Iachini, stratega | controcorrente - Live Sicilia

Iachini, stratega | controcorrente

Il tecnico rosanero vince la partita a scacchi del derby. Nel suo bagaglio soprattutto il coraggio di osare e adottare scelte impopolari, ma che alla fine risultano vincenti.

Il processo al Palermo
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PALERMO – “Sotto il vestito niente”: era il titolo di un film brillante degli anni Ottanta e c’era la splendida Carol Alt a riempire di sé tutta la scena. Vi chiederete che c’entra? Beh, non lo so neanche io, ma, parafrasandolo e facendolo diventare: “Sotto il cappello tutto”, da Carol Alt passo direttamente a Beppe Iachini e il salto – credetemi – mi riesce più facile del previsto. Infatti, giunti ad otto giornate dal termine, con 15 punti di vantaggio sulla terza e, quindi, ad un passo dalla serie A, io mi chiedo: cosa c’è sotto quel berrettino, dal quale non si separa mai? E’ solo un talismano o qualcosa di più e di meglio? E’ come la zazzera di Sansone, senza la quale lui perdeva tutte le forze e, da gigante invincibile, diventava uno qualunque? Certo è che Iachini, sempre e comunque sotto quel berretto, non perde un colpo: anche ieri lo ha dimostrato, alla faccia dei soliti incontentabili che, già alla lettura della formazione, avevano criticato le sue scelte, quel Vitiello al posto dell’infortunato Munoz e, peggio, l’assenza sia di Belotti che di Lafferty nell’undici iniziale: “Ma com’a vuoli vinciri a partita senza un attaccante centrale?”.

Ma lui non si scompone, lui va per la sua strada dritto come una ruspa, avanti, sempre più avanti, perché sa sempre quel che fa, e non per virtù mediatiche ma perché studia ogni mossa, cura ogni particolare, passa al setaccio tutte le varianti possibili. Della sua squadra e dell’avversario di turno. Ieri, per esempio, ha rinunciato a Terzi ma non per Vitiello, che era lì per l’assenza forzata di Munoz, ma per Milanovic, l’unico centrale fisicamente in grado di reggere l’urto di un centravanti forte ed imperioso di testa come Mancosu. Alla faccia, direi, di quanti di recente, e anche prima, arrivavano a sospettare che lui ce l’avesse con Milanovic per favorire Terzi, suo pupillo sin dai tempi del Siena. Senza rendersi ancora conto – malgrado tutta una serie di fatti incontrovertibili – che lui non ha preclusioni, non ha simpatie, non ha fobie di nessun genere, perché lui pensa sempre e solo al bene della squadra, ovvero a quello che può giovare al gruppo, per farlo rendere al meglio. E così è stato anche ieri a Trapani: Milanovic ha praticamente annullato Mancosu, ha frenato la sua straripante esuberanza fisica e l’ha tenuto a freno anche nella sua arma migliore, lo scatto in progressione.

E i due argentini lì davanti, sacrificando i due arieti, tanto cari ai tifosi, Lafferty e Belotti. Perché? Si chiedevano un po’ tutti: “E’ un testone!” – arrivano ad affermare – sono bravi, si, ma chi segna senza un finalizzatore in area di rigore?”. Giusto, chi segna? Me lo sono chiesto anch’io, al fischio d’inizio. Poi, però, ho li ho vista all’opera, Dybala e Vazquez, i gemelli argentini, che parlano un loro linguaggio speciale, si capiscono al volo, colpi di tacco a gogò, finte, contro finte e dribbling ; insomma, uno spettacolo, ma il gol non arriva e qualcuno già storce il muso e non è passata neanche mezzora dall’inizio. Senza contare che, all’ultimo momento, gli è venuto a mancare il regista, l’uomo d’ordine, quello che detta i tempi, Maresca, arrivato a gennaio proprio per colmare una lacuna così vistosa da condizionare il gioco della squadra. E il suo destino. Ci aveva sperato fino all’ultimo Iachini, di recuperarlo, e lo aveva perfino annunciato alla vigilia di esserci riuscito, invece, all’ultimo momento …zac, la brutta sorpresa: Maresca non ce la fa e occorre trovare un sostituto. Subito perché non c’è tempo, se non quello di consegnar la lista all’arbitro. Ed opta per Di Gennaro, l’eterna promessa, arrivato in rosa per volere di Gattuso per fare il trequartista e non certo il play maker davanti alla difesa. A lui piace stare dietro alle due punte per suggerire i passaggi gol, mica correre a ritroso e spazzare l’area di rigore. Insomma, proprio nel derby – se così vogliamo chiamare la partita col Trapani – gli viene a mancare la testa pensante in mezzo al campo. Ma non batte ciglio, ha sempre una grande squadra, la più forte del campionato ed ha una strategia ben precisa. “Comincio – lui pensa – con i due argentini, gli faccio fare il lavoro grosso, tengo schiacciata lì dietro tutta la squadra di Boscaglia e segno pure un paio di gol… E se non li segno, gli faccio girare così forte la testa a Terlizzi & Co. che non ci capiscono più niente e così, appena entrano gli altri due, prima l’uno e poi l’altro, un gol lo facciamo e ci prendiamo i tre punti!”. Pensiero stupendo e, soprattutto, di una concretezza implacabile: il Trapani del bel gioco, quello che va sempre all’attacco e fa spettacolo, nel primo tempo non si vede per niente, costretto com’è a remare sempre a ritroso per contenere quei due stanassi di argentini, che non gli fanno vedere mai la palla e se non sbloccano la partita è perché, di seguito a due fantastici assist di tacco di Dybala, prima Lazaar e poi Pisano falliscono due gol che sembravano già fatti. Boscaglia, che conosce bene i suoi polli e, oltre che un buon allenatore e uomo di buon senso, capisce bene che a giocare a viso aperto con gente come Vazquez, Dybala, Barreto, Bolzoni, Lazaar… rischia solo di prendere una solenne scuffiata e allora si limita a tentare qualche contropiede e niente di più.

