Graviano intercettato in carcere | "Stragi '93 non furono di mafia" - Live Sicilia

Graviano intercettato in carcere | “Stragi ’93 non furono di mafia”

Depositate le intercettazioni: "Berlusca mi ha chiesto la cortesia". Di Matteo: "Riina lucido"

Il processo di Palermo
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PALERMO – “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia per questo è stata l’urgenza”. È uno dei passaggi delle conversazioni intercettate in carcere del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, depositate oggi al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Le microspie hanno captato per un anno fino allo scorso aprile le parole del boss, pure lui adesso indagato per il presunto e scellerato patto fra i mafiosi e pezzi delle istituzioni. Graviano faceva le sue confidenze al camorrista Umberto Adinolfi, suo compagno di passeggiate durante l’ora d’aria nel carcere di Ascoli Piceno.

Secondo i pubblici ministeri di Palermo, Graviano sembrerebbe attribuire a Berlusconi un ruolo chiave nelle stragi di mafia. Il 10 aprile 2016 Graviano proseguiva: “Lui voleva scendere però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa”. Ed è sempre a Berlusconi che, secondo i pm, Graviano si riferirebbe in un altro passaggio intercettato: “Umberto se io faccio questo processo e trovo l’avvocato giusto lo sai quante cose faccio uscire senza che io dica niente, senza che io dica niente? A signor Crasto, signor Crasto gli faccio fare la mala vecchiaia 30 anni fa mi sono seduto con te 25 anni mi sono seduto con te giusto eh? Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi è successo una disgrazia, mi arrestano, tu cominci a pugnalarmi, Umbè per cosa? Per i soldi, perché tutti rimangono i soldi dice non lo faccio uscire più e sa che io non parlo perché sai il mio carattere e sa le mie capacità”.

E ancora: “Poi nel ’93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia. Allora il governo ha deciso di allentare il 41 bis, poi è la situazione che hanno levato pure i 450″. Graviano alluderebbe alla decisione, presa nel novembre del ’93, di revocare il carcere duro per 450 mafiosi. Graviano ricorda poi il suo periodo al 41 bis a Pianosa: “Pure che stavi morendo dovevi uscire e c’era un cordone, tu dovevi passare nel mezzo e correre. Loro buttavano acqua e sapone”. “Andavano alleggerendo del tutto il 41 bis …se non succedeva più niente, non ti toccavano, nel ’93 le cose migliorarono tutto di un colpo”, aggiunge. E riferendosi alla reazione dell’allora premier Ciampi, dopo le bombe di Milano nel luglio del ’93, il boss di Brancaccio aggiunge: “Quella notte si sono spaventati, temevano il colpo di Stato e lui se n’è andato subito a palazzo Chigi assieme ai suoi vertici. Loro non volevano nemmeno resistere, avevano deciso già di non resistere al colpo di Stato”. 

Il 28 marzo i pm di Palermo sono andati in carcere ad Ascoli Piceno per interrogare Graviano, a cui ora viene contestato il reato di minaccia a Corpo politico dello Stato in concorso con altri boss. Graviano ha denunciato le pessime condizioni carcerarie. Condizioni a suo dire disumane. “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere a causa delle mie condizioni di salute che oggi non mi consentono di poter sostenere un interrogatorio così importante – ha spiegato – ed anche a causa del mio stato psicologico derivante dalle condizioni carcerarie che mi trovo costretto a vivere. Quella di Graviano, però, non è sembrata una chiusura totale. Ad un certo punto infatti ha aggiunto: “… quando sarò in condizioni sarò io stesso a cercarvi e a chiarire alcune cose che mi avete detto”.

I pubblici ministeri Vittorio TeresiAntonino Di MatteoFrancesco Del Bene, e Roberto Tartaglia hanno già trasmesso le intercettazioni ad altre procure italiane competenti sulle indagini per le stragi. Nel corso del dibattimento ha preso la parola il pm Antonino Di Matteo sulle condizioni cliniche di Totò Riina: “E’ perfettamente lucido”, ha spiegato.


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