PALERMO – Commesse, tariffe, volumi, delocalizzazione: districarsi fra i meandri della vertenza Almaviva contact Palermo non è semplice. Figuriamoci viverla. L’aria tesa e incerta di questi mesi si respira durante la fiaccolata organizzata oggi alle 18.30 dalle sigle sindacali Slc Cgil, Fistel Cisl, Ugl Tlc e Uilcom Uil, per radunare chiunque fra gli oltre 2500 dipendenti volesse alzare pacificamente la voce e dire: “Così non ce la faccio più”. Dal marasma di tavoli istituzionali e lotte sindacali, per i lavoratori e le loro famiglie è emersa la sola chance della sopravvivenza in cassa integrazione nell’attesa di risvolti concreti. Troppo poco per poter pianificare qualsiasi futuro. Ecco perché, dopo la proclamazione dello sciopero regionale per l’intero turno di lavoro di martedì 28 gennaio, i lavoratori sono scesi in piazza: per ricordare che un’azienda è fatta di persone.
E ognuna di loro ha la propria storia, spesso legata a doppio filo a quella dell’azienda. Come nel caso di Pierangela e Danilo, 41 e 44 anni, sposati e con due figli: “Dato che la Sicilia non ci ha mai dato tanto, nel lontano 2004 abbiamo portato il curriculum in Almaviva – racconta Pierangela –. Siamo stati chiamati e abbiamo iniziato, così, per gioco; vedendo che le cose andavano avanti, a trent’anni abbiamo deciso di crearci il nostro futuro. Poi però nel 2008, poco dopo il matrimonio e il primo figlio, sono arrivate le varie batoste”. “Siamo in affitto, non arriviamo a fine mese, a quarant’anni suonati ci dobbiamo far aiutare dai genitori – commenta Danilo –. E quando i figli ti chiedono di comprargli qualcosa, tu devi cercare di prendere tempo in qualche modo”.
Non avere la certezza dello stipendio con una famiglia sulle spalle è una grande responsabilità, ma lo è anche sopravvivere da soli. Giuseppe ha 42 anni e vive “da solo, in affitto, e senza nessun familiare che possa aiutarmi perché non ho più i genitori e i miei fratelli si sono costruiti le loro vite fuori da Palermo. Con questo lavoro cerco di andare avanti sacrificando anche le festività e molta vita sociale – spiega –, cercando di avere una vita quasi dignitosa. Quando capita di dover fare spese per riparazioni o nuovi acquisti ci penso e ripenso mille volte, mentre il pensiero di possedere qualcosa di mio è proprio impossibile. Già le banche non ti vedono di buon occhio se sei solo e dai poche garanzie; con la situazione aziendale che viviamo peggiora ogni cosa. Sono bloccato, i miei sogni vengono infranti”. Come Giuseppe anche Luisa, 44 anni: “Anch’io vivo in affitto – dice – e non ho nemmeno una macchina: sono sola, povera e pazza. E da anni un po’ tutti facciamo questa vita”.
Almaviva è una realtà ben radicata nel territorio palermitano, e negli anni ha contribuito ad alimentare speranze e sogni dei dipendenti; il tempo però è un’arma a doppio taglio. Come per Paolo e Francesca, colleghi, sposati e con due figli, un mutuo e un finanziamento a carico, che ritengono di non avere più un’età appetibile per il mercato del lavoro in caso di crollo dell’azienda: “Io sono vicino ai cinquant’anni – spiega Paolo – quindi in pratica lavorativamente parlando non posso fare progetti”. Così anche Fabio e Maria: “Stiamo perdendo la dignità, siamo costretti a dire tanti ‘no’ ai nostri figli – osservano –. Ed è triste, specialmente per chi sta in azienda otto ore al giorno e non è più un ragazzino”.
Non è più giovanissimo nemmeno chi è entrato nel call center palermitano in cerca di un lavoro occasionale per poi lasciarsi ‘convincere’ dall’opportunità di un contratto. “Ho 33 anni ma sono arrivato in azienda a 19 – racconta Fabio, laureato in Psicologia e vicino a conseguire la specialistica –. Io sono fra i più fortunati perché posso in qualche modo salvarmi, attualmente vivo coi miei genitori e in Almaviva guadagno intorno ai mille euro: posso cavarmela, sì, ma ora non sono più giovanissimo nemmeno io. Quel contratto si è rivelato una ‘tomba’, perché io e i miei coetanei assunti abbiamo smesso di cercare altro”.
“Questa è una vertenza che riguarda lo sviluppo di Palermo – ha commentato il sindaco Leoluca Orlando, presente alla fiaccolata con l’assessore al Lavoro Giovanna Marano –. Non possiamo consentire che Palermo, che è il polo più significativo in termini di occupazione e professionalità in Italia nel settore delle telecomunicazioni, venga ignorata. Per questo chiediamo che il governo nazionale intervenga, perché la committenza venga affidata ai lavoratori di Palermo e si smetta di delocalizzare l’occupazione in questo settore”.
Parole di solidarietà anche da Erasmo Palazzotto, deputato siciliano di Liberi e uguali alla Camera, che considera “inaccettabile che dopo anni di promesse e dopo tutti i sacrifici chiesti ai lavoratori di Almaviva non si sia riusciti a trovare una soluzione definitiva per un comparto così importante per l’economia del Paese e soprattutto della città di Palermo. Dopo l’incontro con il governo del settembre scorso che ha evitato 1600 licenziamenti, i lavoratori tornano in piazza per rivendicare un diritto fondamentale: il diritto al lavoro”.