Giammarinaro, "il burattinaio" invisibile - Live Sicilia

Giammarinaro, “il burattinaio” invisibile

Il personaggio
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A Salemi tutti lo conoscevano. Lo evocavano come una presenza umbratile e sulfurea. Chi aveva portato Sgarbi in quella lontana e desolata landa di Sicilia? Giammarinaro. Chi manovrava i fili? Giammarinaro. Chi prendeva il caffè al bar con tutti? Giammarinaro. Chi era il re? Giammarinaro. Fu così che, dopo un pomeriggio passato a raccontare le cose bellissime e i dubbi incastonati nella gestione del sindaco Vittorio Sgarbi, tentammo di figurarci questa sorta di demone del luogo. Ne parlavano con rispetto e con un soprassalto di paura. Come si narra di uno che può materializzarsi da un momento all’altro, in mezzo alle chiacchiere che lo riguardano, con perizia stregonesca.
Tra gli uomini in carne d’ossa, al netto di esorcismi e cabale, Pino Giammarinaro è un imprenditore di 65 anni, finito nei guai per le vicende che sapete. L’agenzia Ansa sciorina puntualmente il suo curruculum.  Nato nella Dc con la corrente andreottiana (quasi un diritto naturale), Giammarinaro per anni è stato considerato molto vicino ai cugini Nino e Ignazio Salvo.  Dai suoi rivali spesso viene definito “il burattinaio”.  “Rivendico il merito di avere prima svolto un’intensa opera di persuasione affinché Sgarbi accettasse di candidarsi e poi di aver fattivamente contribuito, insieme a molti altri, al suo successo elettorale”, scrisse il protagonista delle cronache di oggi,  lo scorso ottobre nel pieno di una crisi interna alla giunta guidata dal critico d’arte.

“La sua ascesa – recita l’ANSA – tra la gente che conta comincia a metà degli anni Ottanta, quando viene indicato dalla Dc come presidente del comitato di gestione dell’Usl di Mazara del Vallo. Nel ’91 si candida alle regionali nella lista dello scudocrociato. In suo sostegno fa tappa a Trapani Giulio Andreotti, allora presidente del Consiglio. E’ un successo: Giammarinaro ottiene 50.264 voti su 109.261 di lista. Ma la sua carriera a Palazzo dei Normanni viene interrotta bruscamente da un mandato d’arresto. L’Ars lo sospende. Il deputato è accusato da due Procure: Palermo gli contesta il concorso esterno in associazione mafiosa, Marsala la corruzione e la concussione. Il politico però sfugge alla cattura, rifugiandosi in Croazia, dove rimane per quasi due anni. Quando si costituisce, alla frontiera tra Italia e Slovenia, patteggia la pena di un anno e dieci mesi per i reati di corruzione e concussione, risarcendo con 200 milioni di veccie lire l’Usl di Mazara del Vallo. Il processo per il concorso esterno in associazione mafiosa si conclude con l’assoluzione. Per il pm Antonio Ingroia non c’era la prova che Giammarinaro avesse in effetti favorito Cosa nostra; viene però sottoposto a quattro anni di sorveglianza speciale, con l’obbligo di soggiorno nel comune di Salemi, la sua città”.

Un peso massimo dotato di tale carisma e curriculum non poteva darsi per vinto. Infatti, tentò il grande rientro in politica con Democrazia europea, senza riuscirci. Aderì al “Biancofiore” di Totò Cuffaro, candidandosi e mancando di un pelo l’elezione alle regionali del 2001, con 9.277 voti. Da allora, una sorta di strategia di inabissamento. L’identikit dipinto dagli investigatori tratteggia il profilo di un personaggio scafato, pronto ad agire nell’oscurità. Uno esperto di segretezza e tattica.  Uno, nella forma, fuori da tutto. E incardinato nella sostanza di ogni rapporto. Un tipico carattere politico siciliano, si direbbe.
Quel giorno a Salemi tanti lo maledicevano, eppure sembrava che nessuno potesse fare a meno di Giammarinaro “il burattinaio”. Rancore e necessità. Non è forse il rapporto ambiguo che lega le marionette alle dita di colui che tira i fili?


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