Guardati Palermo, cosa direbbe Don Pino Puglisi di te?

Guardati Palermo, cosa direbbe Don Pino Puglisi di te?

La città che va ai funerali e ai compleanni, come se non facesse differenza.

Cara Palermo, oggi sono ventotto anni che il proverbiale sorriso di don Pino Puglisi si è spento. Tu hai detto a tutti di amare quel sorriso, lo hai venerato, lo hai salutato come una costosa alba di speranza. Infine, lo hai tradito, scegliendo di non cambiare o di cambiare con avarizia. Ma tu sei così, Palermo. Cominci ad amare i vivi quando sono morti, li porti in processione quando non sono più visibili. Perché tu ami la morte ipocrita che ti consente di rifarti il trucco sul volto inondato da lacrime che sgorgano per essere notate.

Cara Palermo, tu vai in frac ai funerali o ai compleanni. Non fa troppa differenza per te. Ami i discorsi ridondanti. Stravedi per te stessa quando pronunci le parole ‘speranza’ o ‘legalità’. Ma non sei lì, dove dovresti essere, cioè quando si tratta di stabilire un nesso coerente tra declamazioni e cose. In trincea lasci i soliti combattenti quotidiani, a mani nude, che si sbracciano affinché tu possa concludere l’orazione con una portentosa figura retorica.

Guardati, Palermo, cosa direbbe don Pino di te, se potesse vederti adesso? Magari sorriderebbe ancora, con la leggerezza della sua comprensione, talvolta ironica, nella misura appropriata dell’intelligenza. E ti troverebbe uguale a ventotto anni fa. Lercia, nel corpo e nell’anima, amica degli amici, pronta a baciare le mani al potente che verrà e ad accompagnare all’uscita, malamente, il potente che si congeda.

Cara Palermo, tu quelli come don Pino non li capisci e non li ami, soltanto se muoiono, allora, li porti in processione, forse per accertarti che siano morti. Non sei tutta così? Così ignobile, così indecente, così misera? No, certo. Ma in parte ancora lo sei. E questo può bastare per condannarti. E magari ti verrebbe pure da dire, quando ti credi al riparo da occhi indiscreti, che i Padre Puglisi erano degli illusi e che si sono sacrificati invano. E’ esattamente il contrario, Palermo. Sei tu che hai vissuto di niente, credendo che fosse tutto.


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