Dodici punti per far scendere a patti lo Stato italiano con Cosa nostra. Dodici punti per interrompere la strategia stragista dei “corleonesi”. Dodici punti scritti in stampatello che rappresenterebbero le richieste avanzate dalla mafia di Riina e Provenzano. Il sito Corriere.it ha pubblicato il documento esclusivo consegnato dall’avvocato di Massimo Ciancimino ai pm palermitani che indagano sulla trattativa Stato-Cosa nostra.
Il primo punto riguarda la revisione del maxi-processo. Nel gennaio del 1992, infatti, le condanne divennero definitive grazie a una sentenza della Cassazione. Fu in quel momento che Cosa nostra modificò la strategia. E uccise l’eurodeputato Dc, Salvo Lima. Poi toccò al giudice Giovanni Falcone, a Paolo Borsellino e Ignazio Salvo. Il secondo punto riguarda l’abolizione del 41-bis, il carcere duro per i boss della mafia, entrato in vigore proprio in quel frangente.
Altri punti riguardano la libertà personale. Il riconoscimento dei benefici ai dissociati, seguendo l’esempio della legge applicata ai componenti delle Brigate Rosse (quinto punto). Gli arresti domiciliari per gli affiliati che hanno compiuto i 70 anni (sesto). La chiusura della “supercarceri” dell’Asinara e di Pianosa e la carcerazione “vicino le case dei familiari” (settimo e ottavo punto). Fino al divieto di censura della corrispondenza fra i mafiosi in carcere e i loro familiari e l’arresto solo in flagranza di reato (punti nove e undici).
Altri punti riguardano le finanze. Con la revisione della legge Rognoni-La Torre, quella sul sequestro e la confisca dei beni mafiosi (terzo punto), e il divieto di applicare misure di prevenzione e sequestri ai familiari dei mafiosi (decimo). Infine una richiesta collettiva: quella di defiscalizzare i carburanti per i cittadini siciliani (dodicesimo punto).
Secondo quanto dichiarato da Massimo Ciancimino, il supertestimone della trattativa Stato-Cosa nostra, il “papello” fu consegnato nelle sue mani dal medico-boss Antonino Cinà. Da lui passa al padre, Vito Ciancimino, e poi arriva nelle mani di tale “Franco” o “Carlo” un non meglio identificato agente dei servizi segreti o di altri apparati simili. Questa stessa persona avrebbe detto a don Vito di continuare per cui il vecchio ex sindaco di Palermo diede disposizioni al figlio di combinare un appuntamento con l’allora colonnello Mori e il capitano De Donno.
Ma l’ex sindaco mafioso di Palermo aveva a sua volta elaborato un “papello”, di carattere marcatamente politico. Proponeva di riformare le sentenze del maxiprocesso a Strasburgo, di fronte la corte di Giustizia europea. Parlava di una riforma della giustizia all’americana, con l’elezione diretta dei giudici “indipendentemente dal titolo di studio (es. Leonardo Sciascia)”. L’abolizione del monopolio dei tabacchi. Di un partito del Sud. In cima alla lista il nome di due ministri: Mancino e Rognoni.
Prudenza, comunque, viene espressa dagli ambienti della procura di Palermo. Non esiste ancora l’originale, sulla quale poter disporre perizie, e molti punti sono controversi.