Parla Giacomo Li Castri, l’inserviente aggredito durante la violenta rapina di martedì notte al centro scommesse Eurobet, al villaggio Santa Rosalia. Il trentanovenne, residente in via Vincenzo Madonia , nei pressi del luogo della rapina, è ancora sotto shock. Un volto indefinibile quello di Giacomo, non si capisce se sia quello di un ragazzo carico dei suoi anni o quello di un adulto dall’età incerta. Nello scontro con i rapinatori ci ha rimesso due denti, ha i seni paranasali doloranti, il setto nasale indolenzito. Abbassa la testa e mostra il cranio, toccandosi con una mano tremante. Capelli radi, occhi persi nel vuoto e tanta voglia di sfogarsi. “Quando hanno messo le mani addosso a mia moglie non ci ho visto più, non me la deve toccare nessuno”, dice.
Ci riceve nella stanza numero 5 del reparto di medicina d’Urgenza presso cui è ricoverato. Seduto, dolorante. Sua moglie lo imbocca: un po’ di patate bollite, una fettina di pollo impanato. “Non riesco neanche ad inghiottire, mi hanno massacrato senza alcun motivo – dice Giacomo -. Continuavano a chiedermi le chiavi ma noi non le avevamo”. Dopo le minacce, i malviventi sono passati alle vie di fatto, una volta afferrato il bottino e imboccata la porta esterna i banditi sono tornati indietro per punire e zittire Li Castri che chiedeva aiuto. “Per difendere me e mia moglie ho vibrato un colpo di estintore alla nuca di uno dei rapinatori, adesso è morto e io sono indagato per omicidio volontario”.
Renato di Blasi, infatti, è spirato la scorsa notte: l’intervento chirurgico cui era stato sottoposto non è servito.
“Non si capiva nulla – continua Li Castri – c’era schiuma dappertutto, i rapinatori hanno cominciato a spruzzare il contenuto dell’estintore in tutto il locale e poi lo hanno usato per forzare le macchinette mangiasoldi. Non volevano sentire ragioni, continuavano a darmi calci, pugni. Mi sono beccato un pugno così forte che sono scivolato contro una vetrata e ho battuto la testa. Non posso camminare, mi fanno male le gambe”.
Una vita dura quella di Giacomo Li Castri, gli studi interrotti quando era appena un ragazzo e tanti lavori, sempre saltuari: muratore, traslocatore, addetto alle pulizie. Un padre anziano che percepisce la pensione minima e le bollette da pagare. I soldi non bastano mai. “Perderò giorni di lavoro, non so come fare, ho bisogno di una mano”. Giacomo Li Castri è stato descritto come un uomo mingherlino, di certo non è un colosso ma ha avuto la forza di difendere il suo amore, Lucia Viola, 19 anni. “Si sono accaniti contro di noi, è stato un massacro in piena regola, non ci capivo niente, non riuscivo a respirare mi sentivo “accupato”, l’aria era irrespirabile. Ho urlato loro di andare via dopo che avevano preso il denaro e, invece, mi hanno derubato anche del cellulare e del portafogli. Quando ho cominciato ad urlare si sono indispettiti e sono tornati indietro per picchiarci ancora. Ho perso la testa quando hanno messo le mani addosso a Lucia e ho colpito Di Blasi alla nuca poi sono caduto anche io per terra e quando mi sono ripreso il complice non c’era più. Di Blasi era un “tavaro” e mi ha colpito da tutte le parti”.
Un sole che sorride e un dragone, due tatuaggi sulle gambe: “Il terzo me l’hanno fatto i rapinatori sulla caviglia, guardi com’è ridotta, non sono neppure come mi abbiano colpito. Una volta i malviventi andavano a fare i loro colpi fuori dal quartire in cui vivevano, oggi “a ura ri picciuli si scuirdaru puru a dignità di latro “”.
(Foto Maniscalco)