Il retroscena oggi appare sul Giornale, testata certo non amica di Angelino Alfano. Il quotidiano milanese si interessa del futuro del movimento di Angelino Alfano annunciando la convocazione dell’assemblea nazionale per il 18 marzo. Sarà allora che Ncd archivierà la dicitura “centrodestra” per cambiare nome. “Italia popolare” era quello scelto, ma forse si potrebbe cambiare in “Moderati e popolari”. Ci dovrebbe essere comunque un riferimento al Ppe. È questo il prezzo imposto da Renzi, ricostruisce il Giornale, per non buttare a mare gli alfaniani, compagni di viaggio sgraditi all’alleato di sinistra Giuliano Pisapia, che lavora alla nascita del suo Campo progressista, e con critici anche ai piani alti del Pd. Il patto prevederebbe la disponibilità del plotone di Ncd alla chiusura anticipata della legislatura, come vuole Renzi, in cambio di una modifica della legge elettorale che premi la coalizione e non la lista.
Una modifica che garantirebbe agli alfaniani qualche seggio nella prossima legislatura, visto che in alcune regioni come la Sicilia il partitino centrista si aspetta risultati sopra il cinque per cento. Perché tutto quadri però bisognerà vincere le resistenze dei parlamentari nazionali di Ncd tra i quali prevale l’idea di arrivare a fine legislatura.
Ma il dado del passaggio definitivo all’orbita del centrosinistra renziano, insomma, sarebbe tratto. Eppure, proprio in questi giorni, in Sicilia la pratica del rapporto col Pd sembra tutt’altro che pacifica. A Palermo, ad esempio, Ncd è ancora in mezzo al guado, con un pezzo di partito pronto a seguire gli alleati del Pd sul sostegno a Leoluca Orlando e un altro pezzo, indesiderato per il sindaco uscente, che ha già dichiarato la sua contrarietà a questa soluzione ed è tentato da Fabrizio Ferrandelli. “A Palermo dobbiamo anzi tutto fare una lista – commenta il co-coordinatore regionale Giuseppe Castiglione -. A Orlando riconosciamo autorevolezza ma chiediamo un’alleanza che metta al centro gli interessi della città ma riconosca le anime politiche democratiche e popolari”.
Altra questione aperta è quella delle regionali. “Io credo che si debba discutere con tutti per evitare un’autostrada ai Cinque stelle – dice il senatore Bruno Mancuso -. Penso a uno schema che vede forze di sistema contro forze antisistema, una coalizione allargata di salute regionale per battere i populisti”. Insomma, uno schema nel quale potrebbe entrare anche Forza Italia, che però ha già un patto con gli alleati di centrodestra per le primarie, quelle che Silvio Berlusconi invece non guarda di buon occhio.
Lo scenario è fluido ma Castiglione insiste:“Alle regionali la nostra area politica esprimerà una candidatura”. Quale? È presto per bruciare nomi. In un’ottica di grande coalizione che recuperi anche il pezzo “moderato” del centrodestra potrebbe entrare in gioco l’ex rettore Roberto Lagalla, come cerniera con i renziani. Ma gli alfaniani per ora tengono ben coperta un’altra carta, pronta a essere giocata al momento giusto, quella dell’eurodeputato catanese Giovanni La Via. Senza abbandonare la speranza di un ritrovato dialogo con Forza Italia, auspicato nei giorni scorsi da un big forzista come Renato Schifani.
D’altronde, oggi lo stesso Alfano in una lettera al Corriere della Sera ha lanciato un appello all’unità dei moderati, dei popolari e dei liberali con un esplicito riferimento a Forza Italia, “per riavvolgere il nastro e non annegare irreversibilmente la propria vocazione riformista nel mare del populismo anti europeo, anti euro, anti libera circolazione, anti libero mercato, anti solidarietà”.
Intanto, c’è da cambiare nome. L’appuntamento è per il 18. Per cercare di costruire un centrino che ambisce a diventare centro, magari partendo dal mettere insieme tutti i cespuglietti moderati sopravvissuti. A partire dai Centristi per l’Europe di Casini e D’Alia, che dopo aver fatto circolare voci su un possibile divorzio da Crocetta ieri hanno deciso di restare al loro posto nel governo. E oggi hanno risposto al’appello ai moderati lanciato da Alfano sul Corriere con una nota di D’Alia secondo il quale “i moderati italiani non possono permettersi una stagione in panchina: devono unirsi in una comune proposta politica, come argine ai populismi che mettono a rischio la tenuta dell’Italia e l’intero impianto europeo”. E poi dialogando con altri, dal gruppo del sindaco di Verona Tosi, ai Moderati di Portas, fino all’Udc di Lorenzo Cesa. Ma non con Verdini, come sottolineava oggi il Giornale e come conferma lo stesso Castiglione. La partita è quella per la sopravvivenza. E il finale è tutt’altro che scontato.