FIRENZE- “Se qualcuno dentro o fuori le carceri, dopo venti anni, ha non dico la voglia ma la consapevolezza e la coscienza di poter dire qualcosa che non sappiamo, ce lo dica o anche soltanto ce lo faccia capire: ci basta”. Lo ha detto il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi a proposito dei possibili mandanti delle stragi del ’92 e ’93, inchieste che ha ricordato non possono essere considerate chiuse: “Chiuso è una parola senza senso perché, come dico sempre, queste indagini non devono e non possono chiudersi mai. Sono delitti imprescrittibili – ha aggiunto Quattrocchi – e chiudere significherebbe rinunciare, e la parola rinuncia noi non la conosciamo”. Per questo il procuratore di Firenze ha ricordato l’esempio del pentito Spatuzza “che ha consentito di arrivare al processo Tagliavia e a quello in corso contro D’Amato”. “Spatuzza non sa altro” ma è stato un collaboratore “che ha offerto contributi che hanno rivoltato la lettura di situazioni già cristallizzate in 17 ergastoli. Ha portato ai nuovi processi Tagliavia e D’Amato e Caltanisetta anche a ben altro”.
La speranza, quindi, di Quattrocchi “é che ci sia sempre qualcuno o qualcosa che ci permetta di poter andare sempre più avanti: non è possibile né onesto pensare che siano tutti qui, é possibile che ci siano altre presenze delle quali i collaboratori non sono stati in grado di dirci qualcosa”. Ma Quattrocchi ribadisce ancora una volta che secondo lui il problema dei mandanti “é fuorviante”. “Noi facciamo i magistrati e abbiamo un principio che è quello dei concorrenti nella commissione del reato. Si commette il reato quale che sia il ruolo che nell’organizzazione o nella consumazione del fatto sia assume. Quindi – ha concluso – autore materiale o ispiratore per noi sono la stessa cosa, è chiaro che gli uni e gli altri vanno ricercati”.