Dopo la chiusura del gruppo Facebook “Mia moglie” – una community con oltre 30mila membri che condivideva immagini private di donne senza alcun consenso – il Codacons Sicilia Donna ha deciso di attivare uno sportello dedicato per garantire tutela immediata a chi ha subito abusi sul web.
Il nuovo servizio prevede consulenza legale e supporto psicologico, con l’obiettivo di offrire strumenti concreti a tutte le donne coinvolte in episodi di diffusione non autorizzata di materiale intimo o in altre forme di violenza digitale.
“Non basta chiudere un gruppo quando esplode lo scandalo – dichiara l’associazione –. Le vittime di abusi digitali devono sapere di non essere sole: il Codacons Sicilia Donna mette a disposizione avvocati e psicologi per garantire tutela immediata, assistenza legale e sostegno umano a chiunque abbia subito la diffusione non consensuale di immagini o altre forme di violenza online”.
Scandalo gruppo “Mia moglie”, l’iniziativa del Codacons Sicilia Donna
L’associazione sottolinea inoltre che la condivisione illecita di foto e video a sfondo intimo rappresenta un reato, sanzionato dall’articolo 612-ter del Codice Penale, e invita chiunque si riconosca vittima di tali episodi a denunciare e a chiedere supporto senza timore.
Per ricevere aiuto o segnalare un abuso è possibile rivolgersi al Codacons Sicilia Donna tramite l’indirizzo e-mail sportellocodacons@gmail.com o contattando il numero WhatsApp 3715201706.
“Il nostro impegno è accompagnare ogni donna in un percorso di tutela della propria dignità e dei propri diritti, perché nessuna debba sentirsi sola davanti alla violenza online” – conclude l’associazione.
Il caso del gruppo Facebook “Mia moglie”
“Mia moglie” era un gruppo pubblico su Facebook, attivo dal 2019, che ha raccolto fino a 32.000 membri — perlopiù uomini — impegnati a condividere e commentare immagini intime di mogli, compagne o fidanzate spesso scattate senza il loro consenso. I contenuti andavano da foto in costume a momenti privati in casa e venivano accompagnati da commenti sessisti, offensivi e violenti.
Come è scoppiato lo scandalo
Il caso è esploso nell’estate 2025 dopo la denuncia pubblica dell’influencer e scrittrice Carolina Capria, che su Instagram ha definito il gruppo partecipativo come una vera e propria “violenza virtuale”. I suoi post sono diventati virali, scatenando una massiccia ondata di segnalazioni alla Polizia Postale e alla piattaforma Meta. Anche l’associazione “No Justice No Peace” ha contribuito mobilitando l’opinione pubblica.
La reazione delle autorità e di Meta
Meta ha annunciato la rimozione del gruppo il 20 agosto 2025, citando la violazione delle sue policy contro lo sfruttamento sessuale di adulti. Tuttavia, la reazione è stata considerata tardiva, con accuse di mancata moderazione da parte della piattaforma.
Il clima di indignazione e le reazioni politiche
Il caso ha suscitato una forte reazione da parte di attivisti, partiti politici (come il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico) e associazioni di consumatori (tra cui il Codacons), che hanno denunciato una cultura patriarcale e richiesta riforme immediate.
Le vittime e il trauma subito
Donne coinvolte raccontano di sentirsi tradite doppiamente: violate nel corpo e nello spirito. Una vittima ha raccontato di aver visto la propria camera da letto e i suoi oggetti quotidiani pubblicati accanto a commenti di sconosciuti, e di aver avuto il coraggio di denunciare e allontanare il marito, nonostante la sofferenza. Alcune testimonianze parlano di rottura di fiducia familiare, abuso emotivo e conseguenze gravi sulla vita privata e psicologica delle donne coinvolte.
L’allarme continua
Nonostante la chiusura del gruppo su Facebook, molti partecipanti hanno già migrato su piattaforme come Telegram o WhatsApp, dando vita a nuovi canali simili e proseguendo la condivisione illecita di immagini.
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