io ne sono certo – ha ribadito più volte il papà di Mirko – perché purtroppo c’era qualcuno che voleva il male di mio figlio”. In particolare, in base a quanto ha raccontato Vincenzo Vicari, il movente del delitto potrebbe essere maturato nel contesto lavorativo. Fatto sta che quel giorno, l’agente fu trovato senza vita e in un lago di sangue nel suo soggiorno, vicino al divano. A lanciare l’allarme fu la compagna, che al momento degli spari si trovava al telefono con lui.