CATANIA – Parlano in piedi, la voce che trema e a tratti sull’orlo della commozione. Davanti a loro la platea ascolta con il respiro a metà, senza perdersi una virgola. La testimonianza appassionata di Oksana Sekela e Iryna Arkhypenko, due donne ucraine che hanno aperto il convegno promosso dal dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania dedicato alla guerra in corso a causa dell’invasione russa, ha dato all’evento un tono di urgenza, di collegamento con un’attualità fatta non di studi o punti di vista teorici ma delle testimonianze di chi viene dall’Ucraina e lì ha ancora parenti e amici che vivono i bombardamenti.
“Cosa succede in Europa”
La prima a parlare è Oksana Sekela, che legge da alcuni fogli di appunti ma va spedita, come se non avesse bisogno di ricordarsi le parole adatte: “Non vi nascondo il mio stato d’animo – dice – che è turbato da tante emozioni positive ma soprattutto negative. Ho due fratelli che in questo momento stanno combattendo contro i russi come cittadini volontari, i miei nipoti ogni giorno vivono sotto il terrore dei bombardamenti e il suono delle sirene, ed ogni giorno sono costretta a vivere le immagini che i miei parenti e le televisioni di tutto il mondo mostrano”.
“Molti oggi si chiedono cosa stia accadendo alle porte dell’Europa per non dire proprio in Europa – dice Sekela – anche io non so darmi una reale spiegazione, se non quella di vedere tanti miei connazionali, amici e parenti, ogni giorno dover combattere una guerra non voluta. Non sarò io in questo discorso, non avendone l’autorità e la conoscenza a dover parlare del perché di questa guerra, ma vorrei parlarvi della mia Ucraina, e chi siamo noi ucraini e del perché questa unione che è venuta a crearsi tra noi ucraini”.
Un campo di scontro
“Il mio Paese – prosegue Sekela – è diventato campo di scontro tra grandi potenze, Russia da una parte e Nato dall’altra, interessi economici a cui il popolo ucraino è costretto a sottostare, trovandosi a combattere ogni giorno per difendere le proprie terre da interessi che l’intero popolo è costretto a subire. Credo che il concetto dei confini della Nato, il concetto della denazificazione o dell’etnicità siano tutti pretesti per contendersi un territorio che è ricco di risorse naturali e rappresenti quel confine che sia per la Nato sia per la Russia è di vitale importanza. Questo, da cittadina Ucraina che vive qui in Italia e che tutti i giorni vede amici morire, è straziante e credo altresì che sia sotto gli occhi di tutti che il popolo ucraino dovrà combattere da solo una guerra più grande di lui. Quello che voglio dirvi è che l’Ucraina vorrebbe essere detentrice del potere di autodeterminazione, vorrebbe essere capace di poter decidere quindi il proprio destino senza interferenze alcune e che questa autodeterminazione stava già avendo il suo incipit con l’elezione del presidente Zelensky, una elezione democratica che ha avuto un ampio spettro di voti, e che oggi come con l’Unione Sovietica si sta cercando di eliminare”.
“Questa guerra – conclude Sekela – dove il popolo ucraino è l’unica vera vittima, sta avendo conseguenze di una portata enorme, non solo per uno stato distrutto dai bombardamenti e dalle migliaia di vittime ma anche dall’enorme migrazione di profughi che non si fermerà. È per questo che io con altre mie amiche ucraine ci siamo mobilitate per fare la raccolta dei beni di prima necessità per i miei connazionali che arrivano in Italia. Spero di potere vedere il mio stato e il mio popolo presto libero da questa violenza e rivedere il mio sole come citava una canzone italiana, conosciuta a livello internazionale, nata guardando il mare dalla città di Odessa: O Sole Mio”.
“Attenzione a chi è rimasto”
Prende la parola poi Iryna Arkhypenko, ucraina che vive da tanti anni in Sicilia: “Io sono ucraina, noi siamo ucraini, e diamo tutto il supporto che possiamo perché è difficilissimo restare a casa e sentire i parenti, a casa, che sono in pericolo di vita. Spesso mi sento in colpa perché io sono qui al sicuro e loro sono lì, per questo facciamo di tutto per aiutare loro. Lo facciamo anche per scacciare i brutti pensieri, la paura per i parenti rimasti a casa e che non sanno cosa fare, se rimanere a casa che è pericoloso o se scappare, che è altrettanto pericoloso, dato che non esistono davvero i corridoi umanitari e sparano”.
“In questo momento in cui le persone arrivano in tutta Europa – dice Arkhypenko – il mio timore è che l’attenzione si rivolga solo a loro, e non a chi è rimasto in Ucraina. È giusto ovviamente aiutare i profughi, è giustissimo, ma non dobbiamo dimenticare chi è in pericolo e continuare ad aiutarli. Vedo come si sta organizzando l’accoglienza in Sicilia, e penso che sia molto importante che le strutture sociali facciano attenzione, ma chiedo anche che i rappresentanti della comunità ucraina siano coinvolti e invitati alle riunioni operative, perché noi capiamo bene i bisogni dei nostri connazionali e parliamo la lingua. Chi arriva è molto traumatizzato ed è importante farli sentire a casa. Soprattutto i bambini, che sentendo qualcuno che parla la lingua di casa può anche superare meglio il trauma”.
L’intervento di Arkhypenko si conclude parlando dei siciliani: “Ho capito che avete preso questa tragedia e l’avete percepita come vostra. Vi ringrazio per questa partecipazione”. La donna poi, visibilmente emozionata, pronuncia il saluto nazionale “Slava Ukraini”, ovvero “Gloria all’Ucraina”, frase che veniva usata durante la guerra d’indipendenza ucraina dal 1917 al 1921 e che è diventata nota proprio durante l’invasione russa del febbraio 2022.