Gioiellieri, galleristi e ristoratori | I truffati e l'ombra della mafia - Live Sicilia

Gioiellieri, galleristi e ristoratori | I truffati e l’ombra della mafia

Un frame delle intercettazioni

La catena di sant'Antonio del raggiro scoperta anche grazie ad un pentito di Cosa nostra. Nei verbali i nomi delle vittime e dei complici. Alcuni boss chiamati in causa per cercare di farsi restituire il maltolto.

PALERMO - LA BANDA DEGLI ASSEGNI FINTI
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PALERMO – Nel raggiro ci sono cascati in tanti. Dal titolare della galleria d’arte il Torchietto a quello del ristorante Regine; dal proprietario della gioielleria Di Bella al gestore del pub “Covo dei briganti” di Trabia. Nomi a cui vanno aggiunti quelli di singoli cittadini sicuri di avere fatto il grande affare della vita ed invece si sono ritrovati con una patacca al polso anziché un orologio di lusso.

Quella scoperta dai carabinieri è una sequela di episodi intrecciati fra di loro in una sorta di catena di sant’Antonio delle truffa. Per completare il quadro sconfortante, si aggiunge il puzzo tipico della mafia perché mafiosi sono alcuni personaggi che entrano ed escono dal palcoscenico del malaffare. Al libro paga del clan di Bagheria ad esempio era iscritto Salvatore Lo Piparo, oggi diventato collaboratore di giustizia. Agli investigatori ha raccontato che, prima ancora di essere assoldato come picciotto del racket, di mestiere faceva il truffatore.

Nel 2009 aveva conosciuto Paolino Cavallaro. Insieme riuscirono a gabbare un usuraio. Almeno così Lo Piparo ha descritto tale Pietro Maggiore in un verbale del 17 luglio 2014: gli chiesero un prestito di 10 mila euro, dandogli in garanzia assegni per 21 mila euro appoggiati su un conto corrente aperto da un prestanome e senza un centesimo dentro.

Poi, così ha riferito, Lo Piparo si sarebbe imbattuto in Domenico Siciliano. Siciliano si era “permesso” di rifilare un assegno di 4.500 euro, poi protestato, a Pietro Granà, capomafia di Altavilla Milicia. Lo Piparo intervenne per mediare la faccenda e finirono per organizzare delle truffe assieme, sfruttando una parte degli assegni smarriti durante il trasporto in una filiale del Banco di Sicilia. Gli assegni li avevano comprati da Ninni, un ricettatore che abitava nelle case popolari di via Messina Marine, poi identificato in Antonino Ribaudo.

Andate a buon fine alcune piccole truffe-prova ai danni di venditori di materiale edile, ha messo verbale Lo Piparo, Siciliano avrebbe tentato con successo il salto di qualità: acquistò quadri per 127 mila euro alla galleria “Il Torchietto”. Una piccola parte fu pagata in contanti, il grosso della somma con assegni “ballerini”. Il titolare cadde nella trappola. Ad occuparsi della ricettazione dei quadri sarebbe stato Melchiorre Flandina, noto negli ambienti della malavita legata ai furti d’arte e deceduto due anni fa. A casa sua, durante una perquisizione, fu ritrovata una parte dei quadri, restituita al gallerista. Gallerista che, una volta caduto nella trappola, cercò di correre ai ripari incontrando Siciliano e Cavallaro. I due rilanciarono, riuscendo a farsi consegnare degli assegni dal commerciante con la scusa di doverli dare in garanzia per recuperare i soldi necessari a pagare i quadri. Ed invece li utilizzarono per comprare alcuni Rolex per 40 mila euro da un tale Giovanni Gargano che incassò i primi soldi e poi finì a sua volta raggirato con altri assegni ballerini. Gargano non la mandò giù e si sarebbe rivolto, ha ricostruito Lo Piparo, ad alcuni mafiosi bagheresi, tra cui Nino Zarcone, oggi collaboratore di giustizia, e il gioielliere Vincenzo Graniti, pure lui di recente coinvolto in un’inchiesta antimafia.

Lo Piparo ha parlato di una miriade di piccole e grandi truffe commesse a Palermo e provincia. Pellicce, vini pregiati, capi di abbigliamento firmati: compravano di tutto e di più con gli assegni finti e con quelli caricati sul conto corrente di diversi prestanome. “Peppuccio di via Roma”, “Peppuccio arte musica”, Pino, Santo, Giovanni “sardazza”, Saverio di Ficarazzi: i racconti di Lo Piparo sono costellati di personaggi ancora da identificare. Sono gli uomini a cui, se serve, ci si poteva rivolgere per avere un assegno “ballerino” da rifilare al malcapitato di turno.

 


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