I baci dei mafiosi - Live Sicilia

I baci dei mafiosi

Non esiste viso migliore di quello del padre per specchiarsi, per comunicare a chi sta fuori la speranza dell’evasione, l’invito alla moglie ad attendere e tenere la casa pulita. Si sono potuti vedere entrambi, Salvatore e Sandro Lo Piccolo durante il processo per la morte di Giampiero Tocco, e utilizzare la televisione come balconcino per gli innamorati, mandarsi baci malati di sangue.
A leggerlo sembra l’errore di tipografia di una legge precisa e scientifica, quel 41 bis che isola il criminale feroce come un fungo velenoso, invece si scopre che non esiste legge perfetta senza una dose di sciatteria, senza il fuoco negli occhi che impedisce di vedere gli sterpi del rogo. Si scopre quindi che il 41 bis non può impedire a due mafiosi imputati in un medesimo processo di scambiarsi cenni e saluti: promesse di fiducia eterna. Niente ha potuto il pm Del Bene, che aveva chiesto alla corte d’impedire questa ondata di baci da parte di detenuti lontani ma avvicinati dalla tecnologia -come Skype avvicina gli amanti di due continenti. E poco ha potuto la corte se non chiedere il silenzio come si fa con gli studenti che sentono avvicinarsi la ricreazione e cominciano a fare ressa.
C’è da chiedersi che senso abbia la prigione del corpo quando si può aprire la bocca scientifica del male, quando si può smorfiare l’appalto o suggerire strategie come giocatori di poker. Apparirà strano ma non esiste male estirpato fino a quando le cellule si chiamano da lontano contagiandosi, ammorbando un corpo che può sembrare sano come quello italiano “operato” almeno in Sicilia dal fenomeno mafioso. A che logica risponde il 41 bis se si premura a spiare il soggetto senza controllare la lingua che è il Mercurio dei boss, la rafia delle viti malavitose che si tessono dalle palme ai navigli?
 Niente è così importante per Cosa Nostra e per qualsiasi organizzazione criminale quanto la comunicazione celata, il linguaggio cifrato. In questo, i pizzini di Provenzano sono secondi al primo profeta linguistico che era quel Michele Greco detto “il Papa”, che salmodiando aggiustava e minacciava i giudici a colpi di versetti biblici e lettere di Paolo di Tarso. La segretezza si coltiva inventando un nuovo linguaggio e non bisogna essere dei semiologi per capire che la lingua può essere un’arma per coprire se stessi, per fare famiglia e alzare le mura del silenzio. A guardare bene è proprio la lingua che fa gruppo e il gergo che qualifica il “ con noi o contro di noi”.
D’altra parte basta pensare alla Cavalleria Rusticana di Verga perfino la novella è compresa in quel morso all’orecchio che è simbolo di sfida, duello ed è proprio il contraltare del bacio di Riina ad Andreotti che tutti leggono come complicità ma che potrebbe anche essere sfida alle istituzioni e tradimento come quello di Giuda.  Si può quindi essere in prigione e comandare più di prima o ricoverarsi in campagna e tenere sotto scacco per quarant’anni la polizia e i giudici, tessere una rete di complicità. Se da una parte la famiglia Lo Piccolo si salutava, a Biccocca carcere di Catania un detenuto mandava sms con un cellulare piovuto dal cielo come la polvere nera del Vulcano. Non esiste la moltiplicazione di una legge restrittiva senza la divisione dei compiti e la sottrazione del ridicolo che cercando tra i codicilli hanno le leggi italiane. Ma quel collegamento video tra padre e figlio e i baci spezzati dallo schermo mascherano un amore incestuoso diverso dall’amore di Angela Tocco la bambina che per ordine dei due si vide portare via il padre da uomini camuffati da poliziotti.
Non riuscì a salutare il papà, neppure un bacio, ma solo i gridolini ascoltati attraverso una microspia allora piazzata nell’auto di Giampiero Tocco e poi il telefono che è il vento dell’immagine: una telefonata disperata per dire alla madre che il padre era stato portato via. Non ci sono baci che tengono tra genitori e figli se non quelli innocenti che nulla vogliono se non la mano per portarti a giocare, non certo i baci dei Lo Piccolo che sono mani che trasportavano nella fossa. Ci sono diversi modi per comunicare ma forse rimane quello dei bambini il più segreto, un’ organizzazione di piccole braccia ancora fragili, la lingua che tutto dice perché nulla scrive: lo scarabocchio, la linea storta che è cielo, casa, uomo cattivo. E fu infatti il disegno l’ultimo cenno di Angela al padre, un disegno che aveva  il nitrato di una pellicola, il papà che se ne va; quello che rimane agli inquirenti: la testimonianza disegnata. I baci sono anelli messi in bocca, i saluti pretesti per ricominciare e non possono mai essere sentimenti lasciati ai mostri né per legge, né per fantasia. Per questo i saluti dei Lo Piccolo sono bossoli carichi di veleno che vanno spuntati con il siero bianco del silenzio. I baci sono foglie romantiche che hanno bisogno della luce, quelli che vengono dalle carceri e dalla bocca sorridente dei boss sono muffe sul muro lanciate fuori. I baci di uomini Circe che trasformano ancora in porci.


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