E che abbia fatto la scelta giusta, almeno per tutto il primo tempo, non c’è dubbio alcuno: 0-0 e si va al riposo. E del risultato può esser lieto solo lui, non certo Iachini, che ha in serbo la mossa vincente. Il tempo di mancare di un soffio, al 10’ della ripresa, l’ennesima occasione da gol, stavolta con Dybala, liberato davanti al portiere granata da un cross a rientrare del gemello Vazquez; il tempo di tremare (11’) per un fallo di mano in piena area di Lazaar su semirovesciata di Basso, che l’arbitro non vede e che fa gridare allo scandalo e all’ingiustizia tutto il “Provinciale” (per l’occasione pieno come un uovo), che Iachini getta nella mischia Lafferty e fa uscire Di Gennaro: l’ennesima risposta a chi lo taccia di difensivismo cronico. E’ il 13’ e Lafferty comincia subito la sua “guerra privata” con tutti gli avversari gli capitino a tiro. Sembra che l’ora che è rimasto in panchina a guardar la partita lo abbia caricato di un furore incontenibile. La partita non si schioda dallo 0-0, il Trapani continua a provare il contropiede e il Palermo ad attaccare e riversarsi in massa nell’area di rigore granata. Ma chi di contropiede ferisce di contropiede perisce. E’ il 16’, c’è una punizione pericolosa al limite dell’area rosanero, la tensione è forte: vuoi vedere che questi con l’unico tiro, e pure da fermo, ci fanno fessi? Non sto nella pelle, ma la punizione si infrange contro la barriera e parte da lì un micidiale contropiede rosanero: sono quattro tocchi, Bolzoni, Vazquez, Lazaar, cross radente in area e shoot di destro, diagonale sul secondo palo di Lafferty: è gol, lo abbiamo atteso anche troppo e finalmente è arrivato. Come meglio non poteva, cioè di contropiede, l’arma usata dal Trapani fino a quel momento: un attimo di sbandamento, dovuto a quella punizione che li sbilanciava un po’ troppo, come non avevano fatto per un’ora e più ed ecco il castigo: la ripartenza rosanero che sanciva la legge del più forte e la sacrosanta vittoria del Palermo. Che poteva raddoppiare (salvataggio sulla linea di Terlizzi a portiere battuto) e paratona di Nord sull’ennesima incursione di Lafferty. Il finale è granata più per impeto e rabbia che per trame di gioco o pericoli procurati a Sorrentino.

Finisce in gloria con tutto il Palermo sotto la curva dei tifosi rosanero (oltre 400), che cantano un coro nuovo di zecca: “Chi non salta è trapanese” e i giocatori a saltare insieme a loro, ad abbracciarsi ebbri di gioia, con Iachini che sembra un ragazzino da come salta e agita le braccia; con Lafferty che stritola fra le sue braccia il piccolo Dybala, ridotto in slip, per aver lanciato ai tifosi maglietta e pantaloncini. La telecamera inquadra in primo piano la sua faccia di bambino, il suo sguardo sembra allucinato ed invece è solo felicità allo stato brado. Non sarà un derby vero, come si dice da una settimana ed oltre, ma a giudicare dalla festa che fanno tutti, tifosi e giocatori, possiamo dedurre che se non lo era, ora lo è diventato.

p.s. La festa finale con la curva gremita da bandiere, striscioni e passione rosanero è di auspicio perché tutto torni ingigantito giovedì sera contro la Reggina nel nostro amatissimo stadio. Che torni, soprattutto, l’unione e l’armonia in tutta la curva Nord, sopra e sotto, perché tutta insieme, dal primo all’ultimo ultrà, facciano fronte comune per accompagnare questo meraviglioso Palermo nell’ultimo sprint verso la serie A.


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