Le “case dei fantasmi” sono stabilimenti industriali ai bordi delle strade e alle periferie delle città siciliane. Sorgono in mezzo al nulla o accanto a palazzi nuovissimi, circondate dal verde o ai margini di centri commerciali. Sono inserite nel paesaggio da talmente tanto tempo che ci siamo abituati alla loro presenza. Spesso sono abbandonate e ci chiediamo cosa siano state e quale sarà il loro destino, mentre a volte vivono ancora, ma nascondono storie del passato che aspettano di essere raccontate. Questa sesta puntata è su una delle fabbriche più longeve di Palermo.
È una storia di vicini ingombranti. Infilandosi nella strada che passa davanti ai cantieri navali e conduce fino al porticciolo dell’Arenella, l’impressione può essere di un unico muro e di edifici che appartengono allo stesso blocco. Forse si possono notare le due ciminiere, seminascoste dietro l’alto muro di cinta, oppure le due colonne e il cancello arrugginito che impedisce l’accesso un cortile pieno di erbacce. Ma quello che sembra un prolungamento naturale dei cantieri navali di Palermo è in realtà la sede della Manifattura Tabacchi, una delle fabbriche più longeve della città, passata indenne dai bombardamenti a tappeto e sconfitta solo da una crisi più grande di lei.
Nel quartiere la ricordano bene, dato che è chiusa da appena 16 anni. Ricordano le sirene che scandivano gli orari, il fumo che ogni tanto sbuffava dalle ciminiere, il viavai di persone che iniziava prima dell’alba. Lo stabilimento però ha preceduto tutte le strutture che oggi lo circondano. Quando, dopo l’unità d’Italia, lo Stato decise di assumere il monopolio della produzione e del commercio del tabacco, si decise di mettere sotto uno stesso tetto i produttori palermitani. In città c’erano infatti trecento fabbriche di sigari e sigarette, che davano lavoro a quattromila persone, e per mettere ordine all’anarchia del settore fu scelto un edificio in zona Acquasanta, il Lazzaretto, che dal 1600 ospitava chi arrivava in città via mare e doveva affrontare un periodo di quarantena. Nel 1876 aprì ufficialmente la Regia Manifattura Tabacchi di Palermo.
Erano soprattutto donne, due terzi delle novecento persone assunte dallo Stato, a lavorarci. L’industria del tabacco è storicamente a manodopera femminile, per le condizioni di lavoro dure ma più sicure di altri posti. In tutta Italia le manifatture tabacchi erano luoghi d’avanguardia, in cui le battaglie per la parità dei diritti delle donne venivano combattute con anni di anticipo su altre fabbriche, e Palermo non fu da meno. Già ai primi del novecento, le donne della manifattura tabacchi avevano diritto a una giornata lavorativa di otto ore e lavoravano per duecento giorni l’anno, con un salario che ancora non era uguale a quello dei colleghi uomini ma era fisso e sicuro. Condizioni tutt’altro che scontate, nella Sicilia postunitaria.
Nei primi anni del ventesimo secolo, la Manifattura Tabacchi si ingrandisce e aggiunge al nucleo centrale gli edifici amministrativi, i laboratori e un grande edificio per la lavorazione delle sigarette, oggi visibile dal porto dell’Acquasanta. In questo periodo la Manifattura invade un piccolo pezzo di storia palermitana, il cimitero inglese, un cortile in cui oggi crescono le erbacce e in cui, sbirciando dal cancello, si può vedere qualche tumulo all’ombra dell’edificio delle sigarette. Ma è un altro vicino, molto più grande, che arriva nello stesso periodo. I cantieri navali vengono costruiti nell’area attigua alla manifattura, che nel frattempo continua ad automatizzare le proprie linee di produzione e a rispondere a un mercato del tabacco in continua espansione.
Con la seconda guerra mondiale, l’industria del tabacco ha una battuta d’arresto. A Palermo, la manifattura soffre per le incursioni aeree alleate, soprattutto quelle del 9 di maggio del 1943. Il primo bombardamento a tappeto della guerra evita la batteria contraerea tedesca piazzata su Monte Pellegrino e prende di mira soprattutto il porto e i cantieri navali, ritenuti un obiettivo strategico, e a farne le spese è anche la manifattura, che viene danneggiata.
Alla ripresa, negli anni cinquanta, il consumo di tabacco si espande ancora, ma inizia un periodo di crisi di sistema per le manifatture italiane, legate a logiche produttive vecchie e non in grado di rispondere alla domanda. Di conseguenza si diffondono i tabacchi esteri, e la crisi si trascinerà fino al 1998, quando finisce il monopolio del governo e la manifattura palermitana passa all’Ente Tabacchi Italiani, una società pubblica a cui toccherà chiudere la fabbrica nel 2001, dopo 125 anni di servizio ininterrotto.
Da quel momento, il destino della manifattura tabacchi di Palermo si stacca da quello delle sue 21 compagne sparse in Italia. Un po’ dappertutto, infatti, la tendenza è di riutilizzare gli spazi restituendoli alla comunità. In quella di Rovereto ad esempio viene creato un incubatore d’impresa, in quella di Firenze si tengono degli eventi. A Palermo, dopo qualche anno di pausa di riflessione, viene presentato un programma di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio, il PRUSST 63, che prevede una spesa di 53,8 milioni di euro e l’utilizzo degli spazi della manifattura per costruire un albergo di lusso, due centri commerciali e un cinema multisala. Il programma suscita subito la perplessità dei sindacati dei cantieri navali: chi presenta il progetto infatti è Fintecna, azionista di maggioranza di Fincantieri, e i rappresentanti sindacali temono che il progetto sia il preludio a un disimpegno dai cantieri. L’idea di costruire un albergo di lusso trova l’opposizione anche di alcuni consiglieri di circoscrizione come Carlo Dones, di Sinistra e Libertà, che teme l’erosione delle attività commerciali e l’abbandono del polmone produttivo più importante del quartiere: “Non vorremmo che Fintecna stesse puntando solo sul Prusst pensando che l’attività dei cantieri cesserà da qui a qualche anno”.
Dopo un periodo di dibattito, il PRUSST 63 viene cambiato con spostamento dell’albergo lontano dai cantieri, e viene approvato dal comune di Palermo nel 2013. Fintecna promette che non toccherà i cantieri navali, ma sindacati e rappresentanti del quartiere non sciolgono le riserve. Da allora tutto è rimasto in stallo, perché non sono ancora arrivati i finanziamenti. La manifattura tabacchi rimane chiusa, ma in attesa silenziosa di funzionare di nuovo.