PALERMO – I soldi per la differenziata c’erano, ma sono stati spostati sulle discariche “tradizionali”. E nella Sicilia che si inventa l’“ecotassa” per “punire” i Comuni che mettono tutta l’immondizia insieme “quasiasi incremento di raccolta differenziata si scontra immediatamente con la carenza di impianti di trattamento”. Parola dell’ufficio del commissario delegato per l’Emergenza rifiuti, cioè la stessa Regione, che nel 2011 aveva messo nero su bianco che più di così, con le strutture che ci sono, non si può fare. E che per questo aveva stanziato quasi 95 milioni per la realizzazione di nuovi impianti di smaltimento. Dove sono finiti quei soldi? Nella raccolta tradizionale, attraverso le quattro discariche finanziate nel 2013 dal governo Crocetta. Lo stesso governo che in questi giorni bacchetta i Comuni per la differenziata.
La Regione sconfessa se stessa
Per raccontare questa storia, però, è necessario riavvolgere il nastro. Tornare a uno degli ultimi giorni dell’era di Raffaele Lombardo. È il 19 dicembre 2011, e nell’ufficio dell’emergenza Rifiuti siedono il commissario delegato, cioè il governatore, il preposto Enzo Emanuele e il soggetto attuatore Domenico Michelon. Insieme firmano due atti, che costituiscono il “Programma generale degli interventi dell’ufficio del commissario delegato”, cioè il piano generale per la gestione dei rifiuti in Sicilia. Sul piatto c’è una montagna di quattrini, i duecento milioni che la presidenza del Consiglio dei ministri ha messo a disposizione della Regione per gestire l’emergenza. Circa la metà di questi soldi viene stanziata sotto la voce “Programma per l’incremento del sistema impiantistico destinato alla frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata dei rifiuti”, insomma alla voce più importante della differenziata: 37 milioni serviranno per “la realizzazione di dieci impianti entro il 31 dicembre 2012” e altri 57,7 per “la realizzazione di ulteriori 5 impianti entro il 31 dicembre 2013”.
Nell’autunno successivo, però, si vota. Alla presidenza della Regione arriva Rosario Crocetta, all’assessorato ai Rifiuti Nicolò Marino e a capo del dipartimento Marco Lupo, che nel 2013 diventa anche commissario delegato per l’Emergenza. Nell’autunno 2013 arriva la decisione: “In quel momento – spiegano adesso dall’assessorato – l’emergenza erano le discariche”. Così si decide di stanziare 102 milioni per realizzarne tre di tradizionali (una a Messina, una a Gela e una a Enna) e ampliarne una esistente, quella di Bellolampo. Addio soldi per gli impianti di trattamento della differenziata.
Le discariche bloccate
Non che quegli impianti, poi, siano nati. L’unico intervento realmente realizzato è l’ampliamento di Bellolampo, una struttura che però aspetta ancora gli ultimi via libera tecnici. Le altre tre sono rimaste sulla carta: a Enna e Gela le discariche non sono ancora pronte, e a Messina – o più precisamente a Pace del Mela, un piccolo centro vicino alla città dello Stretto – non lo sarà mai, visto che il progetto si è scontrato con un vincolo della Sovrintendenza ai beni culturali e ambientali. “Adesso – dicono dall’assessorato guidato oggi da Vania Contrafatto – stiamo cercando il luogo adatto per realizzare l’impianto”.
In compenso nel frattempo alla voce “differenziata” sono stati stanziati altri soldi. Per gli impianti di “compostaggio”, quelli appunto dedicati al trattamento della parte umida dei rifiuti, sono pronti adesso sessanta milioni per realizzare sei strutture, ma anche in questo caso le gare sono bloccate. Ad andare storte, in questo caso, sono state le procedure di gara: deserti gli appalti per gli impianti di Noto, Capo d’Orlando, Ravanusa e Trapani, bloccati per altri motivi quelli di Ravanusa e Augusta. “Nel primo – chiariscono dall’assessorato – la ditta che si era aggiudicata la gara è stata successivamente esclusa, mentre nel secondo il progetto presentato è stato giudicato ‘non conforme’ alle necessità”.
Il risultato? Nessun nuovo impianto. In attività rimangono i sette stabilimenti fotografati da un’inchiesta di “S” dell’anno scorso: si tratta di cinque strutture pubbliche – Sciacca e Castelvetrano (con una capacità di settemila tonnellate all’anno ciascuno), Grammichele (14 mila), Enna (8 mila) e Castelbuono (6.500) – e due strutture private (la Sicilfert di Marsala, in grado di smaltire 45.000 tonnellate all’anno, e l’Ofelia di Ramacca, che arriva a 30 mila). L’assessore Vania Contrafatto, però, mostra fiducia: “Il governo regionale – assicura – ha deciso di puntare fortemente sulla raccolta differenziata e sulle nuove tecnologie, riducendo al minimo il ricorso alle discariche che a breve sarà anche vietato dall’Unione europea. La situazione infrastrutturale della nostra Regione non è ancora sufficiente e per questo stiamo accelerando gli iter per i vari impianti”. Servono, però, due condizioni: “Lo sforzo – prosegue l’assessore – rischia però di essere vano se i comuni non incentiveranno la raccolta differenziata. Ci stiamo confrontando col governo nazionale per reperire ulteriori risorse”.
L’ecotassa della discordia
Intanto, però, gli impianti non ci sono. E gli obiettivi non vengono raggiunti. “Ho chiesto il dato ai consulenti che mi assistono a titolo gratuito – aveva detto in estate Vania Contrafatto a LiveSicilia – e ne viene fuori che siamo addirittura peggiorati. Siamo sotto il 10 per cento di raccolta differenziata”. Un dato sconfortante, se si pensa che l’obiettivo fissato dalla Regione per il 2015 era il 65 per cento. Così, negli stessi giorni, il presidente della Regione Rosario Crocetta ha preso il pallino in mano. Introducendo con un’ordinanza una norma entrata a spizzichi e bocconi nel dibattito politico degli ultimi mesi: l’“ecotassa” sulla differenziata, un meccanismo che dall’1 gennaio dell’anno prossimo premia con uno sconto sui conferimenti in discarica i Comuni che fanno almeno il 36 per cento di differenziata e penalizza con una tariffa più elevata quelli che ne fanno di meno. Con il rischio, neanche tanto velato, che a pagare siano i contribuenti tramite l’aumento della Tarsu.
Il problema, però, non è soltanto di immagine. È, almeno in questa fase, anche giuridico: nelle ultime settimane, infatti, la prima sezion del Tar ha sospeso, con tre ordinanze firmate da Caterina Criscenti (presidente), Roberto Valenti (consigliere ed estensore) e Maria Cappellano (primo referendario) l’applicazione dell’“ecotassa” per i Comuni di Messina, Siracusa e Raffadali, che si erano opposti alla decisione del presidente della Regione. “Una decisione del genere – è in sintesi la posizione dei giudici amministrativi che hanno accolto le tre richieste di sospensiva – deve arrivare con una legge, non con un’ordinanza”.